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 2013  dicembre 31 Martedì calendario

IN FUMO I SACRI ULIVI OLIMPICI LA GRECIA BRUCIA LA SUA STORIA


Bruciare il passato più sa­cro per sopravvivere og­gi: anche questo sta suc­cedendo nel freddo inverno gre­co. Nella piazzetta di Amari, pa­esino ai piedi del monte Psilori­tis, nell’isola di Creta, gli anzia­ni sono indignati: «Vengono di notte in gruppi organizzati e ta­gliano ulivi vecchi di 2000 an­ni! » ha raccontato al giornale ateniese Kathimerini Aris Kou­takis, fiero rappresentante di una Rete di Associazioni Cultu­rali Cretesi «Si approfittano del fatto che qui ad Amari siamo ri­masti a vivere solo noi ottanten­ni ». Eppure quei ramoscelli ave­vano incoronato il vincitore del­la Maratona alle Olimpiadi di Atene 2004: solo il suo diadema di foglie di olivo proveniva, in­fatti, da un albero sacro alla dea Atena, un albero vecchio di 2000 anni, che cresce, anzi cre­sceva fino a pochi giorni fa, nel­l’isola di Creta. Le altre corone per gli atleti di specialità meno legate alla storia ellenica erano state ricavate da ulivi meno ve­nerabili, piantati nell’hinter­land di Atene pochi mesi prima delle Gare. Ma per la Maratona, a ricordare la leggendaria corsa del messaggero Fidippide nel 490 a.C., dalla piana di Marato­na a per­difiato per 42,5 chilome­tri per annunciare ai concittadi­ni ateniesi la vittoria sui Persia­ni invasori, no: gli organizzatori delle Olimpiadi 2004 avevano voluto i ramoscelli dell’ulivo più antico di Grecia. Proprio co­me i rami usati per incoronare gli atleti di Olimpia nel luogo do­ve le Olimpiadi furono inventa­te.
Gli ulivi più antichi sono so­pravvissuti fino a oggi a Creta, l’arcana isola che accolse in una sua grotta montana il padre de­gli dei Zeus appena nato: qui di­versi paesini si contendono il re­cord dell’albero più vetusto. Uno di questi era sicuramente quello di Amari. Ma perché ora tagliano questi alberi sacri? Per una ragione banale: riscaldare le case. In tutta la Grecia più di mezzo milione di condomìni hanno rinunciato a riempire la caldaia di gas metano o di petro­lio: combustibili troppo cari nel­la crisi economica peggiore dal dopoguerra. La gente si arran­gia con stufette elettriche, riesu­mando le vecchie cucine econo­miche a legna, oppure con i ca­minetti. Tanto per dare un’ idea, a un recente sondaggio pubblicato proprio da un gior­nale cretese, Ta Chaniotika nea , alla domanda «Cosa usere­te quest’inverno per scaldare la vostra casa?» sedici persone su cento hanno risposto «niente» affidandosi a qualche maglione e coperta in più, mentre 37 su cento hanno dirottato la pro­pria scelta sulle stufe a legna o sui caminetti. Rimangono 25 persone su cento che si affidano alle stufette elettriche. Ma non pensiate che Creta sia un’eccezione,complice il cli­ma più mite sulle coste. Le stes­se percentuali di uso di legna per scaldarsi si ritrovano anche nelle grandi città, da Atene a Sa­lonicco a Patrasso. Tanto che il governo greco, per ovviare all’ emergenza inquinamento da polveri sottili dovuta all’utilizzo a pieno ritmo di centinaia di mi­gliaia di caminetti, che hanno reso l’aria della capitale di un malato color giallognolo, ha vie­tato di bruciare legna durante queste feste di fine d’anno. Natale e Capo­danno al fred­do, quindi.
Ma se la dea Atena sta gri­dando al sacrilegio, il dio Apol­lo non è da meno. Ai primi di di­cembre è stato venduto a un consorzio internazionale di emiri arabi e di imprenditori turchi uno dei più affascinan­ti gol­fi della co­sta attica, a me­no di 50 chilo­metri da Atene, a Vouliagmeni. Bene: a picco sulla spiaggia sor­ge da 2500 anni un tempio dedi­cato ad Apollo che, secondo la Sovrintendenza archeologica, è sotto tutela, anche nel senso che l’accesso al sacro luogo de­ve essere garantito a tutti trami­te un ingresso pubblico. Ma i nuovi proprietari musulmani, che hanno speso 400 milioni di euro per comprare il terreno e che vogliono costruirvi due al­berghi degni delle Mille e una notte più 20-25 ville private, ga­rantiranno davvero questo ac­cesso?
La svendita del passato miti­co e non della Grecia non fini­sce qui. Nel 2011 è stato lancia­to un mega programma di priva­tizzazioni con tanto di agenzia simile a una colossale casa d’aste: la Taiped. Con il benepla­cito della Troika composta dai rappresentanti di Unione Euro­pea, Banca centrale Europea e Fondo Monetario Internazio­nale, si calcolava di ottenere dal­la vendita dei gioielli di famiglia come l’ex city airport di Elle­nikon, la società dei treni Trai­nose, la società dell’acqua, quel­la elettrica e via svendendo, ben 50 miliardi di euro. A due anni di distanza, il bilancio è de­solante: pochi sono gli acqui­renti esteri che si arrischiano a investire nel Paese più povero d’Europa. L’unica vendita anda­ta- è il caso di dirlo- in porto è quello di tre banchine merci del porto del Pireo ai cinesi del­la Cosco. Il porto le cui fortifica­zioni, volute dal generale Temi­stocle e poi da Pericle, contribu­irono a rendere grande con la sua flotta Atene nell’antichità, a farla vincere sui Persiani e a ve­derla protagonista del miraco­lo greco, alle radici della cultu­ra occidentale. Oggi svenduta ai cinesi. Che gli dei preparino una riscossa?