Franco Bechis, Libero 3/1/2014, 3 gennaio 2014
VUOL TAGLIARE UN MILIARDO AL SENATO CHE PERÒ COSTA «SOLO» 500 MILIONI
Ormai è uno dei suoi slogan preferiti: Matteo Renzi lo ripete in ogni salsa da un paio di mesi a questa parte. E per la seconda volta ieri - in un’intervista al Fatto Quotidiano - l’ha lanciato come guanto di sfida in faccia a Beppe Grillo: «Facciamo subito insieme la riforma di Palazzo Madama e risparmiamo un miliardo, altro che i 40 milioni di finanziamento pubblico a cui ha rinunciato il Movimento 5 stelle!». Come sfida è veramente fantasmagorica: ci vuole tutta la magia dell’uomo nuovo della politica italiana per riuscire a risparmiare 1 miliardo di euro riformando il Senato che oggi costa la metà esatta: 509 milioni di euro. Anche cancellando il Senato dalla faccia della terra, mandando via tutti i senatori, licenziando in tronco gli 841 attuali dipendenti del palazzo, più le decine di lavoratori a tempo indeterminato, più tutti i dipendenti dei gruppi e creando così un nuovo plotone di esodati, abbattendo palazzo Madama per non pagare più luce, gas e telefoni oltre alla manutenzione dell’immobile, si risparmierebbero al massimo 309 milioni di euro.
Gli altri 200 milioni sono infatti pensioni dei dipendenti, e pensioni e vitalizi degli ex senatori. Che forse si possono ridurre, ma non disintegrare. Il miliardo di Renzi è dunque una boutade. E il guanto di sfida lanciato a Grillo assai debole, perché saranno pochi i 40 milioni di rimborsi elettorali che il Movimento 5 stelle ha restituito alle casse dello Stato, ma sono reali e veri: possono essere spesi per altro. Il miliardo di Renzi è frutto di fantasia, non troppo diversa dal Totò-truffa che si voleva vendere la Fontana di Trevi. Per altro il segretario del Pd nella stessa intervista precisa di non avere intenzione di cancellare il Senato, ma solo di trasformarlo nella Camera delle autonomie con rappresentanti delle Regioni che non percepirebbero lo stipendio (ma per quasi tutti sarà necessario un rimborso spese per le sedute a Roma). Le indennità pagate oggi ai senatori ammontano a 42,6 milioni di euro. Verrebbero meno in questo caso anche i 21,5 milioni di euro dei trasferimenti ai gruppi parlamentari e probabilmente qualcosa si potrebbe risparmiare anche nei rimborsi (diarie e spese generali), che oggi ammontano a 37,6 milioni. Ma con il progetto di Renzi - che richiede una legge costituzionale al momento nemmeno depositata da un deputato oda un senatore del Pd, e un annetto abbondante per approvarla - nella migliore delle ipotesi si inizierà a risparmiare 100 milioni l’anno dal 2016 in poi, sempre che non venga sciolta prima l’attuale legislatura. Per fare un miliardo bisognerà aspettare il 2026, quando anche Renzi potrebbe essere già rottamato.
La sparacchiata del miliardo di risparmi è però la chiave per comprendere lo stile del nuovo segretario del Pd: assai efficace nell’eloquio, bravo a imparare a memoria slogan nati durante rapidi colloqui con qualche esperto, con il rischio però di avere capito poco o nulla dell’argomento e di stravolgerne il contenuto a furia di semplificare. Un paio di mesi fa Renzi aveva indicato la fonte di quel miliardo di risparmi: «Uno studio fatto da due professori della Bocconi, Tito Boerie Roberto Perotti, per Lavoce.info». Naturalmente Renzi non ha mai letto quel documento, che porta la firma del solo Perotti (Boeri è il direttore de Lavoce.info che l’ha pubblicato). Il miliardo di risparmi ipotizzati parte dai 2,5 miliardi di costi di Camera, Senato e Regioni. E viene così diviso: 400 milioni di risparmi dalla Camera, 400 dalle Regioni e 200 dal Senato. Per ottenerla la proposta è quella di ridurre a 500 deputati (da 630) e a 250 i senatori (da 322, compresi quelli a vita che verrebbero aboliti). Poi: taglio del 30% delle indennità parlamentari, taglio del 30% degli importi dei vitalizi e delle pensioni dei parlamentari, taglio del 30% degli importi delle pensioni dei dipendenti, abolizione dei contributi ai gruppi parlamentari (e quindi licenziamento del personale), dimezzamento della spesa per locazioni, taglio del40%della spesa in conto capitale e del 30% della spesa per acquisto di beni e servizi. In più abolizione dei rimborsi elettorali che erroneamente Perotti calcola in 106 milioni annui nel bilancio della Camera e per la metà in quello del Senato (53 milioni). In tutto 159 milioni, quando la spesa complessiva oggi è di 91 milioni di euro. Ma a parte questa imprecisione, da Camera e Senato verrebbe con una cura drastica di questo tipo (e probabilmente incostituzionale per quel che riguarda le pensioni dei dipendenti) un risparmio di 600 milioni di euro. Gli altri 400 milioni verrebbero dalle Regioni, dimezzando il numero dei consiglieri (con il non rapidissimo cambio di tutti e 20 gli Statuti regionali) e riducendo le loro indennità del 30%. Anche qui verrebbero tagliate pensioni e vitalizi del 30% e del 30% anche le retribuzioni “più alte”dei dipendenti, oltre ad abolire i contributi ai gruppi consiliari.