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 2013  dicembre 30 Lunedì calendario

CONDOMINIO PROUST: QUATTRO FAGIANI ALLA VICINA DEL 3° PIANO


«Madame Williams deve sapere», pensò Proust. Ma come dirglielo… Studiò un po’ e poi trovò. Inviandole due numeri delle Nouvelle Revue Française che pubblicavano degli estratti della Recherche, le scrisse: «All’inizio ci si poteva stupire che Swann affidasse sempre sua moglie a M. de Charlus, suo presunto amante, o insomma ci si poteva stupire che l’autore si prendesse la briga di riproporre dopo tanti vaudevilles di terz’ordine la cecità dei mariti (o degli amanti). Ora: nel numero di Giugno vedrete, poiché la prima indicazione del vizio di M. de Charlus vi appare, che la ragione per la quale Swann sapeva di poter affidare sua moglie a M. de Charlus era tutt’altra!». E aggiunge: «Non avevo voluto annunciarlo nel primo volume preferendo rassegnarmi a essere molto banale, perché si facesse la conoscenza del personaggio come nella vita dove le persone si scoprono solo un poco alla volta». Poi non resiste. Le dice tutto: «Nel terzo volume si vedrà che Swann si era tuttavia sbagliato: M. de Charlus aveva avuto un’unica relazione con una donna, ed era proprio Odette».
Glielo scrisse per lettera, una di quelle che era solito mandarle dal primo al terzo piano. L’elegante, delicata Mme Williams era infatti una condomina. Proust teneva a darle notizie di sé. Per anni intrattenne con lei uno scambio epistolare, ma nulla si sapeva dei contenuti fino a poco tempo fa. Quel fascio di lettere rimaste chiuse per un secolo in armadi privati, ora cedute al Musée des Lettres et Manuscrits, sono d’un tratto leggibili. Un solluchero, da godersi poco alla volta sfogliando il volume che Gallimard ha realizzato affidandone la cura a Estelle Gaudry e Jean-Yves Tadié, e che raccoglie le 23 missive inviate da Marcel alla vicina.
Inviate per posta, benché li separasse solo un piano. Al secondo, tra lui e lei, vi era lo studio dentistico del Dottor Williams, un americano, secondo marito della destinataria. Quelle due rampe di scale, Proust le fece forse solo una volta per incontrare di persona la vicina. Preferiva affidare alla penna ciò che aveva da dirle. Le risposte di lei non ci sono. Ma anche così, con le sole lettere di lui, si ricostruisce una relazione fatta di alati pensieri e insieme di pressanti richieste.
Sì, perché al 102 di boulevard Haussmann, negli anni cui risalgono queste 23 lettere, se Proust al primo piano scriveva la Recherche per lo più di notte e quando le crisi d’asma glielo permettevano, al piano di sopra il Dottor Williams ristrutturava, e i lavori – com’è naturale – si svolgevano di giorno, quando Proust avrebbe voluto riposare. Gettandolo in uno sprofondo fobico senza pari.
Questo però, come viene fuori in maniera inequivocabile dalla lecture suivie delle 82 pagine del libro, fu solo il pretesto. Certo, i martelli degli operai lo infastidivano, solleticavano la sua nevrosi – vanificando la nota imbottitura di sughero che aveva fatto realizzare per isolarsi dal mondo – ma presto quella che inizialmente era stata per lui una croce divenne una fonte di piacere. L’attesa, la speranza che i colpi tacessero lasciandolo preda del silenzio sognato: già quelle, da sole, sarebbero bastate a compensare il disagio sofferto. Ma ben di più contava la soddisfazione legata allo scambio che quei disagi occasionarono. Céleste, la celeberrima domestica di Proust, aveva capito. «… Era molto distinta, molto profumata… mi ricordo che suonava l’arpa… M. Proust diceva che erano una coppia disparata. Non credo che abbia conosciuto Mme Williams, ma si sono scritti e so che apprezzava il suo modo raffinato di esprimersi».
Proust non data le sue lettere, ma spesso indica l’ora in cui le verga sulla carta. È l’una. Una delle prime la scrive sotto forma di paradosso. Ringrazia la signora per aver cercato di preservare il suo riposo, e però la incita, sottolineando il passo, «a lasciar fare a partire da ora tutto il rumore possibile». È così sofferente, dice, che comunque non riposerebbe. Sono gli ultimi giorni del 1908. «Vi farebbero piacere forse dei fiori» aggiunge in post-scriptum. «E quali come dice Verlaine?». In un’altra lettera sono delle rose che le invia, ma verbali. Quelle d’autunno di D’Aubigné, di Verlaine, di Nerval, versi cui, dice, la prosa di lei è degna di essere avvicinata.
Anche Mme Williams spesso non sta bene, soffre di reni. «Mi rattrista, le scrive, sapere che ha tanto patito. A me sembra naturale essere malato. Ma la malattia dovrebbe risparmiare la Giovinezza, la Bellezza e il Talento!». Le manda allora quattro fagiani, e le promette la raccolta degli articoli che ha scritto per il Figaro, raccomandandosi tanto per lunedì 19. Dovrebbe uscire la sera e se durante il giorno i colpi di martello gli impediranno di riposare «la crisi d’asma non cesserà e l’uscita sarà impossibile».
Nell’ottobre del ’14, guerra, Proust è preoccupato per il fratello che è al fronte, teme per se stesso e scrive a Mme Williams di come il suo «povero segretario è annegato cadendo con l’aereo in mare». «L’immenso dolore che ho provato, e che continuo a provare, mi ha impedito di pensare ai problemi materiali, che non sono nulla a confronto di una sofferenza morale». «Aveva un’intelligenza rara, ed estremamente spontanea perché non aveva mai fatto alcun tipo di studi, era un semplice meccanico».
«Ho la memoria così stanca per le sostanze che prendo… Spesso vorrei scrivere con uno scopo puramente egoistico». Torna alla Recherche: «Il 2° volume da solo non significa gran che; è il 3° che proietta la luce e illumina i piani del resto». «Ma le descrizioni non mi soddisfano…»
Natale tragico, la cattedrale di Reims è danneggiata. «Mi piacerebbe ora che vostro marito e vostro figlio sono partiti e che vi sentite forse un po’ sola salire a tenervi compagnia… ma la realizzazione di questo va incontro a talmente tanti ostacoli».
Ottobre 1915, le manda fiori «come si manderebbe un’ala di farfalla». Vorrebbe sentirla suonare l’arpa, se stesse un po’ meglio. «Grazie ancora, Madame, delle vostre belle pagine imporporate di un profumo di rose».
La vicina la cui voce ignoriamo sarebbe morta misteriosamente suicida nel 1931, dopo aver sposato in terze nozze il pittore Braïlowski. Sia lei che Proust avevano dovuto lasciare boulevard Haussmann nel ’19 perché il palazzo era stato venduto a una banca.