Giovanni Caprara, Corriere della Sera 2/1/2014, 2 gennaio 2014
SAMANTHA, AMALIA E SERENA LE TRE ITALIANE NELLO SPAZIO
Il 2014 sarà scintillante per lo spazio italiano anche perché avrà tre volti femminili che accompagneranno due imprese europee attese da tempo. Il prossimo novembre Samanta Cristoforetti, milanese d’origine (36 anni) ma cosmopolita nella vita, volerà sulla stazione spaziale internazionale soggiornandovi per sei mesi. È la prima astronauta italiana e la seconda a salire in orbita con la tuta dell’agenzia europea Esa.
«Il 30 novembre decollerò da Baykonur su una navicella Soyuz e sono molto felice» dice Samantha. E l’ultima parola ama spesso pronunciarla accompagnata da un sorriso che sottolinea la passione per l’imminente avventura. Quando venne selezionata nel 2009 dall’Esa assieme ad altri cinque colleghi maschi (è rimasta l’unica donna del corpo astronauti) disse subito: «Sono cresciuta con il sogno dello spazio chiuso nel cuore e nella mente. Il caso mi ha favorito: sono felicissima». In realtà c’era ben altro oltre il caso se era stata preferita tra le 8.413 domande giunte da tutti i Paesi dell’Unione. Dopo la laurea in ingegneria meccanica al Politecnico di Monaco di Baviera varcava la soglia dell’Accademia aeronautica di Pozzuoli diventando pilota e prendeva una seconda laurea in ingegneria aeronautica. E poi volava sui caccia Amx con i gradi di capitano. Se ha raggiunto il sogno cosmico lo deve alla sua determinazione e al suo carattere che zampilla ben definito quando le si parla. «La tv? Non la guardo mai, non mi interessa, anzi l’ho venduta perché ingombrava la casa». Non è sposata e per il resto aggiunge: «Sono cose personali». Complicato arrivare al risultato desiderato? «Di difficile non ho trovato nulla, solo una snervante attesa». E la moda? «Mi affascina solo la tuta spaziale». La passione per le stelle ? «Nulla di particolare: non ho visto lo sbarco sulla Luna ma ricordo con emozione le immagini degli astronauti che riparavano il telescopio spaziale. Mi ha aiutato la fantascienza: sono una fanatica di Star Trek». E pensando al futuro «sogno di sbarcare sulla Luna», ammette. Sulla stazione manovrerà i bracci robotizzati, però si è preparata anche per una passeggiata spaziale. «Avrò il privilegio — nota con consapevolezza — di essere una abitante della grande casa cosmica e per questo mi impegnerò a condividere la straordinaria esperienza attraverso Twitter».
Sempre in novembre una piccola mini-sonda robotizzata si staccherà dalla sonda spaziale Rosetta dell’Esa in viaggio da dieci anni, sbarcando sul nucleo ghiacciato della cometa Churyomov/Gerasimenko. È la prima volta che accade e per sondare il mistero dell’astro con la coda compirà un’operazione tanto difficile quanto preziosa. Con una trivella perforerà il suolo e lo analizzerà trasmettendo i risultati sulla Terra. La «madre» di questo straordinario strumento costruito a Milano da Selex Es è Amalia Ercoli Finzi del Politecnico milanese. Amalia è stata la prima signora in Italia a insegnare come volare nello spazio entusiasmando schiere di studenti perché, per Amalia, il cosmo è prima di tutto la dimensione più bella da comunicare ai giovani. Nel frattempo ha cresciuto cinque figli. «Non è stato facile — dice —. Ma nella nostra famiglia tutti sanno che ognuno deve fare la propria parte. Una donna non può essere solo a casa o al lavoro. Ci sono gli interessi, la carriera. Non ci si deve negare nulla, l’importante è avere fiducia e mettersi d’impegno».
«Sono emozionata — ammette —, dopo tanti anni d’attesa incrocio le dita perché quei delicati strumenti funzionino come li abbiamo disegnati. La cometa sarà a 675 milioni di chilometri dalla Terra e dovremo fidarci dei nostri apparati che potrebbero scoprire molecole organiche, i mattoni della vita».
Adesso, a 76 anni, Amalia è professore emerito e oltre a seguire lo sbarco cometario di cui è protagonista sta partecipando con i suoi giovani studenti alla competizione internazionale X-Price per lo sbarco di una sonda sulla luna che i suoi allievi hanno battezzato, guarda caso «Amalia», acronimo di una magnifica espressione latina: Ascensio Machinae Ad Lunam Italica Arte.
Ma la piccola e intelligente sonda di cento chilogrammi che si adagerà sul nucleo della cometa largo quattro chilometri, porta il terzo nome italiano delle imprese dell’annata. Quando si trattò di battezzarla l’Esa bandì un concorso tra le scuole europee e alla fine scelse la proposta avanzata da Serena Olga Vismara di Arluno, vicino a Milano. Allora era una studentessa di 14 anni del liceo umanistico ma appassionata di spazio. Serena avanzò il nome Philae che era l’isola sulla quale venne scoperta la stele di Rosetta che permise di decifrare i geroglifici e il mondo egizio. «Pensai — racconta — a qualcosa che fosse legata proprio alla stele e mi sembrò spontaneo immaginare il luogo dove venne trovata». Così convinse i commissari europei. Allora fece a se stessa due promesse: «Studierò ingegneria spaziale al Politecnico e voglio fare l’astronauta». La prima è stata mantenuta e per la seconda è sulla buona strada.