Giuseppe Berta, Il Messaggero 2/1/2014, 2 gennaio 2014
IL COLPO DI CAPODANNO CHE CAMBIA IL FUTURO
Sergio Marchionne ha scelto il giorno di Capodanno per piazzare un colpo da maestro e acquisire per intero alla Fiat il controllo della Chrysler.
Ora il lungo fidanzamento fra Torino e Detroit è finito e nel migliore dei modi: le nozze. Un esito che non era scontato affatto e che ha rivelato ancora una volta l’eccezionale bravura di Marchionne come negoziatore.
Negli ultimi tempi stava circolando un po’ di nervosismo e anche di pessimismo in merito alla trattativa. Si era detto e scritto, sulle due sponde dell’Atlantico, che le parti continuavano a essere distanti: il fondo Veba, detentore del 41% di Chrysler, chiedeva 5 miliardi di dollari per cederlo alla Fiat, mentre Marchionne aveva detto di considerare la richiesta fuori della realtà. Da ultimo, si era che detto che Marchionne avesse offerto 4 miliardi. Come spiega il servizio a lato, alla fine le cose sono invece andate meglio per la Fiat.
La notizia ha fatto dunque giustizia della sfiducia che si era diffusa negli ultimi tempi, specie dinanzi ai silenzi di Marchionne, che non aveva più reso dichiarazioni pubbliche importanti. Il Lingotto attendeva con ansia la conclusione del closing, da cui dipendono le strategie del Gruppo Fiat-Chrysler, ora davvero un soggetto unitario a tutti gli effetti. Adesso si volta pagina e può incominciare una nuova storia.
La fusione avviene fra due gruppi che hanno conosciuto una dinamica molto diversa. La Fiat ha registrato, specie nell’ultimo paio d’anni, un costante arretramento all’interno di un mercato domestico in forte contrazione. La Chrysler, al contrario, ha avuto una ripresa superiore alle aspettative: prima ha accelerato i tempi del risanamento restituendo a Barack Obama il prestito del 2009, e poi ha inanellato percentuali di crescita a due cifre, che l’hanno riportata nella sua posizione storica.
Questa evidente asimmetria è stata diversamente interpretata in Italia e negli Usa. Da noi ha fatto pensare che l’alleanza dovesse risolversi inevitabilmente in una perdita secca per il paese, destinato a perdere il proprio settore automobilistico. In America si storceva il naso di fronte al fatto che una casa produttrice più piccola si assicurava il controllo di uno dei marchi storici dell’industria degli Stati Uniti.
Se ora le cose andranno bene, questi timori e dubbi potranno essere fugati. È vero che la vecchia Fabbrica Italiana Automobili Torino non c’è più, ma se la Fiat fosse rimasta dentro i vecchi confini, l’Italia avrebbe semplicemente perso la produzione automobilistica, senza poter contare sulla prospettiva di nuovi investimenti. Ora la fusione rilancia un ruolo, diverso dal passato, ma tutt’altro che trascurabile. Grazie alle risorse finanziarie garantite dalla fusione sarà possibile investire sull’Alfa, come Marchionne ha annunciato. Potrà essere completato l’investimento a Melfi, potranno essere avviate le nuove linee a Mirafiori e ristrutturata Cassino; infine, potrà essere preparato il lancio della nuova Giulia per la fine del 2015.
In questa logica, l’Italia non perde la propria missione produttiva, anche se essa sarà più circoscritta. Il nostro Paese dovrà candidarsi a realizzare vetture di qualità più elevata, secondo la strategia inaugurata con lo sviluppo del marchio Maserati, che sta dando buoni risultati. Nella sua scia dovrà collocarsi il marchio Alfa Romeo, consolidando una linea all’insegna del made in Italy di classe.
Sono fattibili questi progetti? La realtà terrà dietro alle ambizioni? Lo si vedrà nei prossimi anni, che mostreranno il potenziale di Fiat-Chrysler, un gruppo la cui forza dovrebbe diventare superiore alle due componenti che oggi si fondono.