Paolo Di Stefano, Corriere della Sera 31/12/2013, 31 dicembre 2013
IL DESTINO INCERTO DEGLI ANNIVERSARI OCCASIONI PERDUTE O AZZARDI VINTI
Ben vengano gli anniversari, purché servano come rilancio della memoria verso il futuro, altrimenti, se ci si limita alla solita coccodrilleide postuma o alla commemorazione da francobollo, è meglio lasciar perdere. Gli anniversari sono sempre stati un’occasione: vinta o persa. Nel 2014 avremo la Grande Guerra e chissà quanti Comitati Organizzativi Comunali, Provinciali, Regionali e Nazionali sono mobilitati (da anni) per la ricorrenza. Dio ci salvi sin d’ora dalle revisioni e dalle manomissioni della memoria dei caduti per la Patria. La Grande Guerra si mangerà tutto, ovviamente, ma avremo anche: i cent’anni del Canale di Panama, i venti del Tunnel della Manica, il (presunto) 450˚ di Shakespeare…
In Italia, qualcuno giustamente, già in gennaio, non si lascerà sfuggire i cent’anni della nascita del giornalista Egisto Corradi, del poeta Toti Scialoja, del filosofo Felice Balbo, dell’economista Federico Caffè. Avanti di questo passo, figuratevi che gran folla di celebrati prima che si arrivi a dicembre con l’editore Alberto Mondadori e il poeta Alessandro Parronchi. Senza contare i bicentenari, i cinquantenari, i ventennali, con tutti i multipli di cento e di dieci. E i millenari, per fortuna più rari. Sappiate sin d’ora che il 19 agosto del 14 (d.C., ovvio) morì Augusto, ma sappiate anche che Luigi IX di Francia nacque nel 1214. Se non siete già pronti, preparatevi. Nel Canavese si sappia che il 14 ottobre 1014 se n’è andato all’altro mondo Arduino d’Ivrea, che fu un combattivo re d’Italia. Sentiremo migliaia di orazioni funebri ai piedi di monumenti e mezzi busti, tavole rotonde, simposi, relazioni, analisi, postille, con annessi documenti inediti, su illustri avvocati, architetti, condottieri, naturalisti, matematici, musicisti, politici, sportivi, cardinali, santi, scultori, generali, patrioti. Ogni municipio, ogni associazione, ogni università, ogni circolo sociale avrà il suo caro e indimenticabile estinto da riportare alla gloria del mondo. Di solito si arriva alla fine dell’anno sfiniti dagli eventi (preparatevi le vostre trincee mentali se non volete essere invasi dalla Grande Guerra...). Se poi si pensa che ogni anno produrrà (con fatti memorabili, le sue nascite e le sue morti illustri) innumerevoli altri potenziali anniversari, la conseguenza logica è che la Madre delle ricorrenze è (e sarà) sempre incinta.
Ma sarebbe un errore buttar via l’estinto con l’acqua sporca della ritualità postuma. A volte, bisogna pur dirlo, le cose vanno diversamente. Nei casi migliori non servono i comitati in preparazione dell’evento o i convegni di studio. In fondo, basta pochissimo perché una ricorrenza si dimostri efficace. Nel centenario di Pinocchio (1981), Italo Calvino scrisse un saggio in cui «storicizzava» la favola di Collodi attribuendogli un valore cruciale nella nostra letteratura: quel libro, secondo Calvino, colmava diverse lacune. Sarebbe stato sufficiente il suo scritto a rendere l’anniversario del burattino degno di essere vissuto. Del resto, solo la distanza riesce a dare ragione di certi valori e se le celebrazioni non sono soltanto omelie funebri, non c’è di meglio per rivalutare, rileggere, ristudiare, ripensare a mente fredda… Per carità, senza l’ossessione di attualizzare: altro chiodo fisso del cerimoniale da anniversario.
