Andrea Malan, Il Sole 24 Ore 2/1/2014, 2 gennaio 2014
SUCCESSO DEL SISTEMA-ITALIA
Un’operazione win-win, insomma, che rende inutile l’Ipo di Chrysler, cancella la causa al tribunale del Delaware e permette al management di concentrarsi sulla fusione delle due aziende e sul completamento della loro integrazione industriale.
Fiat spenderà al closing dell’operazione 1,75 miliardi di dollari, ma al Veba ne andranno 4,35 (di cui 525 milioni in tre rate annuali posticipate). Come è possibile il miracolo? Semplice: il grosso dei pagamenti a Veba uscirà dalle casse della stessa Chrysler: 1,9 miliardi di dollari come dividendo straordinario (il massimo attualmente possibile) e 700 milioni in base a un accordo con la Uaw, il sindacato Usa dei lavoratori dell’auto che gestisce il fondo Veba. Quest’ultima contribuzione di Chrysler al fondo garantisce l’appoggio del sindacato nelle successive mosse di integrazione, compresa l’applicazione a Chrysler del sistema di World Class Manufacturing.
Contando anche i pagamenti degli anni scorsi, Fiat ha conquistato il 100% di Chrysler spendendo in tutto 3,7 miliardi di dollari (2,7 miliardi di euro), ovvero un decimo di quanto speso dai tedeschi di Daimler nel 1999 e meno della metà di quanto investito nel 2007 dal fondo Cerberus. Chi avesse ancora dei dubbi sull’abilità di dealmaker di Sergio Marchionne, è servito. Torino potrà fare a meno dell’aumento di capitale che molti analisti paventavano, poiché come detto il grosso dei fondi verrà dalla Chrysler stessa.
Poiché però questi fondi usciranno comunque dal perimetro del nuovo gruppo, sarà la futura Fiat-Chrysler a dover ricapitalizzare - come lo stesso Marchionne aveva fatto balenare in una delle ultime conference call con gli analisti. Ciò avverrà, con ogni probabilità, in occasione della quotazione in Borsa di Fiat-Chrysler dopo la fusione. Perché è proprio la fusione tra Fiat e la controllata - che dovrebbe arrivare entro il 2014 - il prossimo passo nel cammino verso la creazione di un gruppo transatlantico intrapreso da John Elkann e Sergio Marchionne nella primavera del 2009, quando Chrysler uscì dal Chapter 11 con l’aiuto di Fiat.
Restano sul tavolo due questioni fondamentali: quella sulla sede, legale e fisica, del futuro gruppo (Cnh Industrial, anch’essa nata da una fusione, ha fatto rotta sull’estero); e quella sulla strategia industriale, in particolare su quanti saranno e dove si dirigeranno gli investimenti indispensabili per fra fronte a una concorrenza sempre più agguerrita. Su entrambi i temi il sistema-Italia ha ancora carte da giocare, ma deve giocarle bene.