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 2014  gennaio 02 Giovedì calendario

TELEMARKET, L’ARTE IN TV NON SI VENDE PIÙ


La notizia ti arriva così, dritta per dritta, che ancora lo stomaco sta elaborando il cappone delle feste e l’ipercalorico pandoro: Tele-market, emittente delle televendite d’arte, non c’è più. È chiusa. Finish.
Oddio: che ne sarà delle nostre divagazioni sulla video-sfera minore, alla ricerca di un riparo da Barbara d’Urso, Cuochi maestri e demenziali reality su ciccioni contro magri? Che ne sarà di noi?
In realtà non è un fulmine a ciel sereno: Giorgio Corbelli, patron della gloriosa azienda dagli epici esordi dell’82, in quel di Roncadelle (Brescia), ha gettato la spugna lo scorso 18 gennaio. Espressione tormentata, toni polemici, il Nostro dichiarò in diretta tv: “Svendiamo tutto. Basta, non si può più lavorare in queste condizioni in uno Stato di polizia, con un governo che ha perso il barlume della lucidità e tratta come criminali i ricchi. E poi c’è il redditometro, terrorizza tutti”.
COSÌ, COMPLICE la crisi, tele-elefantino sbaracca. In questi primi giorni del 2014, cercando il canale (occorre digitare i numeri più improbabili sul telecomando), non ci si imbatte più nei fenomenali imbonitori che hanno piazzato Schifano, Pagliacci e compagnia cantante a mezza Italia. Negli ultimi giorni del 2013 il tono era dimesso, l’atmosfera triste. In sovrimpressione campeggiava un terrorizzante “Svendita totale”, “liquidazione”. E i venditori ci hanno messo del loro. Alessandro Orlando, ormai copia conforme di George Clooney quando beve il suo “volluto ”, avvisava che gli affari “si fanno ora o mai più”, e un po’ colpevolizzava i cari amici, al di là del video, che non approfittavano di offerte da urlo. Poteva farlo, dall’alto della sua esperienza e considerando il fatto che su Facebook la sua pagina ufficiale ha raccolto più di 2.000 “mi piace”. È amato.
Insieme a lui, hanno officiato il funerale del magazzino Telemarket (100 mila pezzi da alienare, sconti del 70%) i vecchi compagni di sempre, i televenditori che hanno reso famosa l’emittente bresciana. Onore delle armi per Francesco Boni, imitato da Corrado Guzzanti, e alla sua calata più unica che rara, alle ripetizioni ipnotiche di frasi; e a tutti coloro rimasti fino alla fine o ìti in altri lidi prima che la nave affondasse (o meglio: partisse per la Cina; chiusa la baracca, Corbelli proverà a far comprare arte dal piccolo schermo ai cinesi): Paolo Frattini, Duilio Mauro, Edi Di Prizio, Gianfranco Dell’Omo, Gigi Montini, Davide Basilico, Saverio Ricci, Claudio Burlone & more. Da citare come la formazione dell’Italia che vinse i Mondiali dell’82. E poi: per Telemarket lavorano 100 dipendenti. Che accadrà a costoro? Mobilità? Dovranno imparare il cinese?
INSOMMA, una storia più unica che rara si è conclusa, salvo colpi di teatro. Tele-market aveva iniziato a spacciare arte nel lontano 1982, quando il 27enne Giorgio Corbelli acquistò le frequenze di Tv Shop Canale 4 e ne fece il prodotto che tutti conosciamo. Dagli Anni ‘80 ai ‘90 solo crescita: si espande il network, due terzi d’Italia entrano in contatto con le nenie suadenti dei venditori dell’elefantino. Vittorio Sgarbi compare come speaker di un proprio Tg dell’arte, Corrado Guzzanti fa finta di essere Francesco Boni e propone le opere di Tonino Mutandari a L’Ottavo Nano.
Aprono show-room di Tele-market a Milano, Roma, Bologna, Napoli, Brescia, e Corbelli investe pure nello sport. Prima il basket, poi tenta di risanare il Napoli Calcio con 100 miliardi di lire.
Iniziano le grane: il Napoli affonda, e questo gli vale una condanna a tre anni e sei mesi per bancarotta fraudolenta. Finarte, casa d’arte storica acquisita da Corbelli, va a carte quarantotto. Scoppia il caso delle false grafiche di Cascella vendute attraverso l’emittente bresciana: segue accusa di associazione a delinquere, truffa, ricettazione e riciclaggio + condanna a un anno e otto mesi di reclusione. L’Elefante verde resta in piedi, la piccola tv bresciana regge lo tsunami e continua a proporre tappeti, quadri eccetera eccetera. Gli utili però si sgonfiano, il pensiero stupendo è quello di tentare la strada cinese.
Il resto? É la cronaca spiccia e amara di questi ultimi giorni. Non è la prima volta che Alessandro Orlando occhioni-dolci guarda nella telecamera e promette affari d’oro, perché la bottega chiude la saracinesca. Ma questa volta pare che sia veramente la fine. Roba da piangere, per gli amanti della televisione minore, per i fan dei teleimbonitori (questi chic, di razza) e per chi pensa ai dipendenti dell’azienda di Roncadelle. Roba giusta per chi aspettava la nemesi: i compratori insoddisfatti, gli interlocutori bruciati. Sia quel che sia, la tv del sommerso perde alcuni suoi alfieri.