Paolo Griseri, La Repubblica 2/1/2014, 2 gennaio 2014
TUTTA LA CHRYSLER NELLE MANI FIAT
TORINO Gli Agnelli sono gli unici proprietari della Chrysler. Sergio Marchionne ha trovato l’accordo con il sindacato americano e il fondo Veba: un’operazione da 4,3 miliardi di dollari.
MA DALLE casse del Lingotto usciranno solo 1,75 miliardi in contanti. «Un accordo storico per far nascere un’azienda globale», ha commentato ieri sera il manager di Torino. «Aspettavo questo momento da quattro anni», ha aggiunto il presidente John Elkann.
L’intesa avrà validità dal prossimo 20 gennaio quando sarà effettuato il closing con lo scambio delle azioni. Il valore complessivo, 4,3 miliardi di dollari, non è molto distante dai 4,2 miliardi ipotizzati nelle settimane scorse dagli analisti dei maggiori istituti di credito. Ma, contrariamente a quel che ci si attendeva, l’operazione graverà per molto meno sulle casse del Lingotto tanto che il comunicato diffuso ieri sera a Torino afferma lapidario: «Non è previsto un aumento di capitale da parte di Fiat».
I 4,3 miliardi di dollari che arriveranno al fondo assistenziale del sindacato, il Veba, in cambio del 41,5 per cento di azioni ancora detenuto dagli uomini di Bob King, sono la somma di tre diverse voci. Fiat verserà 1,75 miliardi di dollari cash utilizzando la liquidità in capo al Lingotto. Altri 1,9 miliardi arriveranno da un dividendo straordinario che Chrysler pagherà ai suoi azionisti, cioè a Fiat e Veba. Di quel denaro, 1,1 miliardi circa sarebbero dovuti andare a Fiat in quanto titolare del 58,5 per cento della casa di Detroit. Ma il Lingotto ha rinunciato alla sua quota girandola, in base all’accordo firmato ieri, al fondo Veba. Infine la terza parte della quota sarà pagata da Fiat con un versamento complessivo di 700 milioni di dollari pagato in quattro anni in quattro tranche e legato a premi di produzione e investimenti sul processo lavorativo che andranno a vantaggio dei dipendenti. Così, riassumendo, la quota Veba verrà pagata per 1,750 miliardi di dollari direttamente da Fiat, per 1,1 miliardi da Chrysler e per altri 700 milioni dalla nuova società che nascerà dalla fusione tra Fiat e Chrysler. Anche il sindacato americano opera una sorta di redistribuzione interna dei proventi: 3,6 miliardi andranno all’assistenza medica ai pensionati di Chrysler mentre 700 milioni finiranno, sotto forma di incentivi, agli attuali dipendenti della casa di Detroit.
Dopo il closing del 20 gennaio si aprirà il grande capitolo della fusione tra Fiat e Chrysler, obiettivo finale della partita iniziata da Marchionne 4 anni fa quando Torino rilevò l’azienda Usa dal fallimento pilotato. La fusione, tecnicamente non necessaria (Chrysler potrebbe teoricamente rimanere una società del gruppo Fiat), lo è strategicamente nei disegni degli Agnelli. La creazione di un’unica società globale dovrebbe arrivare entro la prossima estate. Si dovrà decidere dove sarà quotata la nuova company e dove avrà la sede legale. Ma soprattutto dove avrà il suo quartier generale. Questioni che interrogheranno nelle prossime settimane i sindacati e la politica in Italia. Fino a ieri sera istituzioni e partiti nazionali non avevano reagito all’annuncio mentre da parte sindacale sia la Fim, con Ferdinando Uliano, che la Uilm, con Rocco Palombella, hanno commentato positivamente l’intesa chiedendo che ora questa sblocchi gli investimenti in Italia. La speranza è che la fusione consenta a Torino di spendere una parte degli utili Chrysler per riorganizzarsi in Europa. Ciò che fino ad oggi non è consentito per le clausole che Chrysler ha firmato nei mesi scorsi con le banche americane per ottenere i prestiti. Clausole che andrebbero evidentemente ricontrattate con la nascita della nuova società di fusione. Il Consiglio di amministrazione Fiat del 30 gennaio scorso servirà a capire le future mosse del Lingotto. L’accordo storico, raggiunto da Marchionne ben al di sotto delle previsioni della Borsa, chiude di fatto la fase aperta nell’aprile del 2009 con l’ingresso di Fiat nel capitale di Auburn Hills. Oggi Fiat può dire di essere davvero diventata un gruppo globale.