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 2013  dicembre 28 Sabato calendario

A TORINO SALE SERGIO III


Nel decennale del suo insediamento sulla tolda della Fiat (fu nominato amministratore delegato nel giugno 2004) nel 2014 Sergio Marchionne completerà con ogni probabilità la fase 2 della sua rivoluzione.

Infatti nei primi cinque anni di gestione il manager italo-canadese, fortunato nella tempistica per via dell’emergere dell’economia brasiliana (cui è legato il boom di immatricolazioni di automobili nel Paese sudamericano), ha rimesso in sesto una società sull’orlo della bancarotta, mentre dal 2009 in avanti la scommessa è stata Chrysler. Una scommessa finora vincente, che ha consentito al Lingotto di superare quasi indenne la maggiore crisi del settore automobilistico europeo dal Dopoguerra e che, se tutto andrà come nei piani della casa torinese, troverà il compimento nel 2014 con la fusione tra Fiat e la controllata statunitense.

In questo momento, infatti, il Lingotto controlla Chrysler con una quota del 58,5%, tuttavia in base agli accordi che regolano la governance di Auburn Hills il Lingotto non può sfruttarne completamente il flusso di cassa (vitale nei bilanci societari) fintanto che la casa torinese non completerà la scalata in Chrysler.

Di qui la necessità non solo di salire ulteriormente nel capitale della controllata, ma anche di fondersi con essa nell’ambito di un’operazione che garantirebbe al Lingotto numerosi vantaggi dal punto di vista finanziario. In primo luogo, la quotazione del nuovo gruppo alla borsa di Wall Street (solo in via secondaria il nuovo titolo sarà presente sul listino milanese), che darà a Fiat-Chrysler accesso al mercato borsistico più liquido al mondo. In seconda istanza il fatto che, diventando una società con la testa operativa negli Usa (mentre la sede legale sarà probabilmente nei Paesi Bassi), il nuovo gruppo potrà sfruttare un costo del denaro inferiore a quello che riescono a ottenere le società italiane

I tempi tuttavia sono stretti, dato che la Fiat ha fretta di salire nel capitale della controllata e il fondo Veba (che detiene il restante 41,5% di Chrysler) ne ha altrettanta di uscire così da monetizzare l’investimento e ripagare gli iscritti. Il muro che divide le controparti è sempre il prezzo. Nei mesi scorsi le offerte della Fiat (che sono partite da circa 3 miliardi di dollari per il pacchetto azionario in questione) sono state sempre rifiutate dal fondo Veba, che ha iniziato le trattative fissando in 5 miliardi di dollari la richiesta.

Il fondo ha potuto chiedere tale importo, bollato da Marchionne come «follia», perché sa di avere il coltello dalla parte del manico. Per prima cosa perché se entrambi le parti si giocano molto in questo match, la Fiat sembra essere quella che rischia di più. Senza la conquista di Chrysler verrebbe rallentata l’intera strategia del Lingotto che, tra alti e bassi, Marchionne ha condotto nell’ultimo quadriennio. Non solo; lo scorso gennaio Veba ha registrato alla Sec il 16% delle sue azioni Chrysler e ciò significa che entro fine marzo 2014 potrebbe cedere questa quota sul mercato azionario tramite un’ipo. L’ipotesi è vista come il fumo negli occhi da Marchionne, che tutto desidera tranne avere soci terzi (magari hedge fund e investitori opportunisti) nel capitale di una controllata che vorrebbe invece detenere al 100%. In questo quadro non è un caso che appena prima di Natale Fiat ha ravviato le trattative avvicinandosi ulteriormente alle richieste di Veba. Secondo quanto trapelato, le banche incaricate dell’ipo del 16% avrebbero indicato una valutazione di circa 10 miliardi di dollari per l’intera casa di Auburn Hills, ovvero 4,15 miliardi di dollari per il 41,5%. Ciò avrebbe spinto Fiat, nel corso di un incontro avvenuto in dicembre, a offrire 4,2 miliardi limando quindi ulteriormente il divario con i 5 miliardi richiesti da Veba. Insomma, la trattativa è aperta e la differenza di 800 mila dollari viene ormai considerata colmabile, tanto che il mercato crede sempre più all’ipotesi di un acquisto della quota da parte di Fiat.

La notizia è che il closing potrebbe verificarsi già nelle prossime settimane. Sotto Natale, infatti, i rappresentanti delle controparti avrebbero continuato a lavorare all’intesa e, secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza, il sogno in casa Fiat è poter ufficializzare l’accordo prima di quello che per il settore automobilistico statunitense rappresenta l’evento clou della stagione, ovvero il Salone dell’Auto di Detroit, che si terrà dal 13 al 26 gennaio ma che prevede le giornate-stampa l’11 e il 12. Si tratta, beninteso, di un sogno, visto che non sarà facile trovare un punto d’incontro tra domanda e offerta nei prossimi giorni, tanto più che ci sono numerosi dettagli legali da sistemare, come sempre in questi casi. Tuttavia il fatto che a Torino qualcuno stia valutando l’ipotesi è significativo dell’ottimismo che si respira al Lingotto in questi tempi.

Una cosa è comunque certa: se non nelle prossime settimane, in un modo o nell’altro la partita Chrysler si risolverà entro marzo. In aprile infatti Marchionne annuncerà il nuovo piano strategico quinquennale dell’intero gruppo Fiat e un conto è sviluppare una strategia sapendo di poter contare su tutti i vantaggi della fusione con Chrysler, un altro è dover guidare una società con una quota di minoranza di proprietà di soci terzi. Il piano rappresenterà comunque l’ingresso nella fase 3 del regno di Marchionne al Lingotto e l’enfasi sarà con tutta probabilità posta sul recupero di quote di mercato della casa torinese. Se infatti negli Stati Uniti la partita riveste una valenza prettamente finanziaria, visto che le vendite sul mercato a stelle e strisce di Chrysler continuano a battere record su record, complice un mercato Usa in grande spolvero, in Europa la situazione è critica. Nel corso del 2013 Fiat ha perso quote di mercato nel Vecchio Continente, zavorrata dalla pessima performance del mercato italiano che continua a rappresentare la roccaforte europea della casa torinese. Il piano che Marchionne ha in testa indica di puntare sui marchi forti tra quelli in portafoglio. Quindi l’enfasi sarà messa sulla 500, che potrebbe diventare un marchio separato da quello Fiat, oltre che scommettere sulla conquista del segmento premium (quello che sta facendo ricche Audi, Daimler e Bmw) con investimenti cospicui sui Suv e sui marchi Maserati e Alfa Romeo, un brand, quest’ultimo, da cui in questi dieci anni Marchionne, visto l’andamento deficitario delle vendite, ha ricavato un pugno di mosche.

Ce la farà? Gli osservatori sono molto scettici, considerando anche l’elevata concorrenza quantitativa e qualitativa dei marchi tedeschi. Marchionne è sicuro di stupire ancora smentendo i critici. Il nodo tuttavia è che questa volta la partita non si combatterà su temi assimilabili alle battaglie che Marchionne ha vinto nei due precedenti quinquenni, bensì si giocherà sulle nuove vetture. Insomma Marchionne e il suo team saranno chiamati a dimostrare di sapere costruire automobili accattivanti e in grado di vincere la sfida del mercato nell’ambito della nuova battaglia mondiale che il settore automobilistico globale si appresta a combattere.