Antonio Amorosi, Libero 2/1/2014, 2 gennaio 2014
IL PD VUOL FINANZIARE LE IMPRESE MAFIOSE
Dopo il caso shock del sindaco antimafia Carolina Girasole, appoggiata dall’associazione «Libera» ma sostenuta secondo gli inquirenti anche dai voti della ’ndrangheta, ecco un un’altra operazione surreale dei professionisti della sinistra antimafia italiana: la legge di iniziativa popolare «Io riattivo il lavoro». Voluta dal gotha dell’associazionismo di sinistra Libera di don Ciotti, Cgil, Legacoop, Arci, Acli, Confesercenti Sos impresa, Avviso pubblico e Centro studi Pio La Torre, è stata presentata alla Camera da nove parlamentari del Partito democratico (Mattiello, Gadda, Beni, Damiano, Garavini, Fiano, Narduolo, Rotta e Pastorino) ma sta facendo tremare i polsi a chi l’ha letta.
E tra i promotori c’è proprio Davide Mattiello, storico braccio destro di don Luigi Ciotti e responsabile di Libera, eletto nelle fila del Pd alla Camera dei deputati in Piemonte.
Il provvedimento è a dir poco controverso. Vorrebbe rigenerare la procedura di «confisca delle aziende mafiose » e sconfiggere le cosche sul piano economico. Le imprese della criminalità organizzata, come hanno confermato anni di indagini, non stanno sul mercato perché sono competitive o produttive, bensì perché riciclano denaro di provenienza illecita, corrompono i supervisori pubblici e si impongono con le estorsioni verso concorrenti o fornitori.
Quando queste ditte vengono confiscate, passano in una condizione di esercizio giudiziario. Solitamente falliscono. È una dinamica di mercato inesorabile: i fatturati non sono più gonfiati dal drenaggio di denaro sporco, il che mette a nudo l’improduttività delle strutture. Il resto, poi, lo fa il libero mercato.
E cosa ti va a proporre l’iniziativa di legge di Libera e company? Di rigenerare queste imprese attraverso la legalità. Lodevolissimo.
E come si fa? Garantendone i lavoratori e le attività. Letteralmente: «Sostenendo i costi delle imprese confiscate per le ristrutturazioni aziendali ». Tradotto: garantire i fatturati delle imprese criminali attraverso degli aiuti. Ovviamente a carico dello Stato. E assicurando, ad esempio, una sorta di corsia preferenziale per l’assegnazione di incarichi, «servizi o forniture» sempre per rafforzarne la loro «posizione» sul «mercato e la continuità produttiva».
Così mentre le imprese oneste che da decenni rispettano la legge falliscono strozzate dalle tasse, lo Stato dovrebbe salvare quelle di provenienza mafiosa. E poi creare dei «tavoli istituzionali» per assegnarle a chi ha maggior esperienza nella gestione dei beni confiscati.
Oggi in Italia è l’Agenzia nazionale antimafia ad assegnare i beni sequestrati. E non più i sindaci, come è stato per anni, e che di fatto sceglievano spesso Liberavista l’esperienza maturata nell’ambiente come soggetto incaricato. L’assegnazione dei beni della criminalità organizzata è un indotto economico non di poco conto. Stando alle indicazioni della proposta di legge «Io riattivo il lavoro», le assegnazioni dovrebbero avvenire attraverso dei «tavoli» ai quali far sedere i sindacati e le «associazioni con maggiore esperienza nella gestione dei beni confiscati », con cui poi l’Agenzia nazionale si dovrebbe rapportare.
«Una proposta viziata da assistenzialismo e clientelismo puro», commenta Christian Abbondanza, presidente dell’Osservatorio casa della legalità di Genova, che ha fatto esplodere il caso e che da anni denuncia le infiltrazioni mafiose nell’economia ligure: «Molti dei lavoratori da garantire poi sono gli stessi criminali », ha spiegato al telefono con Libero. «La legge è arrivata in Parlamento dopo aver raccolto le firme di cittadini ignari che pensano che in questo modo si stia combattendo la mafia», continua.
Il provvedimento, voluto da Libera, è capitanato anche dalla Regione a guida Pd per antonomasia: l’Emilia Romagna, ma non sembra scritta da esperti del settore né è stata sottoposta ad un parere del Dipartimento investigativo antimafia (Dia). Eppure è da settimane in discussione alla commissione Giustizia della Camera dei deputati.
E Abbondanza spiega: «Con quelli di Libera non è possibile parlare. Solo loro possono fare antimafia. Vogliono l’esclusiva ma hanno comportamenti e proposte a volte discutibili. Loro per primi non mostrano i propri bilanci, ricevono donazioni da Unipol, Legacoop, regioni guidate dal centrosinistra, ma non si sa né quanto né come vengano poi utilizzati questi soldi. O i finanziamenti della cooperativa emiliana Unieco, che aveva la ’ndrangheta nei subappalti, oppure la scelta di far salire i sindaci Casalesi, collusi con la camorra, sui loro palchi. Le foto con la Carolina Girasole sono solo un caso fra i tanti».