Sergio Romano, Corriere della Sera 30/12/2013, 30 dicembre 2013
LA PIAGA DEI DECRETI LEGGE MALE CRONICO DEL NOSTRO PAESE
A meno che io non abbia preso un abbaglio, in questi giorni ho assistito, e non è la prima volta, a una palese violazione della Carta costituzionale proprio da parte di coloro, governo e presidenza della Repubblica, che sarebbero tenuti a controllare che sia rispettata. L’art. 77 della carta istituzionale dice infatti: «Quando, in casi straordinari di necessità e d’urgenza, il governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve …». Ora, come lei sa, il governo Letta ha emesso un decreto legge per cancellare la legge sul finanziamento pubblico dei partiti con il parere favorevole del presidente della Repubblica che lo ha controfirmato.
La legge sul finanziamento è in vigore da oltre 20 anni e, ammesso che il decreto venga trasformato in legge, la fine dei finanziamenti avverrà, nel migliore dei casi, fra 4 anni nel 2017. A questo punto a me piacerebbe sapere quale sia il caso straordinario «di necessità e urgenza» che, come previsto dalla Costituzione, dovrebbe ricorrere perché il governo possa emettere un decreto legge.
Pietro Volpi
Caro Volpi,
Lo «scandalo» dei decreti legge è un appuntamento ricorrente della democrazia parlamentare italiana. Vi furono proteste per il loro uso eccessivo prima dell’avvento del fascismo e vi sono stati parecchi casi, negli ultimi decenni, in cui il presidente della Repubblica ha invitato i governi a non eccedere. Mi sembra che nel caso del finanziamento ai partiti il governo Letta, d’intesa con il capo dello Stato, volesse forzare la mano ai molti parlamentari riluttanti e dare un segnale al Paese in un momento in cui il malumore dell’opinione pubblica per la politica sprecona è palpabile. Vi sono casi in cui anche gli umori del Paese possono configurare un caso di «necessità e urgenza». Ma il problema esiste e andrebbe affrontato alle radici con una riflessione sulle ragioni per cui i governi in Italia ricorrono cosi frequentemente a uno strumento che dovrebbe essere usato con maggiore parsimonia.
La prima causa è la bulimia legislativa del Parlamento italiano. Si fanno troppe leggi su materie che in altre democrazie parlamentari sono trattate con ordinanze (come gli executive orders del presidente degli Stati Uniti) o decreti ministeriali. E vi sono leggi che conquistano una maggioranza in Parlamento soltanto dopo un fitto scambio di reciproci favori, come è accaduto nelle ultime settimane.
La seconda causa è il «bicameralismo perfetto». Se una legge deve essere approvata da entrambe le Camere e torna alla prima dopo essere stata modificata dalla seconda, la tentazione di tagliare il nodo con un decreto può diventare irresistibile. Il decreto dovrà essere convertito in legge entro sei mesi, ma il governo spera ovviamente che il fatto compiuto renda i deputati meno inclini all’arrembaggio.
Aggiungo una terza ragione, più generale. Avremmo meno decreti legge, probabilmente, se il presidente del Consiglio dei ministri avesse i poteri dei premier britannico, del cancelliere tedesco o del suo collega spagnolo. Quanto più autorevole è il leader dell’Esecutivo, tanto maggiore è la collaborazione in Parlamento tra il governo e la sua maggioranza: condizione indispensabile per la rapida approvazione di una legge.