Paolo Mastrolilli, la Stampa 3/1/2014, 3 gennaio 2014
MARIJUANA, LIBERTÀ E BUSINESS DENVER SCOPRE “L’ORO VERDE”
Il primo ad approfittarne è stato Sean Azzariti, 32 anni, veterano della guerra in Iraq da cui è tornato col post-traumatic stress disorder. Alle 8 in punto della mattina di Capodanno si è presentato al 3D Cannabis Center di Denver, e per 59,74 dollari ha comprato tre grammi e mezzo di marijuana «Bubba Kush», più un pacchetto di cioccolatini aromatizzati all’erba. «Ce l’abbiamo fatta», ha gridato mostrando la ricevuta, dove c’era scritto pure «Grazie per il suo acquisto».
Sean sostiene che la marijuana gli serve a combattere il Ptsd, ed è stato uno dei volti simbolo della campagna per liberalizzarla. Gli altri clienti in fila con lui, però, non hanno più bisogno di alcuna giustificazione medica per averla, perché dal primo di gennaio la vendita e il consumo di «erba» sono diventati legali in Colorado, anche per semplici scopi «ricreativi». Ma la sfida è appena cominciata, perché il governo federale continua a considerare vietata la marijuana, mentre anche politici liberal come Patrick Kennedy sono impegnati nella campagna per rimettere il genio nella lampada e annullare la liberalizzazione.
Nel 1996 la California era stata la prima a legalizzare l’erba, solo per usi medici e con la ricetta. Altri 17 stati avevano seguito poi il suo esempio, ma nessuno si era spinto tanto lontano quanto il Colorado. Nel 2012, infatti, gli elettori hanno approvato l’Amendment 64, che va oltre la permissiva Amsterdam. I consumatori possono possedere fino a un’oncia di marijuana, cioè 28 grammi, crescere sei piante per uso personale, e comprarla in uno dei 37 negozi specializzati già aperti. Il governo federale ha abbozzato, fino ad un certo punto: l’erba può essere venduta anche ai non residenti, ma deve restare in Colorado ed essere consumata sul posto. Se un cliente la rivende, o la porta oltre i confini dello stato, finisce in galera, per evitare lo spaccio di seconda mano e la violazione del divieto federale ancora in vigore. Entro la primavera, però, anche lo stato di Washington seguirà le orme del Colorado, aprendo i suoi shop.
Naturalmente il successo è stato immediato. Lucas DaSilva ha passato tutta la notte del 31 dicembre in auto, per arrivare in tempo dalla Georgia a Telluride, il villaggio dove Butch Cassidy aveva fatto la sua prima rapina in banca. Lucas ha dormito in macchina col suo cane Marley (ogni riferimento al cantante giamaicano è voluto), e appena il negozio locale ha aperto ha comprato 6 grammi di African Queen, Acapulco Gold e Bubble Gum, per 180 dollari: «Non ho parole. Buon anno! Abbiamo fatto la storia. Non ci posso credere, è una benedizione».
Se a questo punto sentite nell’orecchio i «cioè» di Carlo Verdone, epoca «Un sacco bello», non sbagliate tono. Per esempio Brandon Harris e Tyler Williams, entrambi 24 anni, hanno guidato 20 ore da Cincinnati a Denver, per mettersi nella fila del primo acquisto: «Oh, questa è roba di qualità, in un vero negozio. Mica i mattoni messicani che usavamo in Ohio!». Quindi segue l’inevitabile scelta di vita: «Noi restiamo qua. Diventiamo residenti».
La corsa verso la nuova frontiera, in effetti, è sempre stata la cifra degli Usa, ma stavolta la questione è più complessa. La fila davanti ai negozi ha provocato attese oltre le tre ore, e se il proibizionismo è finito, la legge della domanda e dell’offerta è rimasta in vigore, facendo salire il prezzo fino a 70 dollari per tre grammi: «La marijuana medica - ha denunciato Laura Kriho del Cannabis Therapy Institute - costava solo 25 dolari. Speriamo che a rimetterci non siano i pazienti». Anche il problema politico resta aperto. I liberalizzatori sostengono che il proibizionismo ha fallito, e così si controlla meglio il mercato. Altri però temono ancora la concorrenza al ribasso dello spaccio illegale. Poi c’è la questione salute, di cui è portavoce Patrick Kennedy, figlio del senatore Ted. Lui, alcolizzato reo confesso e abusatore dell’antidolorifico OxyContin, ha lanciato il Project Smart Approaches to Marijuana per bloccare tutto: «La marijuana - dice - non è innocua: danneggia il cervello dei giovani, crea dipendenza e apre ad altre droghe. Se non vi sono piaciuti gli effetti di tabacco e alcool, aspettate cosa faranno i distributori di erba. Vedrete quanto aumenteranno consumo, incidenti e abbandono delle scuole». Questione aperta, dunque, anche se la polizia ha fatto solo due fermi, per gente che fumava in pubblico: «Quello che ci è piaciuto - si è consolato il consigliere comunale di Denver Albus Brooks - è stata la paciosità della folla...».