Stefano Zaino, La Repubblica 2/1/2014, 2 gennaio 2014
SABINE, CHE SPIEGA AL MONDO LA TRAGEDIA DEL CAMPIONE
DALLA macchina per scrivere all’elegante ufficio di Ginevra, da dove gestire l’universo Schumacher. È questa, in 14 anni, la metamorfosi di Sabine Kehm, tedesca di Bad Neustadt, un tempo cronista sportiva d’assalto, nella redazione del Suddeutsche Zeitung, calcio, tennis e soprattutto sci (inviata alle Olimpiadi di Nagano), rara Formula 1, poi portavoce del campione tedesco e infine, da marzo 2010, manager che filtra tutto ciò che riguarda il fenomeno del volante.
È lei la signora bionda, 46 anni, che ieri ha affrontato le telecamere di tutto il mondo, la stessa persona che dal 2000 segue Schumacher come un’ombra, sino a diventare la quinta componente della famiglia, l’altra persona matura dell’adulto irrisolto Michael, insieme alla moglie Corinna, e pure un po’ balia dei figli diventati grandi e che ha visto crescere: la primogenita Gina Maria e il fratello Mick. Una di casa, che frequenta con assiduità la residenza svizzera del campione, tanto è vero che da tempo ha lasciato la Germania e si è trasferita nella vicina
Ginevra, «perché — ama raccontare — qualsiasi parola che esce dalla sua bocca fa il giro del mondo, ogni suo gesto ha un impatto mediatico tremendo e bisogna essere sempre pronti a parare ogni colpo». Schumi, da quando l’assunse nel novembre del 1999 per sostituire un portavoce tedesco, Heiner Buckinger, con cui era entrato in conflitto, di lei si fida ciecamente. E con lei condivide ogni spostamento, tranne rari casi, come quando, fu lei a svelarlo, con amici tedeschi andò in un locale gay: «Poi mi avvertì e lo ringraziai ironicamente, visto che lo avevo già letto su tutti i giornali».
Sabine, presenza discreta, non ha mai rivelato nulla dei segreti di Michael, persona ossessionata dalla privacy, benché potrebbe facilmente raccontare di come cucina gli spaghetti con oli speziati o di come gioca a piedi nudi con i figli in salotto. Sabine è una sfinge, e questo le ha permesso di guadagnarsi una stima illimitata, perenne ombra di Schumacher in Ferrari, nell’interregno fra la prima e la seconda carriera, in Mercedes e dopo il definitivo ritiro dalla F1. Un lavoro che ha condizionato la sua vita e chissà come sarebbe andata a finire, se nel 1999, non avesse abboccato al trabocchetto dell’allora manager Weber: l’aveva contattata per seguire Ralf, il fratello minore. Lei aveva detto sì comunque e nel colloquio si trovò davanti Michael. «Mi disse che era poco disponibile con i giornalisti dopo le gare, avrei dovuto pensarci io. Gli risposi: fidati di me». Lo sta facendo ancora ora. Lottando tra la vita e la morte a Grenoble.