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 2014  gennaio 02 Giovedì calendario

L’ALTER EGO DI SICILIANO È UN GIOCATORE DI TENNIS


La sua città è «nuda», mostrata nella tersa verità di un’epifania inattesa: vicina, silenziosa, scarnificata. A Palazzo Te di Mantova Bernardo Siciliano presenta la sua The naked city in un’importante antologica (sino all’11 gennaio) nella quale unisce paesaggi urbani con intensi ritratti di memoria familiare e una importante serie di disegni, tra cui molti autoritratti. Ed è proprio uno di questi ritratti a offrire lo spunto per il titolo della mostra: The tennis player . Ovvero il compagno di gioco a tennis (un reale amico newyorkese), occasione per dare vita a un alter ego nella grande sfida della pittura: un altro da sé, con il quale costruire un costante confronto tra sguardo e rappresentazione, tra percezione e realtà.
Come in un racconto di Borges il dipingere di Siciliano è un costante gioco tra verità e finzione, un dialogo interiore in cui l’artista si mette a nudo per entrare in un corpo a corpo con la pittura, tanto da ritrarre simbolicamente il suo alter ego in una sofferta rappresentazione classica: il Cristo morente sulla croce. Anche qui in una nudità cruda, intensa, arricchita da una pittura precisa, dolorosa, inquieta. «L’inquietudine resiste in chi osserva la tela di Bernardo Siciliano», scrive Angelo Crespi, presidente del Centro internazionale d’Arte di Palazzo Te, presentando la rassegna. E aggiunge: «Credo sia la forza della pittura e della sua urgenza, una forza dirompente».
È vero. Siciliano appare come uno dei pochi artisti delle nuove generazioni (è nato a Roma nel 1969) che difende il valore della pittura come linguaggio ancorato alla tradizione della figurazione. Una scelta coraggiosa che persegue con ostinata determinazione a New York, dove è approdato nel 1996: ha uno studio senza finestre a Brooklyn, dipinge con la luce artificiale, cucina piatti italiani, beve ottimo vino e difende con forza la sua storia culturale, sedimentata e maturata grazie alle visite sin da bambino delle chiese romane e ai preziosi incontri familiari: Bernardo è figlio dello scrittore e critico Enzo Siciliano ed è stato naturale per lui frequentare poeti, scrittori, registi e artisti, il meglio della cultura italiana di allora.
Così, nel cercare una sua personale strada, dopo aver lasciato Roma (dove ha esordito a soli 17 anni con una serie di pastelli nella galleria di Carlo Virgilio) Bernardo Siciliano dà corpo al suo talento di pittore, legandosi completamente a una ricerca dedicata al ritratto (in mostra, uno potente della madre) e a solenni paesaggi metropolitani, tutti newyorkesi.
Michele Bonuomo, nel bel testo che introduce il catalogo Skira (arricchito anche da interventi di Sandro Veronesi e Lorenzo Pavolini) ricordando il legame dell’artista con New York sottolinea: «Come un voyeur Bernardo la scruta e la dipinge senza posa. Spoglia la città come spoglia le sue modelle. Se ne impossessa senza mai indulgere a patetismi letterari: ama Hopper ma non è un suo epigono. Coglie la luce che riscatta le periferie desolate e illumina di freddi chiarori i docks, e la fa sua. Bernardo è un pittore italiano che ha appreso le regole della prospettiva da Piero della Francesca e dai disegni italianissimi del nonno architetto».
I dipinti di Siciliano portano davvero alla tradizione della nostra storia dell’arte. Non solo quando Siciliano traccia una griglia nella quale la pittura delle città trova forma, ma anche nei sensuali ritratti di modelle in cui il loro corpo ostenta il sesso ma dove il centro del dipinto è altrove, in un dettaglio quasi nascosto: una mano, un occhio... Ancora una volta la verità della percezione è messa in dubbio; prevale, sempre, l’ambiguità dello sguardo.
In fondo, Bernardo Siciliano racconta con forza solo l’enigma della vita.