Gli esempi positivi non sono pochi. Le sale di Palazzo Reale, nel 1985 (due secoli dalla nascita di Manzoni) ospitarono una memorabile mostra in cui ebbe un ruolo importante Giovanni Testori nel proporre una serie di originali «equivalenze visive». Ma neanche i convegni vanno sempre disprezzati: il 22 e il 23 novembre 1993, l’Università di Pavia rese omaggio, per i cent’anni dalla nascita, all’Ingegner Gadda con un interessantissimo incontro a più voci i cui atti furono consegnati alla rivista «Strumenti critici»: era appena stato aperto il laboratorio gaddiano di Dante Isella che avrebbe dato i frutti critico-filologici che sappiamo.
Solo lo snobismo e la puzza sotto il naso fanno prendere sottogamba, per partito preso, i centenari. Di solito dal mare della magniloquenza barocca tipica di molti assessori non solo di provincia e di altrettanti professionisti dell’epicedio, qualcosa si salva. Non di rado vengono fuori vere e proprie conquiste. Il 2013 che sta per chiudersi ha riportato l’attenzione su Verdi, Wagner e Britten (come ha ricordato, in un attento bilancio, qualche giorno fa, Andrew Clark sul «Financial Times» , interrogandosi proprio sull’utilità degli anniversari). In Italia ha fatto man bassa di appuntamenti il Principe , con incontri, saggi importanti (Gennaro Sasso, Maurizio Viroli…) e numerose edizioni commentate: vedi quella di Gabriele Pedullà per Donzelli, che rinnova il sistema delle fonti. Non una giostra autoreferenziale di esperti del pelo nell’uovo. A beneficio del grande pubblico, l’occasione l’ha colta bene RadioRai3 proponendo una serie di bellissime «lezioni» sul potere politico (con Pierre Carniti e Massimo Cacciari, tra gli altri). E poi grazie all’anniversario di Boccaccio, nato nel 1313, è stata tolta un po’ di muffa alla lettura scolastica del Decameron (vedi, tra l’altro, il commento a cura di Amedeo Quondam per la Bur), buttandola anche sul gioco (con il concorso di scrittura collettiva «Il Decameron in 100 tweet»). Perché condannare a priori i centenari se nell’anno che sta per chiudersi si è tornati a parlare del grande Vittorio Sereni (classe 1913) in vari convegni accademici e no, e ci si è impegnati a ristampare alcune sue raccolte poetiche (Gli immediati dintorni , il Saggiatore), a mettere insieme le sue lettere (il carteggio con Luciano Anceschi, Feltrinelli), a proporre saggi illuminanti, come quelli di Pier Vincenzo Mengaldo (Aragno)?
Certo, può anche capitare che il cinquantenario del Gruppo 63, come è successo, faccia risuscitare antiche polemiche pro e contro, con i soliti noti a rispolverare polverose invettive rimaste nel cassetto per decenni, come se il tempo non fosse passato (e neanche la bile che alcuni si portano dentro). E invece rivisitare la neoavanguardia, quest’anno, come ha fatto il nuovo gruppo di «Alfabeta» non è stato per niente male. Per non dire dell’ambito artistico. Ogni esposizione (o quasi) è un anniversario e viceversa. Nel 2006 il mezzo millennio della morte di Andrea Mantegna è stato onorato come meglio non si poteva dal volume di Giovanni Agosti e poco importa che la grande mostra del Louvre, curata dallo stesso Agosti, sia arrivata due anni dopo. Sono occasioni che si irradiano nel (poco) prima e nel (poco) dopo, i centenari. C’è voluta la coda di un centenario perché la regina d’Inghilterra firmasse, pochi giorni fa, la «grazia» al pioniere dell’informatica Alan Turing (nato nel 1912), che fu condannato alla castrazione chimica in quanto omosessuale. Una riabilitazione postuma e a scoppio ritardato. Ma forse a scoppio anticipato visto che il 2014 sarà anche il sessantesimo della morte di Turing, per suicidio. Già, esistono anche i sessantenari...