Fausto Carioti, Libero 2/1/2014, 2 gennaio 2014
I TORMENTI DELLA BOLDRINI: IL NOME DEL GATTO
Ci vorrebbe una legge, una riforma della Costituzione, un editto di Sua Altezza Reale Giorgio I, insomma qualcosa di rigido e assolutamente inderogabile che vietasse alle cariche dello Stato in crisi di astinenza da visibilità e affamate di consensi a buon mercato di fare i piacioni sui social network. In parole povere a certi personaggi, per la loro stessa salvezza, deve essere proibito l’accesso a Facebook e simili. Quando va male (quasi sempre) ne escono peggio di quello che sono; quando va bene ne escono come sono, il che significa comunque tragicamente male. Se poi al mix letale “politico bisognoso di attenzioni + social network” si aggiunge il terzo ingrediente, quello che nelle loro intenzioni dovrebbe umanizzarli e commuovere il popolo, il naufragio delle istituzioni è senza rimedio. C’è chi ci prova con i figli, chi con gli animali. Laura Boldrini, presidente della Camera, ce li ha messi tutti e due. Ne è uscito l’ennesimo spot gratuito per Beppe Grillo, uno che in tempi di anti-politica non sembra avere bisogno di ulteriori aiuti, eppure continua a ricevere pacchi regalo dal Palazzo anche dopo Natale.
Trenta dicembre 2013. Per l’italiano medio il problema è capire se ciò che resta della tredicesima una volta pagati l’acconto Irpef e il saldo Imu e fatti i conti in vista degli imminenti mini-Imu e canone Rai – gli consentirà di mettere qualche proteina animale in mezzo alle lenticchie del cenone (eufemismo) e potrà permettergli il lusso di stappare una bottiglia di prosecco la mezzanotte di Capodanno. I più disperati scrivono a Giorgio Napolitano cose tipo «devo decidere se pagare alcune tasse o comprare il minimo per la sopravvivenza dei miei due figli ». Il problema che angoscia invece la presidente della Camera è il nome da dare al nuovo gatto di casa, ovviamente migrante e scuro di pelo come political correctness impone.
«Approfitto di questi giorni di pausa per dedicarmi anche ai miei gatti. Da qualche settimana infatti sono diventati due», informa la Boldrini sulla propria pagina Facebook. La presidente della Camera fa sapere che al primo gatto, che ha la sventura di chiamarsi Gigibillo («nome dato da mia figlia Anastasia quando lo abbiamo trovato per strada circa quindici anni fa»), si è aggiunto di recente «un magnifico gattone nero, a cui ancora dobbiamo trovare un nome». «Suggerimenti?» chiede la terza carica dello Stato, che da brava democratica si appella così alla saggezza della Rete. Prodiga di dettagli, non si risparmia di farci sapere che la convivenza tra i due felini, «all’inizio difficile, ora sta migliorando e mi pare che Gigibillo abbia imparato a conoscerlo e a condividere con lui spazi e crocchette. Fin da piccola ho sempre avuto animali e mi è difficile pensare a una casa, a una famiglia senza gatti né cani, anche se questo comporta impegno e responsabilità. Per ora ce la caviamo ».
La foto che ritrae l’autoctono e l’immigrato intenti a cibarsi l’uno accanto all’altro, sotto lo sguardo dell’autorevole padrona, conferma che le politiche d’accoglienza e integrazione possono funzionare. Insomma sarà dura, ma in casa Boldrini dinanzi a certe sfide non si tirano indietro, «impegno e responsabilità» sono il pane quotidiano e possiamo essere fiduciosi che anche questa emergenza istituzionale sarà superata nel migliore dei modi.
Ora, sappiamo tutti che negli anni Novanta una storia simile sarebbe finita dritta dentro un’imprescindibile rubrica del settimanale Cuore, chiamata per l’appunto «Chissenefrega». Ma negli anni Dieci l’imperativo è quello di esibire ogni cosa sul Web, soprattutto ciò che è futile, perché può ispirare candore e simpatia. I politici, che di solito generano in chi li osserva sensazioni diametralmente opposte a queste, lo sanno e ci si tuffano. E per splendere di umanità riflessa non esitano a specchiarsi nei loro animali: lo fece Mario Monti col povero Empy, ci prova adesso la presidente della Camera col gatto nero (il caso di Dudù e Berlusconi è altra roba: lì è l’uomo che rende umano il cane).
Il risultato è sempre e comunque inferiore alle attese. Scontati gli entusiasmi da parte del popolo gattaro, ma quella frase lì, sui «giorni di pausa» che la Boldrini si sta prendendo dal duro lavoro, pare messa apposta per farsi fare del male. E infatti abbondano commenti tipo: «Siete in pausa da anni»; «E prenditela pure ’na pausa dopo che non hai fatto un bel niente»; «I giorni di pausa? Il nome dei gatti? Gentile signora, la lascio sola con i suoi problemi assillanti e la saluto»; «Io non riesco ad arrivare a fine mese e non posso permettermi il lusso di avere un animale domestico ». Per raggiungere il culmine con l’inevitabile e prevedibilissimo «Pagheremo anche per le crocchette». Che non è vero, ma davanti a tanto sfacciato uso degli animali per fini auto-pubblicitari («petmarketing », lo chiama disgustata su Facebook una che pure è web-amica della Boldrini) suona come il grido di libertà di Braveheart.