G. B. Olivero, La Gazzetta dello Sport 3/1/2014, 3 gennaio 2014
DEL PIERO: «JUVE E ITALIA, CARICA!»
Il Capodanno del 1994, quello del 2014 e perfino del 2034. Nelson Mandela e Zinedine Zidane. Papa Francesco e Ronaldo. Michael Jordan e Francesco Totti. Tiger Woods e Giuseppe Meazza. Questo mondo (l’Italia), l’altro mondo (l’Australia) e quell’altro ancora (il Brasile). Il passato, il presente, il futuro. Per mentalità, esperienze e approccio alla vita, Alessandro Del Piero è un ottimo compagno di viaggio. Viaggiate con noi.
Ale, ricorda il Capodanno del 1994? Fu l’anno in cui la sua carriera prese un’altra strada.
«Il primo da giocatore della Juve, ma avevo tutto da conquistare, il mio sogno di diventare calciatore doveva ancora avverarsi. Mentre festeggiavo, ricordo che cullai quel sogno».
Si diverte a giocare di più adesso o 20 anni fa?
«Mi diverto come 20 anni fa. Come 30 anni fa. Forse, in mezzo, c’è stato qualche momento in cui mi sono divertito di meno. Ma non oggi».
Qual è il personaggio non sportivo del 2013?
«Nelson Mandela. Noi che viviamo in quest’epoca abbiamo avuto la fortuna di ascoltarlo, di godere dei cambiamenti e del progresso che grazie al suo sacrificio abbiamo ricevuto in dono. Gratis. Non parlo solo del Sudafrica. Parlo di tutti. Il minimo che possiamo fare è spiegare ai nostri figli chi era e cosa ha fatto, anche per noi».
Alcune frasi di Mandela offrono spunti interessanti. La prima: «La libertà è una sola: le catene imposte a uno di noi pesano sulle spalle di tutti». Lei è sempre stato estremamente libero e aperto. Questione di educazione, di forma mentis, di approccio alla vita?
«Educazione, scuola di vita. Quella dei miei genitori e dell’infanzia nel mio paese, quella dei primi anni vissuti lontano da casa. La famiglia, comunque, è la chiave. Almeno per me, tutto parte da lì».
La seconda: «La pace non è un sogno: può diventare realtà; ma per custodirla bisogna essere capaci di sognare». Lei sogna ancora?
«Continuamente. E non voglio smettere mai».
La terza è collegata: «Un vincitore è semplicemente un sognatore che non si è mai arreso». Sognare le vittorie è il modo migliore per allenarsi meglio e raggiungerle?
«Sognare non basta, ma l’ambizione e la voglia di vincere, quasi un’ossessione per me, sono il motore fondamentale che ti spinge a dare il massimo. Il mondo, però, è pieno di sognatori che poi smettono di sognare quando c’è da sudare... Questo errore non l’ho mai commesso».
Papa Francesco ha conquistato tutti. Lo vede più difensore (dei valori della Chiesa), regista (delle anime dei fedeli) o attaccante (delle ingiustizie, delle debolezze, delle paure)?
«Non so di preciso dove giocherebbe. So però che numero porterebbe sulla maglia: il dieci. E ho detto tutto...».
Passiamo al 2014. Domanda diretta: sarà l’anno del suo addio al calcio giocato?
«Risposta altrettanto diretta e sincera. Non ho ancora deciso. Pensavo di arrivare a questo punto con le idee più chiare, ma non è ancora il momento di prendere decisioni. Non riesco a farlo ora, nel pieno di una stagione, con tutti gli obiettivi da raggiungere. Ne dobbiamo riparlare tra qualche mese. Dipenderà soprattutto dalla testa. Ho scelto di rimandare la decisione per la mia totalizzante concentrazione sul campo, sul Sydney, sui play-off da raggiungere e onorare. Di qui in avanti, il mio cervello e il mio cuore raccoglieranno le informazioni necessarie per scegliere».
La passione è ancora fortissima?
«È la stessa di sempre. Ho la fortuna di avere alcune persone di cui mi fido a cominciare da mia moglie, dalla mia famiglia, da mio fratello. Ma sono loro i primi a volermi accompagnare nella decisione, non a sostituirsi a me».
Ha segnato 50 gol su punizione. Il primo lo ricorda?
«Ricordo il primo come l’ultimo, anche quelli nelle giovanili. Ritengo speciale più di un gol, ognuno ha un significato particolare».
Poi ci sono le punizioni segnate in cortile, con le luci della macchina di papà Gino a fare da riflettori. La mira ha cominciato ad affinarla lì?
«Forse sì. Quei gol sono stati davvero i più belli perché carichi di sogni, desideri e passione».
Ha fatto 338 gol in carriera (finora). Come Giuseppe Meazza. Più su c’è solo Silvio Piola. Questi numeri la inorgogliscono?
«I record sono straordinari, non faccio finta che non mi interessino i numeri perché sarei bugiardo. Ogni traguardo conquistato vale per la strada che ho fatto per raggiungerlo, sarebbe come negare un pezzo di me. Ne vado orgoglioso, ma sono numeri anche quelli dei titoli vinti. E ribadisco: quelli contano molto di più».
