Roberto Bagnoli, Corriere della Sera 31/12/2013, 31 dicembre 2013
GLI STIPENDI? SONO AUMENTATI DI 4 EURO SOTTO MILLE EURO LA METÀ DEI PENSIONATI
ROMA — Un Paese sempre più povero e sempre più vecchio. Con le nascite in calo e la disoccupazione in crescita. A fine 2012 i pensionati erano 16 milioni e 594 mila, e quasi la metà (46,3%) percepiva una pensione sotto i mille euro al mese, solo il 15% aveva un assegno oltre duemila. L’invecchiamento avanza in modo geometrico: l’anno scorso c’erano 149 persone over 65 anni ogni 100 giovani sotto i 14 anni, a metà degli anni Novanta se ne contavano appena 112. Un trend in continuo aumento: secondo le statistiche nel 2050 il numero degli anziani passerà a 263 ogni 100 giovani. Gli uomini e donne ultraottantenni hanno superato la cifra di tre milioni e sono concentrati nel Centro Nord. Ma la povertà aumenta dovunque e risulta raddoppiata dal 2005 e addirittura triplicata nel Nord.
Questo il quadro della nostra società come emerge dall’ultimo Rapporto Istat sulla Coesione sociale. Che si occupa anche delle retribuzioni medie, che nel 2012 sono state fotografate a quota 1.304 euro netti al mese per i lavoratori italiani e 968 per gli stranieri. Nonostante l’aumento del costo della vita quella cifra è sostanzialmente rimasta invariata rispetto all’anno precedente: cresciuta di appena 4 euro per gli italiani, addirittura calata di 18 euro per gli stranieri. Le cifre che raccontano il dramma della disoccupazione giovanile non sono nuove ma fa sempre impressione vederle nero su bianco: il tasso di disoccupazione nella fascia 15-24 anni supera il 35% con un balzo record di 6 punti rispetto al 2011. Crescono naturalmente anche i senza lavoro in genere che salgono a due milioni e 744 mila, 636 mila in più rispetto all’anno precedente.
In questo desolante panorama l’unico dato positivo riguarda la fiducia delle imprese manifatturiere che a dicembre scorso migliora leggermente passando a 98,2 dal 98 di novembre. In genere, cioè su tutto lo spettro imprenditoriale, la fiducia migliora da 83,4 a 83,6. Sono cifre molto piccole contraddette peraltro dai dati sulla produzione industriale e sugli ordini che sono invece in peggioramento.
Il Rapporto Istat sulla Coesione rivela che la condizione di povertà relativa è la peggiore dal 1997, da quando è iniziata la serie storica. Nel 2012 si trovava in questa condizione il 12,7% delle famiglie residenti in Italia (+1,6 punti percentuali sul 2011) e il 15,8% degli individui (+2,2 punti). La povertà assoluta colpisce invece il 6,8% delle famiglie e l’8% degli individui. I poveri in senso assoluto sono raddoppiati dal 2005 e triplicati nelle regioni del Nord (dal 2,5% al 6,4%). Nel corso degli anni, la condizione di povertà è peggiorata per le famiglie numerose, con figli, soprattutto se minori, residenti nel Mezzogiorno e per le famiglie con membri aggregati, in cui convivono più generazioni. Fra queste ultime una famiglia su tre è povera e una su cinque lo è in senso assoluto. Le famiglie con tre o più minori risultano relativamente povere nel 17,1% dei casi, con un balzo in avanti di circa sei punti percentuali solo tra il 2011 e il 2012.
In Italia, sottolinea l’Istat, il sistema di trasferimenti sociali è meno efficace nel contenere il rischio di povertà rispetto ad altre realtà nazionali del contesto europeo. Da noi l’indice di miglioramento post-intervento è del 5% mentre nei Paesi Scandinavi supera ampiamente il 10% ed è vicina al 10% in Francia e Germania. Nel 2012 l’indicatore sintetico «Europa 2020», che considera le persone a rischio di povertà o esclusione sociale, ha quasi raggiunto in Italia il 30%, soglia superata, tra i Paesi dell’Europa a 15, solo dalla Grecia.