varie, 2 gennaio 2014
Diamanti per Sette – Algordanza è una fabbrica svizzera dove le ceneri dei defunti vengono trasformati in diamanti
Diamanti per Sette – Algordanza è una fabbrica svizzera dove le ceneri dei defunti vengono trasformati in diamanti. Occorrono da 3 a 6 mesi di lavoro, al termine dei quali la pietra preziosa è restituita al cliente, che può decidere di incastonarla in un gioiello. In media da un corpo cremato si ottengono da 1,5 a 3 kg di polvere; per un diamante occorrono 500 grammi. Una volta giunta in laboratorio, la polvere è pesata e analizzata per misurare la quantità di carbonio. Poi le ceneri vengono «cucinate» con acidi e basi, quindi filtrate e lasciate asciugare per 10 giorni. Si ottiene dapprima il carbonio, poi la grafite. A questo punto comincia la lavorazione fisica: la polvere è versata in piccoli cilindri che vengono inseriti nei diamantizzatori, macchinari da 300mila euro. Sottoposta a fortissima pressione e cotta a 2.500 gradi centigradi, la grafite diventa diamante. Più si lascia la polvere in lavorazione, più aumentano carati e peso del diamante. Costo: da 3.500 a 13mila euro (Iva esclusa). Diamante deriva dal greco ἀδάμας, incorruttibile. Formata da carbonio puro che ad altissime temperature si cristallizza, questa pietra ha una forza strutturale in grado di sopportare un peso pari a tre volte quello dell’Empire State Building di New York. Il diamante è carbonio, come la grafite delle matite. Punto di fusione a 6.900 gradi Fahrenheit, cioè due volte e mezzo quello dell’acciaio. Si formò miliardi di anni fa per le alte temperature e la forte pressione. Non esistono notizie certe sul primo diamante mai ritrovato. A questa gemma si accenna in epoche molto antiche. Al versetto 18 del XXVIII capitolo dell’Esodo si racconta dell’alto sacerdote degli ebrei che indossava il pettorale del giudizio adornato da 12 pietre preziose. Tra queste, uno yahalom, un diamante. Esiodo usa la parola “adamas” per descrivere una gemma «di straordinaria robustezza»; Plinio il Vecchio, nove secoli dopo, nella Naturalis Historia definisce adamantinum una pietra «dalle bellezze immense e di durezza invincibile». Fino al XVIII secolo i diamanti provenivano dall’India, l’area più importante era Golconda. Nel 1725 la scoperta di diamanti in ghiaie fluviali del Brasile, poi nel 1866 anche in Sudafrica. Gli Stati da cui vengono estratti la maggior parte dei diamanti sono: Botswana, Namibia, Sudafrica, Angola, Zaire, Australia, Canada. Da soli, questi Paesi garantiscono il 90% dell’approvvigionamento mondiale. L’India gestisce il 55% del mercato della pulitura e del taglio dei diamanti, importati soprattutto dal Belgio e acquistati da De Beers, Alrosa, Bhp Billiton ecc. I maggiori produttori di diamanti al mondo sono: De Beers (sudafricano, ha una quota di mercato del 40%); Alrosa (russo, monopolizza il 95% della produzione del proprio Paese e si accredita il 20% di quella mondiale); Bhp Billiton (anglo-australiano, nel 2008 ha prodotto 3,34 milioni di carati grazie alle miniere di Ekati, in Canada); Rio Tinto (sudamericano, ha giacimenti in Australia, Canada e Zimbabwe); Lev Leviev (ebreo nato in Uzbekistan, estrae diamanti in Angola). Si stima che siano state estratte finora 350 tonnellate di diamanti. Approssimativamente devono essere estratte e lavorate 250 tonnellate di materiale minerario per ottenere un diamante di un carato di buona qualità. Il 75% circa dei diamanti prodotti sono di tipo industriale e non sono utilizzabili come gemme. Prendono il nome di carbonado, ballas e bort. Le trivelle usate nelle miniere hanno la testa in diamante. Lo stesso discorso vale per le testine dei grammofoni, per alcune parti del motore a scoppio ecc. La Nasa usa i diamanti nelle apparecchiature che attraversano lo spazio. A 40 anni luce dal nostro sistema solare è stato osservato un pianeta grande due volte la Terra e composto in gran parte di diamanti. Un team di scienziati messicani ha scoperto che con la tequila si possono produrre diamanti. Gli autori della ricerca, delle università di Querétaro e Nuovo Leon, sono stati capaci di produrre diamanti sintetizzando acetone, etanolo, metanolo e, appunto, tequila. Miguel Apátiga, capo del progetto: «I diamanti ricavati sono talmente piccoli, microscopici, che non sono visibili a occhio nudo. Non si addicono quindi per la produzione di gioielli». Nanodiamanti messi in lavatrice puliscono a meraviglia i panni sporchi. Lo hanno capito i chimici dell’Università di Warwick (Regno Unito): le pietruzze, dal diametro di 