Domenica si gioca Juve-Roma. Quale partita con i giallorossi non dimenticherà mai?
«Per me è sempre stata una grande sfida, difficile sceglierne una. Direi comunque quella di Coppa Italia allo Stadium (24-1-2012, ndr ). Abbiamo vinto e ho realizzato il mio primo gol lì, centrando l’obiettivo di segnare con la maglia bianconera in quattro stadi diversi».
Più stupito dall’eliminazione in Champions o dall’incredibile rendimento in campionato?
«Dico la verità: dall’eliminazione in Champions. Credo tantissimo nel valore della squadra. Mi è dispiaciuto per l’eliminazione, ma ora c’è l’Europa League».
Che in Italia è snobbata. Dopo due scudetti, non dovrebbe essere il primo obiettivo?
«Il primo obiettivo non so, non sono mai riuscito a fare classifiche, e il terzo scudetto di fila sarebbe un traguardo straordinario. Ma concordo sul fatto che l’Europa League non vada snobbata e non solo perché la finale si giocherà allo Juventus Stadium».
Una vittoria con la Roma sarebbe un’ipoteca sullo scudetto?
«Ho vinto e perso scudetti già persi o già vinti. Qualunque risultato non sarà determinante. Certo, se vince la Juve sarà un bel passo avanti».
L’incidenza di Totti sulla Roma è il segnale che si può fare la differenza anche da «vecchietti»?
«No, è più semplicemente la conferma che Francesco è un grande campione ed è fondamentale per la Roma dentro e fuori dal campo».
Nell’intervallo di Juve-Roma ci sarà il saluto ai tifosi di David Trezeguet: un omaggio meritato?
«Meritatissimo! Ricordo con grandissimo piacere gli anni trascorsi con David. Siamo stati la miglior coppia nella storia del club... Ho conosciuto pochi giocatori col suo senso del gol».
Tevez e Llorente hanno affinità con voi?
«Me lo auguro da tifoso juventino».
Il 10 agosto la Juve giocherà a Sydney: che effetto le farebbe sfidarla?
«Non ci penso e non ci voglio pensare, al momento... Ma sono contento che il pubblico di Sydney possa godersi un evento del genere».
Qualche compagno del Sydney le ha chiesto cosa significa «discriminazione territoriale»?
«Penso che non capirebbero. Né le pene assegnate, le curve chiuse, gli stadi vuoti... Né il motivo per cui questi provvedimenti vengono presi. L’Australia è un esempio di integrazione e di convivenza di uomini di Paesi e culture diverse: mi pare dura fargli capire che in Italia si viene insultati perché napoletani o torinesi o milanesi...».
Se lei fosse uno straniero, verrebbe in Italia?
«Si, perché il nostro rimane un campionato bellissimo, in un Paese fantastico per vivere e per giocare, perché la passione della gente – quella vera – è ancora travolgente, capace di mettere in secondo piano i problemi. Ma riconosco che oggi il nostro campionato ha perso appeal. E questo è un problema».
Giochino. 1994-2014: chi è stato il calciatore più bravo degli ultimi 20 anni? E l’italiano?
«Ronaldo e Zidane. Anche se so che ce ne sarebbero molti altri. Ne ho citati due, così evito di scegliere l’italiano...».
Il giocatore di basket? Lei è un appassionato.
«Su tutti c’è Michael Jordan, anche restando solo agli ultimi vent’anni. La fase finale della carriera, quella del rientro dopo il primo ritiro, vale da sola tutto il periodo. Poi Kobe Bryant: ha segnato quest’epoca, impossibile non citarlo, anche perché sono un super tifoso dei Lakers. A proposito di epoche, ormai è iniziata quella di LeBron James. Comunque questa risposta è difficile, ne vorrei nominare troppi».
E il golfista?
«Senza dubbio Tiger Woods. Io sto giocando pochissimo, nonostante qui a Sydney ci siano dei campi favolosi. Ma migliorerò, promesso».
Sogni: il Mondiale in Brasile è roba da sognatori? Dall’Italia cosa si aspetta?
«Siamo riusciti a vincere quando nessuno nemmeno riusciva a sognarlo, dunque perché non crederci? Le mie magnifiche quattro sono Brasile, Argentina, Germania e Italia. Ma cito le possibili outsider: Cile, Francia e Uruguay».
Tre giocatori da cui si aspetta un super 2014?
«Giuseppe Rossi, perché tifo per chi sa superare le difficoltà e vincere. Insigne, perché spero si affermi come simbolo dei giovani italiani. E poi Marchisio: sono certo che Claudio farà un grande Mondiale».
Ale, tra altri 20 anni probabilmente non saremo ancora in pensione e quindi a Capodanno del 2034 la intervisterò. Cosa starà facendo?
«Starò pensando a delle buone risposte e a come evitare i suoi trabocchetti... E di certo sfrutterò l’occasione per fare gli auguri, di cuore, a tutti, come adesso. E per ringraziare coloro che continuano a dimostrarmi stima e affetto in modo straordinario».