Federico Fubini, La Repubblica 30/12/2013, 30 dicembre 2013
MPS, ALLARME A BRUXELLES DOPO IL RINVIO DEL
PIANO –
RASSICURATO dalle banche centrali, quello di questi mesi è un mercato che non giudica e non sanziona. Non lo ha fatto quando ha saputo che Angela Merkel teme che l’euro prima o poi “esploda”. Non c’è motivo di pensare che lo faccia, fuori dai titoli interessati, perché Mps rinvia un aumento di capitale dopo lo stop imposto dalla sua fondazione azionista che non vuole perdere di influenza.
GLI analisti non prevedono che la battuta d’arresto nel rafforzamento di Mps sollevi un’onda d’urto questa mattina fra gli investitori. Non di questi tempi. Il titolo della banca può sì scivolare, schiacciato dall’incertezza e dall’orizzonte della nazionalizzazione o di un aumento ancora più pesante tra pochi mesi. Ma non si prevede certo uno choc nello spread fra Bund tedeschi e Btp, il termometro di base della fiducia del resto del mondo nell’Italia La tranquillità dei mercati di questi giorni non è però una sentenza definitiva. Non significa che gli eventi attorno a Siena passino inosservati o non interessino il resto d’Europa come cartina tornasole sull’affidabilità di un intero Paese. Portare in sicurezza Mps con capitali privati evitando di far salire il debito pubblico per salvarlo, dargli una gestione e governo moderni sono visti oggi all’estero come un test per capire l’Italia. In gioco ci sono la sua capacità di contenere il debito, rafforzare per tempo le banche, emanciparle dalla politica e riattivare il credito dopo un crollo di 50 miliardi nei prestiti alle imprese solo nell’ultimo anno.
Su tutto questo, per il momento, Bruxelles tace. Dopo aver pressato Mps a raccogliere risorse fresche sul mercato, molte e presto, ieri la Commissione europea non si è lasciata sfuggire una parola di fronte allo stallo. Ma a Londra, Bruxelles o Francoforte i commenti della stampa internazionale saranno senz’altro sui tavoli di tutti. In Francia Les Echos parla del «pasticcio del salvataggio di una banca zombie» con il rischio che tutto «finisca con la vendita a pezzi della terza banca italiana sotto l’egida del Tesoro». Il quotidiano di Parigi non manca peraltro di far propria una domanda, attribuendola al presidente di Mps Alessandro Profumo: «La priorità delle autorità è di assicurare la sopravvivenza del sistema delle fondazioni o di mettere in sicurezza il sistema bancario italiano?» L’International
New York Times ricorda che i dubbi degli osservatori
esteri vanno ben oltre Siena: «Alcuni vedono la disputa fra i manager della banca e il suo primo azionista (la fondazione Mps, ndr) come lo scontro fra quelli che vogliono portare il sistema bancario italiano nel ventunesimo secolo e chi vuole invece preservare un antico mondo clientelare». Il riferimento,
neppure velato, è al modo in cui la fondazione di Siena ha gestito la banca come un veicolo per garantire il consenso degli elettori sulla politica locale.
Anche il Financial Timesvede un messaggio più generale nel rinvio in una ricapitalizzazione di Mps che diluiva l’antico ente azionista. «La mossa – scrive il quotidiano della City di Londra - mette in evidenza le divisioni nel settore bancario italiano nell’imminenza degli stress test europei del 2014». Con l’esame sui bilanci prima del passaggio della vigilanza alla Bce, vari istituti probabilmente dovranno rafforzare il capitale aprendosi a nuovi soci; ma Siena ora ricorda a tutti che non sarà facile, né scontato: le fondazioni controllate dalla politica si dimostrano ancora in grado di bloccare gli aumenti di capitale pur di non perdere la presa. Diventa dunque difficile escludere che lo Stato debba fare la sua parte per rafforzare certe banche. Per Mps il rischio adesso non è certo più lontano di quattro giorni fa. Ma uno scenario del genere su vari istituti piccoli e medi porterebbe un aumento del debito pubblico. Inoltre, con le regole europee in vigore, gli obbligazionisti delle banche sarebbero esposti a perdite sui bond prima che il governo possa intervenire: una prospettiva che già ora grava su Mps stesso se l’esame di bilancio europeo nel 2014 rivelerà carenze di capitale. Tutto ciò può scoraggiare gli investitori dal prestare alle banche italiane, facendo salire il loro costo di finanziamento e aggravando la stretta al credito per le imprese. Un mercato che non ama le sorprese ne ha dunque avute due. C’è stato lo stop al piano di Profumo, benché non fosse stato facile trovare investitori pronti a mettere tre miliardi in una banca che ne vale solo due e viene da anni di perdite. Ma l’altra è stata l’interferenza della politica su Mps, mai rintuzzata da nessuno anche quando il sindaco di Siena Bruno Valentini si pronunciava sull’ipotesi dimissioni di Profumo. È il segno di un’Italia che non cambia, secondo molti fuori dai confini. Ce n’è quando basta per motivare l’irritazione di Tesoro e Bankitalia, che vigilano su fondazioni e banche. Entrambi per mesi avevano chiesto all’ente Mps di non portare lo stallo a questo punto, ma nel Paese dei mille campanili neanche la moral suasion di Roma basta più. Se l’Italia aveva bisogno di incoraggiare i capitali esteri a sostenere la ripresa nel 2014, l’anno nuovo inizia decisamente sul piede sbagliato.