Stefano M. Torelli, Sette 3/1/2014, 3 gennaio 2014
CINGUETTII ISLAMICI
Cosa succede quando tradizione teologica e innovazione tecnologica si incontrano? Può spiegarlo bene l’emblematico fenomeno di Twitter e del suo uso in Arabia Saudita. In quella che è la culla dell’Islam – qui nacque più di 1400 anni fa la religione di Maometto – e, a oggi, il Paese che applica la legge islamica nel modo più letterale di tutti gli altri Paesi musulmani, l’uso di questo social network è riuscito a fare breccia non soltanto in chi vuole mandare al mondo messaggi frivoli. Anzi, la tendenza è quella di ricorrere ai noti messaggi da 140 caratteri per diffondereil messaggio islamico da parte dei predicatori. È il
caso, per esempio, di Mohammad al-Arifi (foto),
uno dei più seguiti imam sauditi. Il suo profilo Twitter è seguito da quasi 7 milioni e mezzo di persone, con una media di 8 mila nuove iscrizioni al giorno. Quello di al-Arifi è entrato tra i primi 120 profili Twitter di tutto il mondo in quanto a persone che lo seguono ed è il primo di tutto il Medio Oriente. Da fare invidia alle star più popolari sui social network. E non è l’unico esempio: in molti predicatori islamici hanno deciso di diffondere il proprio messaggio tramite questo mezzo, in un‘Arabia Saudita che, per alcuni versi, è testimone di un indiscusso successo di Twitter, ma per altri dimostra di avere un rapporto controverso coi i cinguettii virtuali. Se è vero che il 41% di tutti i sauditi ha un profilo Twitter, è altrettanto vero che le autorità sono sospettose della troppa libertà che questo mezzo consente. E così, mentre alcuni membri della stessa casa reale usano Twitter e uno di loro, il businessman al-Waleed bin Talal, ha addirittura investito 220 milioni di euro in azioni dell’azienda, arrivando a possederne il 3%, vi sono anche molte resistenze. Molti altri predicatori religiosi lo considerano un mezzo di trasgressione, oltre a essere un prodotto della cultura occidentale e consumistica. Il ministro della Cultura in persona, Abdel Aziz Khoja, ha ammonito i sauditi circa un cattivo uso di Twitter. E forse non è un caso che, a fare maggiormente ricorso ai social media, siano i predicatori più giovani. Anche nell’osservanza dell’ortodossia, l’età conta.