5 nanometri (un decimillesimo di un capello), modificano il comportamento dei detersivi già alle basse temperature, raddoppiando la quantità di sporco che le polveri normalmente in commercio riescono a eliminare. Colour, clarity, carat weight e cutting sono i criteri che determinano il prezzo di un diamante. I diamanti più valutati nelle aste: il Graff Pink, 24,78 carati, 46,2 milioni di dollari, di colore rosa, venduto nel 2010; il Princie Diamond, trovato 300 anni fa nelle miniere di Golconda (India), 34,85 carati, 39,3 milioni di dollari, di colore rosa, venduto a New York lo scorso aprile; Absolute Perfection, 101,73 carati, 26,7 milioni di dollari, il più grosso diamante puro e incolore mai messo all’asta, comprato dal gioielliere americano Henry Winston a maggio; il Whittelsbach Diamond da 35,56 carati, 24,3 milioni di dollari, acquistato nel 1664 da re Filippo IV di Spagna e passato attraverso alcune dinastie europee, venduto all’asta nel 2008; Archduke Joseph Diamond, da 76 carati, 21,5 milioni di dollari, il cui nome si deve al primo proprietario, l’arciduca Giuseppe Augusto d’Austria. Anonimo il compratore, a novembre 2012. «Dal 1992 a oggi – spiega Claudio Giacobazzi, consigliere d’amministrazione di Intermarket Diamond Business (Idb), azienda leader nell’intermediazione dei diamanti di investimento – il diamante si è rivalutato ben più dell’oro e dell’Eurostoxx 50, perchè il mercato è controllato dalla sudafricana De Beers che pianifica con grande attenzione gli stock da immettere sul mercato». Su jewmia.com si possono noleggiare diamanti. Per esempio una fascia di brillanti costa 256 euro al giorno, 320 per un weekend. Il diamante più famoso è forse il Koh-I-Noor. Si sa che agli inizi del 1300 apparteneva al Rajà di Malwa, che lo teneva incastonato nel suo trono. Nel 1526 finì, come bottino di guerra, nel tesoro del sultano Baber, fondatore della dinastia mogol (in India) e vi restò fino al 1739, epoca dell’invasione persiana di Nadir-shah. Secondo la leggenda, una delle concubine del sultano sconfitto rivelò allo scià che il suo padrone nascondeva la preziosa gemma nel turbante. Nadir invitò allora il sultano a una festa, nel corso del quale gli propose di scambiare il turbante con il suo. Il sultano non ebbe scelta e consegnò il turbante allo scià che, nel vedere il gioiello, esclamò: «Koh i noor!», che significa «Montagna di luce». Nel 1849 la Compagnia delle Indie se ne impadronì e l’offrì alla regina Vittoria, che lo fece tagliare da un gioielliere di Londra. Ora è di 108,93 carati e si trova nella corona della regina Elisabetta. Si ritiene che il Koh-I-Noor porti molta sfortuna – addirittura la morte – a qualunque maschio osi indossarlo o solo possederlo. E che invece sia fonte di fortuna per le donne che lo posseggono. Un sondaggio effettuato dall’Osservatorio sul mercato del gioiello: il 78% delle donne, fra tutte le pietre preziose, preferisce i diamanti. «Non ho mai odiato un uomo tanto da ridargli i diamanti» (Zsa Zsa Gabor). Richard Burton nel 1968 regalò a Liz Taylor un diamante da 33.19 carati solo «perché era martedì». Era così grosso che lei lo chiamava “Baby”. Lo portava sempre e diceva: «Mi dà una strana sensazione di bellezza». Ancora su Taylor-Burton. Durante le vacanze di Natale del ’70 a Gstaad, lui le promise un diamante se fosse riuscita a batterlo a ping pong con almeno 10 punti di distacco. Vinse la Taylor, Burton corse dal gioielliere e, già che c’era, di brillanti ne comprò tre, subito ribattezzati «i diamanti ping-pong». La tradizione dell’anello di fidanzamento con diamante si instaurò nel 1477, quando l’Arciduca Massimiliano d’Austria donò un anello con diamanti a Maria di Borgogna. La ragione per cui le donne indossano l’anello all’anulare della mano sinistra risale invece ai primi Egizi: credevano che la vena amoris (la vena d’amore) corresse direttamente dal cuore alla punta dell’anulare della mano sinistra. «Quando Mick Jagger doveva farsi perdonare qualche marachella, mi regalava diamanti. Quindi, come si può ben immaginare, ho accumulato parecchi di questi “gioielli del rimorso”, ma non li metto mai, perché mi riportano alla mente troppi brutti ricordi» (Jerry Hall, ex compagna del cantante dei Rolling Stones). «Il principe d’Orange: “Mi hanno detto che il vostro amore dava le vertigini”. La cortigiana: “E a me, Monsignore, che il vostro amore dava dei diamanti”» (Giuseppe Scaraffia). «Se una donna desidera un diadema di diamanti, vi spiegherà che è per evitarvi di comperarle un cappello» (Jerome Klapka Jerome).