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 2013  dicembre 30 Lunedì calendario

LA VITA DI CATERINA: «AVANTI DI RESPIRO IN RESPIRO»


Sulla caviglia sinistra di Caterina Simonsen c’è un tatuaggio, una scritta in inglese: «Breath by breath », «respiro dopo respiro». Se l’è fatto a 18 anni, dopo aver avuto la prima diagnosi per la malattia più grave di cui soffre, il deficit di Alfa 1 Antitripsina che le mina i polmoni. «Mi hanno detto che era incurabile: non sarei mai guarita — dice —. È stato un momento molto brutto, ma in qualche modo anche bello: finalmente potevo accettare la realtà, sapevo quello che mi aspettava e che dovevo attaccarmi alla vita. Respiro dopo respiro». Caterina, 25 anni, parla al telefono dal suo letto nell’ospedale di Padova, la sua città, dove è ricoverata per una polmonite: nella sua stanza entrano solo i parenti e gli amici.
È anche per questa capacità di guardare in faccia le cose, di non spaventarsi neppure di fronte alla prospettiva più dura, che Caterina è diventata un simbolo. Tutto è partito dal video in cui spiegava che, nonostante l’amore per gli animali, nonostante gli studi di veterinaria e nonostante sia vegetariana, è a favore dei test sugli animali in medicina, «perché sono a favore della ricerca e senza è impossibile». Alcuni animalisti estremisti l’hanno minacciata di morte. Poi sono arrivate le dichiarazioni di sostegno. Ieri anche Andrea Vianello, il medico che dirige il reparto in cui si trova, ha confermato che per cercare di curare malattie rare come la sua la nuova sperimentazione è fondamentale.
Caterina, una famiglia di imprenditori, una sorella più piccola di lei di tre anni, ha iniziato presto con i ricoveri. «All’inizio sembrava che avessi un’asma atipica e molto forte, che mi costringeva a mesi e mesi di ospedale», racconta. «Per fortuna a Padova c’è un reparto pediatrico molto bello, che non ti fa pesare la malattia. La mattina dopo la visita del medico andavamo a scuola con gli altri bambini. Poi dopo pranzo facevamo i compiti. Hai la flebo attaccata al braccio, ma per il resto è tutto un gioco: le stanze sono colorate, dormi con altri due bimbi. Ne ho visti tanti che piangevano quando dovevano andare via», dice con un sorriso nella voce. A seguirla c’era sempre sua mamma Fatima. A 15 anni ha rischiato seriamente di morire: è stato lo sguardo dei suoi genitori quando i medici l’hanno rianimata a tenerla attaccata alla vita.
«A 17 anni l’asma era diventata incontrollabile». Caterina si è ricoverata a Misurina, in provincia di Belluno, in un centro di eccellenza per la riabilitazione dei bambini asmatici. «Avevo due infezioni polmonari molto gravi, da cui non riuscivo a guarire e hanno capito che non poteva essere solo asma». Ci sono voluti altri ricoveri, a Padova tra gli adulti, e poi a Bologna, per capire che i suoi problemi derivavano dall’assenza di una proteina. A Pavia infine la diagnosi: il deficit di Alfa 1 Antitripsina, una patologia genetica rarissima legata al cromosoma 14, di cui entrambi i suoi genitori (lo hanno scoperto dopo) erano portatori sani. Negli anni successivi le hanno trovato altre tre malattie rare, tra cui una immunodeficienza che capita in un caso su centomila. Caterina non si è data per vinta. Si è iscritta all’università: i primi due anni ha frequentato potandosi dietro la bombola d’ossigeno. L’hanno fermata le polmoniti, che prende sei, sette volte l’anno. E allora si è messa a studiare da casa. I suoi amici sono i compagni di università e poi quelli conosciuti su Internet. Tra i più cari c’è Julia, incontrata via web quando era ricoverata. Anche lei è malata: di fibrosi cistica. «Ha sintomi simili ai miei. Anche lei sa cosa significa: anche se sembriamo normali non siamo mai normali. Vivere mi costa 130 battiti di cuore al minuto, contro i 70 normali». Ma contro tutto, Caterina va avanti. Non sono certo gli insulti via web a farle paura.