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 2014  gennaio 02 Giovedì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - LA FIAT SI COMPRA LA CHRYSLER


MILANO - Botto di Fiat alla ripresa degli scambi di Piazza Affari nel 2014, dopo l’annuncio dell’accordo con il fondo Veba per salire al 100% di Chrysler. Quando vengono riavviati gli scambi di Palazzo Mezzanotte, dopo la sosta di Capodanno, il titolo del Lingotto non riesce a fare prezzo, segnando un rialzo teorico in doppia cifra, per poi entrare in contrattazione a 6,7 euro, cioè con un guadagno del 12,6%. Alla fine della giornata il saldo è di +16,4%, con un volume di scambi boom al 6,4% del capitale. La segue a ruota Exor (il titolo), la holding degli Agnelli che controlla la casa automobilistica e che - stando il prezzo di 3,6 miliardi di dollari da pagare, dei quali solo 1,75 in contanti da parte di Fiat (si aggiungono pi 700 milioni in quattro anni come versamenti al fondo Veba) - non dovrà procedere ad alcun aumento di capitale per finanziare l’operazione. Per altro, con l’accordo accelera il percorso che dovrebbe portare il nuovo colosso dell’auto a scambiare a Wall Street, mentre Piazza Affati sarà probabilmente un listino secondario.

Gli analisti di Bernstein avevano pronosticato il rally di Fiat in Borsa: oltre il 50% dell’esborso è in carico a Chrysler, che distribuirà riserve straordinarie per 1,9 miliardi di dollari a completamento del deal, mentre la casa torinese appare
determinata a non varare un aumento di capitale. In un commento ripreso dal Wsj, però, gli esperti sottolineano che non è una panacea per il problema dei debiti:
"Anche se intelligentemente Fiat ha diviso il costo" per rilevare la quota del United Auto Workers (Uaw), i fondi arrivano comunque sempre dal gruppo. Ma con un prezzo effettivo di 4,35 miliardi di dollari per il 41,5% di Chrysler (3,65 miliardi di dollari più i 700 milioni di dollari in quattro anni), la capitalizzazione implicita di Chrysler è di 10,5 miliardi di dollari. Se a questo si aggiungono il debito netto della società e gli altri obblighi, il valore di Chrysler sale a 26 miliardi di dollari. La cifra è pari al 36% delle vendite annuali o 4,3 volte il profitto operativo lordo. Una volta che le due società saranno insieme, il valore di impresa aggregato sarà di 28 miliardi di euro (38 miliardi di dollari) su vendite annuali di 88 miliardi di dollari. L’unione quindi si traduce in una società che opererà sotto un sostanziale leverage, con un debt to equity ratio di circa 3,5, in un settore "pieno di sfide, incluso il possibile rallentamento in Brasile, le difficoltà in Europa e il fatto che né Fiat né Chrysler hanno particolare trazione in Cina".

Frena anche Fitch, secondo la quale l’accordo "non ha alcun impatto immediato sul rating di Fiat" e porta a un aumento del bilancio consolidato del gruppo "relativamente modesto". Invece il debito di Auburn Hills "rimane un problema che continua a limitare l’accesso di Fiat di cassa di Chrysler".

Per Websim l’accordo "è positivo e in linea con le attese" e toglie l’incertezza su una possibile ipo di Chrysler. Gli analisti confermano il giudizio "molto interessante" alzando il target price a 7,5 euro da 6,8 euro. Gli analisti di Equita hanno confermato il rating buy sulle azioni, migliorando il target price a 7,9 euro giudicando il deal "positivo". Anche Cheuvreux ha migliorato il prezzo obiettivo da 4,4 a 5 euro, mentre Banca Akros ha elevato il giudizio da accumulate a buy con target a 7,5 da 6,2 euro.

Altri analisti prevedevano che Fiat avrebbe dovuto pagare 5 miliardi di dollari per salire al 100% di Chrysler. Secondo gli esperti di Banca Imi, un prezzo inferiore ai 4,4 miliardi di dollari avrebbe aggiunto un 15% al valore implicito delle azioni Fiat. A favorire Fiat è anche il fatto che è Chrysler a farsi carico del grosso del prezzo da pagare allo Uaw. "Questo significa che Fiat non ha bisogno di raccogliere capitale fresco e questo è positivo per le sue azioni", hanno ancora sottolineato gli analisti.

Ora, vinta la partita finanziaria e raccolto il certificato del successo in Borsa da parte del mercato, per Marchionne si apre la partita industriale, che è quella probabilmente ancora più difficile viste le recenti performance di Fiat, ma che interessa maggiormente i lavoratori del gruppo, in particolare in Italia.