varie, 2 gennaio 2014
Cravatta per Sette - Siccome in Gran Bretagna quasi più nessuno indossa la cravatta, sta per chiudere la catena Tie Rack (del gruppo italiano Fingen), specializzata nell’articolo
Cravatta per Sette - Siccome in Gran Bretagna quasi più nessuno indossa la cravatta, sta per chiudere la catena Tie Rack (del gruppo italiano Fingen), specializzata nell’articolo. Tie Rack, che inventò la cravatta “Glasnost”, con bandiere degli Usa e dell’Urss intorno a una colomba. La mise George Bush senior nel 1989, al vertice di Malta con Gorbaciov. Amazon, Google, Microsoft, eBay hanno liberato da tempo i dipendenti dall’obbligo della cravatta. Portatori di cravatte nel mondo: seicento milioni di persone. La parola deriva dal francese “cravate”, derivante a sua volta dal termine “hrvat”, che vuol dire “croato”. Infatti i cavalieri croati, assoldati da Luigi XIV, portavano al collo una sciarpa. In origine era apostrofata come “sciarpa croatta” poi abbreviata in “croatta” e dunque “crovatta”. I primi ad esibire un fazzoletto annodato intorno al collo furono i soldati dell’imperatore cinese Quin Shih-huang (quelli scolpiti in terracotta per montare la guardia al suo mausoleo nel 221 a. C). Anche gli antichi romani si proteggevano il collo con pezzi di stoffa detti focalium (da fauces, gola), ma era segno di salute cagionevole ed effeminatezza. Enrico VIII lanciò la moda della gorgiera. Lo scultore Grinling Gibbons (1648-1721) scolpì una volta una cravatta di legno, annodata più o meno alla Lavalliére e ne fece dono a Horace Walpole. Costui la indossò una sera del 1769 in cui aveva ospiti certi francesi illustri. I servitori di costoro tornarono in patria convinti che in Inghilterra andassero di moda cravatte lignee. Lord Brummel, cravatte di mussolina leggermente inamidate, sempre bianchissime. Il valletto gliene portava ogni mattina una quantità, lord Brummel tentava il nodo e, se non era perfetto, gettava subito la cravatta al suolo facendosene porgere un’altra. Il valletto, interrogato da un visitatore mattiniero che s’era trovato in un mare di mussolina, rispose sconsolato: «Quelli sono i nostri fallimenti». Quasi tutti i nodi della cravatta hanno nomi inglesi, dal semplice “four in hand” ai sette passaggi del St. Andrew, fino agli otto dell’ingombrante e impossibile Windsor. Il nodo della cravatta più usato è il cosiddetto “tiro a quattro” (“four in hand”). Prende il nome dal club di Londra i cui soci lo inventarono, verso la metà dell’Ottocento. Non bisogna stringerlo, per evitare che assuma una forma troppo triangolare. Con una pressione del dito indice si può anche creare un piccola cavità subito sotto il nodo: i francesi la chiamano cucchiaio, gli inglesi fossetta. Mitiche quelle che riuscivano a Cary Grant e Fred Astaire. Alla fine degli anni Novanta, due ricercatori, Thomas Fink e Yong Mao del Laboratorio Cavendish dell’Università di Cambridge, hanno dimostrato attraverso modelli matematici che una cravatta convenzionale ha esattamente 85 nodi possibili. Il mezzo Windsor è il nodo più duttile, si adatta a quasi tutti i colletti, richiede sei passaggi. Il modello Windsor intero (ma il duca di cui porta il nome, quello che per amore rinunziò al trono d’Inghilterra, non solo non lo inventò, ma addirittura non lo usò mai) presuppone otto passaggi ed è molto ampio. Balthus s’inventò un nodo a tronco di cono. «Una cravatta ben annodata è il primo passo serio nella vita» (Oscar Wilde). Le Regimental a strisce che vanno dalla spalla sinistra al fianco destro in Inghilterra sono ancora usate per sottolineare l’appartenenza a un club. Quando a New York Brooks Brothers decise di imitarle, per rispetto disegnò le strisce dalla spalla destra al fianco sinistro. Ginevra Bompiani ricorda di aver conosciuto lo scrittore Juan Rodolfo Wilcock a una colazione ufficiale: «Portava come cravatta sulla camicia un laccio da scarpe». Le spiegò misteriosamente: «È un gioco di parole: fra callo e collo». La cravatta, secondo alcuni, rivela la personalità di chi la indossa. I decisionisti si riconoscono dai motivi rigati, i diplomatici privilegiano modelli con stampe a griglia di staffe e catenelle. Molti banchieri rampanti di Wall Street scelgono il giallo acidulo. Mentre i polka dot (i