Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  gennaio 03 Venerdì calendario

TUTTE LE SFIDE DELLA NUOVA FIAT GLOBALE

Ai 300mila dipendenti della Fiat e della Chry­sler è arrivata la lettera con cui il presidente John Elkann e l’amministratore delegato Ser­gio Marchionne annunciano l’imminente fusione delle due società. È «un giorno storico» scrivono i due, prepariamoci a «un’unione che nei fatti è già una realtà straordinaria». Gli investitori non hanno ricevuto lettere, ma hanno letto per bene i termini del contratto tra la società degli Agnelli e il sinda­cato Uaw: la Fiat compra la Chrysler spendendo il minimo indispensabile, e allora non può sorpren­dere l’impennata di Piazza Affari, dove l’azione Fiat ha guadagnato il 16,4% per chiudere a 6,92 euro, il valore più alto da due anni e mezzo.

Dalla fusione delle due società nasce il settimo mag­giore costruttore di auto del mondo, dietro a Toyo­ta, General Motors, Volkswagen, Hyundai, Ford e Nissan. È un costruttore fortissimo in Sudamerica, forte negli Stati Uniti, debole in questa Europa in crisi e con una presenza marginale in Asia. L’attività più interessante è sicuramente quella oltreoceano: dei 4,4 milioni di auto che Fiat e Chrysler hanno venduto nel 2013, 2 ,2 milioni sono stati comprati tra Canada e Stati Uniti, 1 milione in America Lati­na, un altro milione in Europa e 200mila in Asia. Le quote di mercato rendono bene l’idea di dove le co­se funzionano e di dove hanno bisogno di una svol­ta: in Brasile ogni cinque auto vendute una è del gruppo Fiat-Chrysler, in Argentina e Stati Uniti la quota si riduce a una su dieci, in Europa a una su venti, in Asia non si arriva a una su cento.

La strategia industriale del gruppo, presentata a i­nizio dicembre a Londra alla conferenza annuale dell’automotive di Goldman Sachs, prevede un rafforzamento dei marchi Jeep e Ram in America e un riequilibrio dell’attività europea sull’alto di gam­ma. L’Italia diventa la base di produzione di mo­delli Maserati e Alfa Romeo da esportare in tutto il mondo, a Torino arriverà anche un nuovo Suv men­tre a Pomigliano si produce la Panda. La 500, nelle sue diverse versioni, è l’auto centrale del marchio Fiat, la Lancia è ridotta alla Ypsilon ed è il marchio che compare sulle versioni europee delle auto Chrysler (la Thema, la Flavia, il Voyager). In Su­damerica l’obiettivo è difendere il primato del mercato, mentre in Asia serve inevitabilmente un alleato forte.

Dal punto di vista finanziario il 2013 si chiuderà con 88 miliardi di euro di fatturato e un utile o­perativo attorno ai 3,6 miliardi. Il nodo principa­le resta quello del debito. Con la fusione ai 7,1 mi­liardi di debito netto della Fiat si aggiunge circa un miliardo di passivo di Chrysler: il debito com­plessivo sale così a circa 10 miliardi di euro. Così il rapporto tra debito ed ’equity’ sale a 3,5, un livello non allarmante ma nemmeno troppo tranquilliz­zante. Gli analisti di Citigroup ieri hanno sottoli­neato che il debito della Fiat diventerebbe così il più alto tra i costruttori di auto europei. Si vedrà cosa diranno le agenzie di rating. Per il momento Fitch ha spiegato che l’accordo con il fondo Veba non a­vrà un impatto immediato sul suo giudizio sulla Fiat.