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 2014  gennaio 02 Giovedì calendario

PERISCOPIO


Io la conosco bene la realtà, proprio perché sono stato un uomo di spettacolo e so distinguere la realtà dalla finzione. Ronald Reagan. Stefania Tamburello, L’economia è il mezzo per cambiare l’anima. Margharet Thatcher e Ronald Reagan in parole loro. Rizzoli Etas.

L’Europa, attraverso lunghe e difficili tappe, si è formata come unione economica e, dal 2002, anche monetaria E l’unione monetaria, prima di un centro politico formalizzato e legittimato, ha provocato problemi seri in vari paese. Ma è grottesco il tentativo dei partiti di scaricare, chi in maggior misura (la cosiddetta destra), chi in minore (la cosiddetta sinistra) sull’Europa, il montante disagio italiano sull’Europa. Massimo Fini. Il Fatto.

Si farebbe torto alla politica se la si accusasse di essere la responsabile della crisi. Non è la sola. Gran parte della responsabilità l’hanno i media. Che non difendono il cittadino, ma si alleano alle estorsioni che lo Stato esercita sui suoi confronti. Di Napolitano è apprezzabile il prudente realismo di quei comunisti che, durante il fascismo, avevano letto, su Macchiavelli, non solo Gramsci ma anche Croce. Napolitano non è però lo Spirito Santo come lo dipinge certo giornalismo. Non è l’Immacolata Concezione. Parla molto. E sbaglia. Non è compito del presidente della repubblica dirigere governi, partiti, uomini politici. Piero Ostellino. Corsera.

Certo che ci sono, nel nostro paese, persone che diffidano della sinistra, che non credono nelle sue soluzioni, che non la voterebbero mai, o che perlomeno non voterebbero questa sinistra (e forse neppure quella di Renzi). Ma questo elettorato, che in effetti potrebbe votare Forza Italia, è un elettorato radicale, non certo un elettorato moderato. Non è fatto di impiegati pubblici e pensionati, ma semmai di artigiani, piccoli imprenditori, professionisti, partite Iva. Non vuole la stabilità promessa da Letta, perché la vede come immobilismo. Vuole cambiamenti radicali, innanzitutto in materia economica: meno tasse, meno burocrazia, più libertà di impresa. È assai meno interessato ai temi della giustizia penale, della privacy, delle riforme istituzionali cui Berlusconi attribuisce tanta importanza, confondendo le proprie priorità con quelle del suo elettorato. Luca Ricolfi. La Stampa.

In un certo senso, il sistema dei Big Data era utilizzabile anche in passato, anche se oltre certi limiti erano difficili da gestire. Proprio per maneggiare i dati dei censimenti Usa nel 1887 fu quindi inventato il sistema delle schede perforate, primo passo del percorso che ha portato alla rivoluzione dei giorni nostri. Una rivoluzione, avvertono gli autori, gravida di promesse ma anche di rischi, come ormai è di rito sottolineare. Solo che questi potrebbero non essere del tipo ipotizzato in 1984 da George Orwell, come paventato con l’ultimo scandalo dello spionaggio Nsa. Piuttosto, lo scenario da incubo è più simile a quello immaginato in Minority report da Phlipp K. Dick. V: Mayer-Schomberger e K. Cichier: «Big data». Garzanti.

Le opere d’arte hanno senso solo in quanto sono originali, e trasmettono emozioni per la loro unicità, come le persone. Una copia di Van Gogh non è un Van Gogh. L’identità è individuale. Vittorio Sgarbi. Il Giornale.

Imparai subito che cosa fosse che Arrigo Debenedetti odiava: per esempio, il fatto che i suoi nuovi redattori arrivassero in ritardo al giornale; oppure che i loro articoli, quando gli venivano consegnati, fossero pieni di cancellazioni, di correzioni a penna indecifrabili, che avessero un brutto inizio, un incipit noioso, incapace di svolgere la sua funzione che è solo quella di inchiodare il lettore alla voglia di proseguire fino in fondo. La prima riga, diceva, vale più di tutte le altre; e l’unico consiglio che posso darvi è quello di tenere l’indice sospeso sulla tastiera della vostra macchina da scrivere prima di abbatterlo su un tasto che potrebbe rivelarsi sbagliato. Insomma, un polpastrello di Damocle, questo era il suo consiglio. Carlo Gregoretti. Il Foglio.

Lontano, nel buio, si sentivano abbaiare i cani. I nostri muli erano con noi; e con le orecchie abbassate sognavano le mulattiere delle Alpi e l’erba tenera. Mandavano vapore dalle narici come le balene; avevano il pelo coperto di brina e mai erano stati così lustri. E i pidocchi anche c’erano; i nostri pidocchi che se ne fregavano di tutto e stavano al caldo nei posti più reconditi. Ecco, pensavo, se dovessi morire i pidocchi che ho addosso che fine farebbero? Creperanno più tardi di me quando il sangue nelle vene sarà come vetro rosso oppure resisteranno fino a primavera? Quando, al caposaldo, mettevamo fuori le maglie con 40 grandi di freddo per due giorni e due notti e le indossavamo dopo averle asciugate vicino a una stufa, subito i pidocchi si facevano vivi. Erano robusti e forti. Mario Rigoni Stern, Il sergente nella neve. Einaudi.

Quella gonna... così... buttata addietro, come da un colpo di vento: una vampa calda, vorace, avventatasi fuori dall’inferno. Carlo Emilio Gadda, Quer pasticciaccio brutto de via Merulana. Garzanti. 1957.

Mio padre era terribilmente esigente con sé e con tutti gli altri. Quando avevo 22 o 23 anni, noi finivamo spesso le nostre cene con delle discussioni nelle quali mi trattava come sua uguale ma finiva sempre per distruggere il punto di vista che difendevo, passando la sera ad aprire dei libri sulla tavola del soggiorno, nella disperazione di mia madre che trovava, tutto ciò, perfettamente assurdo. Chiara Frugoni, parlando del padre Arsenio, storico medioevalista. Le Monde.

Il labirinto realizzato dell’editore esteta Franco Maria Ricci a Fontanellato (Parma) si sviluppa su un percorso di 3 mila metri per 120 mila bambù, pianta prodigiosa, scovata in un vivaio francese: non si ammala, il freddo non la turba, deterge l’aria dall’anidride carbonica. E, in più, è raffinata come i caratteri bodoni. Bruno Quaranta. La Stampa.

Umberto Eco nel suo Diario minimo si occupò per diverse pagine di me e lanciò sempre su di me la sentenza definitiva: «Lei è Lolita spiegata per la prima volta al popolo». Rita Pavone. la Repubblica.

Feltrinelli: De Propaganda Fidel. Marcello Marchesi.

Se il sole abbronza la mia pelle, la luna abbronza il mio cuore. Roberto Gervaso. Il Messaggero.