pois), sono per chi non vuole svelarsi, ma desidera emergere accontentando tutti. Oltre alle fantasie bisogna osservare anche i nodi, rivelatori dei gusti sessuali. Il nodo grosso è tipico di chi possiede una sessualità esuberante, ma anche aggressiva e volgare. Il mezzo Windsor si ritrova al collo delle persone equilibrate, raffinate e ben educate. Lo scappino è per i precisi. Il sadomaso adora le cravatte sottili, a cappio, magari in cuoio. Adriano Galliani ha centinaia di cravatte gialle, che indossa per andare allo stadio: «Non è scaramanzia, è un fattore cromatico. Non ho grande fantasia: indosso sempre giacca blu, camicia bianca, pantalone grigio scuro, scarpa marrone scuro, cravatta gialla». Moravia metteva cravatte dai colori vistosi («così chi mi avvicina per parlarmi del mio ultimo romanzo, finisce per discutere della mia cravatta») e suggeriva, come abbinamento più trasgressivo, di indossare cravatte dello stesso colore della camicia: cravatte rosse su camicie rosse, verdi su camicie verdi ecc. Aristotele Onassis la sceglieva quasi sempre nera: ne ordinava a dozzine, tutte uguali, da Marinella a Napoli. Maurizio Marinella, dell’omonimo marchio di cravatte, porta solo cravatte difettate, sempre a fondo scuro. L’ultima volta che Maurizio Marinella vide l’avvocato Agnelli, suo cliente: «Era di cattivo umore e mi disse: “Non ho voglia di scegliere una cravatta, fammi dodici cravatte nere”». Antonio Caprarica ha circa seicento cravatte. Picasso non portava cravatta, Stalin nemmeno, Hitler sempre, Marx pure, ma nascosta dalla barba. Nei primi anni Sessanta un giovane funzionario del Pci andò a trovare Ugo Gregoretti per convincerlo a iscriversi al partito: «Io cercavo di schermirmi. “Come può entrare nel Pci uno che ha duecento cravatte?”. Ebbe un colpo di genio. “Il compagno francese Louis Aragon”, mi ricordò, “di cravatte ne ha quattrocento. E un centinaio di foulards”. Mi sembrò che pensasse: è fatta. Mi arresi. “Quand’è così, dammi ’sta tessera”». Fausto Bertinotti possiede decine di cravatte firmate da Luca Roda, stilista bresciano. Roda firma anche le cravatte di Bush, de Villepin e Koizumi. Fini indossa soprattutto Hermès e Roda, Casini ama Hermès e Ferragamo. Berlusconi porta le cravatte realizzate dalla seteria comasca Canepa. Per i regali invece predilige Marinella. Luigi Abete, Diego Della Valle, Carlo Rossella, Enrico Mentana si dividono tra Battistoni, Roda e Finollo, che era uno dei preferiti di Gianni Agnelli insieme a Marinella. La regola che impone la cravatta agli uomini per entrare in Senato fu sancita da Francesco Cossiga nel 1984. I commessi, all’entrata, ne danno una (di scarsa qualità e già annodata) a chi ne è sprovvisto. Deve essere riconsegnata all’uscita, ma ogni anno ne spariscono una trentina. Giorgio Armani una volta se la prese coi mezzibusti tv che indossano cravatte «rosa, fucsia, giallo vigliacco». Marchionne si è messo la cravatta solo per andare in Vaticano e per una visita al Quirinale. Gli ospedali inglesi hanno vietato ai medici di portare le cravatte. Motivo: raramente vengono lavate e dunque portano in giro microbi da un paziente all’altro. Tutto partì dalle analisi a 42 cravatte fatte da un giovane medico: sulla metà di esse si annidava una grande quantità di batteri, tra cui il letale Stafilococco aureo. Consigli di Maurizio Marinella per valutare la qualità di una cravatta: «Tenetela per il capo della parte stretta, e osservate come cade. Se tende ad avvitarsi, anche di poco, c’è qualcosa che non va. Provatene anche l’elasticità: prendetela per gli estremi, tirate, se non torna alla sua lunghezza iniziale lasciate perdere». Cure: «Evitate di usarla per due giorni di fila, non lavatela mai in acqua: è composta di materiali diversi, ognuno si restringerebbe a modo suo, facendole perdere ogni forma. Meglio il lavaggio a secco, meglio se presso gente specializzata. Quando è molto sgualcita, appenderla nella stanza del bagno, affidando al vapore che sale dall’acqua calda il compito di massaggiare le fibre». Far asciugare su un piano orizzontale. «Ditemi che ho sbagliato una battuta, ma non una cravatta» (David Niven, che infatti possedeva tre intere stanze piene zeppe di cravatte, suddivise ordinatamente per colori e fantasie).