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 2014  gennaio 03 Venerdì calendario

LA FIOM VADA A LEZIONE DAI SINDACATI USA


Marchionne riesce a chiudere un accordo (risparmiando 1,3 miliardi di dollari sulle stime), con il potentissimo sindacato dei lavoratori a stelle e strisce (Uaw), ma non la spunta con i rappresentanti sindacali italiani. L’intesa con Veba, il fondo dell’Union sindacale statunitense, è un esempio di pragmatismo canadesein salsa abruzzese. Peccato che il supermanager in maglione d’ordinanza, più di qualche salamelecco da parte di Raffaele Bonanni (Cisl, che si intesta anche parte del successo dell’operazione), non riesca ad incassare. Anzi. Mentre Marchionne gongola per aver trasportato Fiat dal cortiletto italiano al ring automobilistico mondiale, la Cgil di Susanna Camusso, lo pungola per sapere se la casa torinese resterà italiana. Il segretario generale della Cgil vuole sapere da Fiat cosa «intende fare nel nostro Paese, come gli stabilimenti italiani possano trovare la loro collocazione produttiva nel gruppo». Insomma, pretende che Fiat «resti italiana e mantenga una presenza qualificata in Italia». Molto meno diplomatica la posizione dell’ala dura e pura di Corso Italia, la Fiom. «Prima di festeggiare», mette le mani avanti dubbioso Michele De Palma, responsabile per la Fiom-Cgil del gruppo, «riteniamo fondamentale capire i termini dell’accordo. Ora che è stata perfezionata l’intesa chiediamo che la Presidenza del Consiglio, così come si era impegnata a fare nell’in - contro del 12 dicembre, convochi le parti».
Vede il bicchiere mezzo pieno, invece, la Uil, da sempre favorevole ad un “terza via”per far crescere Fiat e mantenere l’azienda competitiva a livello globale: questo accordo, secondo Luigi Angeletti, è «la migliore garanzia per gli stabilimenti italiani», che giudica l’acquisizione di Chrysler da parte della Fiat, «un evento sicuramente positivo» che avrà riflessi positivi per l’economia italiana». Non a caso il leader della Uil ricorda il lungo elenco degli azionisti di aziende italiane che «hanno cambiato passaporto ». Però con l’accordo Fiat Chrysler «adesso è accaduto il contrario, un’azienda italiana ha preso il controllo di un’azienda di un altro Paese. Speriamo non sia l’ulti - ma». Angeletti forse è l’unico ad interrogarsi sulle prospettive di strategie. Sei i sindacati americani ci hanno messo i soldi, e dato fiducia al piano (dopo un braccio di ferro legale durato mesi), e quindi hanno creduto a Marchionne, perché quelli italiani insistono e non aprono a nuove possibilità? Certo negli Usa le aziende e i manager che truffano finiscono in galera, e questa è già una bella garanzia. Ma nessuno si è stracciato le vesti perché Fiat ha rilevato un gioiello (anche se decaduto) della storia americana.
Certo i problemi di casa nostra non sono pochi. Restano da chiarire le “mission”di Cassino e Mirafiori. Per Mirafiori dovrebbe arrivare il compito di realizzare la berlina di lusso. A Pomigliano si continuerà con la nuova Panda, a Melfi, oltre alla Punto, i due nuovi minisuv Fiat e Jeep, mentre a Grugliasco (ex Bertone), sono già in linea di montaggio la Maserati Quattroporte e la Ghibli. Fiat incontrerà i sindacati, prima la Fiom (il 9) e poi sempre a Torino, ma il 13 e 14 gennaio, tutti gli altri per il rinnovo del contratto di primo livello.