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 2013  dicembre 28 Sabato calendario

ECCO IL SEGRETO DEI GRANDI: SVEGLIARSI CON LE GALLINE


Max Nisen e Gus Lu­bin tracciano su Business Insider, website di tech e fi­nanza con base a New York Ci­ty, un particolare profilo di 29 manager e personaggi planeta­ri, da Sergio Marchionne a Ursu­la Burns (Xerox), da Richard Brenson (Virgin Group) a Indra Nooyi (PepsiCo), da Dan Aker­son (GM) a Tim Cook (Apple), per finire ai due Bush, padre e fi­glio. Che cos’hanno in comu­ne? La sveglia, che squilla tra le 4 e le 5 di mattina, se non prima, feste e domeniche incluse: il club degli insonni più potenti del mondo, asceti del business. «La gente di successo si alza pre­sto » è il succo, con il suo rove­scio: «Per sfondare, sonno ai mi­nimi termini». La storia pare confermare la tesi, perfino con avanzo. «Poltroni, ghiri, sfatica­ti! » avrebbe detto di Marchion­ne& C. un iperattivo dell’anti­chità, Plinio il Vecchio. E avreb­be rincarato la dose: «Quando questi smidollati escono dal­l’abbraccio di Morfeo, io sono già alla macina da almeno quat­tro ore ». Dunque, sveglia a mez­zanotte in punto. Un’abitudine da brivido, anche se Plinio la praticava dopo le feste di Vul­cano, in maggio,all’inizio dell’estate e della stagio­ne militare. D’inverno,si concedeva qualche ora di riposo in più. Ci infor­ma di tutto il nipote, Pli­nio il Giovane, ammirato­re di uno zio che, oltre ad essere il braccio destro del­l’imperatore Vespasiano (altro cultore delle sveglie an­telucane), era un principe del foro, un condottiero e, soprat­tutto, uno studioso infaticabile. Era la passione per il sapere a te­nerlo arzillo. Per lui il sonno era tempo sprecato. Erano gli unici momenti in cui non leggesse. Non smetteva neppure man­giando o facendo il bagno: un domestico addestrato leggeva per lui, a voce alta. C’era anche chi, in preda ai propri demoni, al riposo notturno non concede­va neppure un’ora. Il poeta Lu­crezio lo confessa, nel suo De re­rum Natura : «La poesia è un’im­presa difficilissima. Mi costrin­ge a stare sveglio tutta la notte, quando c’è pace, per cercare le parole...». Quando arde una passione autentica,non c’è spa­zio per il sonno. Socrate era con­sumato dal desiderio di verità. Quando un appetito filosofico lo assaliva, resisteva al bisogno di dormire cadendo in una spe­cie di vigile trance, che poteva durare più giorni. Ce lo raccon­ta un suo scolaro e ammiratore, Alcibiade, nel Simposio di Plato­ne. Gli altri lo consideravano un matto, per questa stramba in­sonnia. Socrate meditava in pie­di, come una sentinella. Quan­do gli pareva di avere risolto il rompicapo (dopo un paio di notti all’addiaccio), salutava il sole sorgente con una preghie­ra, e andava a lavarsi, come se niente fosse, riprendendo il tran tran. Chissà quanto paghe­rebbero i manager di oggi per una resistenza simile. Un pri­matista della categoria è Napo­leone Bonaparte, divorato pri­ma dall’ambizione, poi dal po­tere, infine dalla disfatta. «Ho una sola risorsa, il lavoro» scri­ve alla madre nel 1785, quando è ancora un ufficialetto alla Scuola Militare di Parigi, e ag­giunge «mi cambio solo ogni ot­to giorni, dormo pochissimo, vado a dormire alle 23 per ri­sparmiare le candele, e mi alzo alle 3 di mattina». Con la carrie­ra travolgente, le cose non mi­gliorarono. Anzi. Il sonno e il let­to restavano per lui i nemici da battere. I domestici e uomini dello staff erano convocati a ore impossibili. Ai pranzi e alle ce­ne (anche quelle ufficiali) non dedicava che una decina di mi­nuti. Al riposo notturno avreb­be concesso ancor meno, po­tendo. Si coricava con una di­sperazione ribelle, ricorda un domestico, gettando i vestiti per terra, sui mobili, sui tappeti. Appena sveglio, il bagno. Ma non era relax. Dettava il piano strategico delle battaglia immi­nente. Non ammetteva il cedi­mento. Né in sé, né negli altri. «Come, birbante, dormite in ca­mera mia! », urlò una mattina al­le cinque al principe di Taylle­rand, che si era allora appisola­to dopo un interminabile consi­glio di guerra,su un divano nel­la­stanza da letto dell’Imperato­re. Nelle campagne, dedicava la notte allo studio delle map­pe. Lo fece anche a Waterloo. Aveva avuto una nottataccia. Due ore di sonno, alla locanda Le Caillou, poi via, tra i fuochi dei bivacchi, agli avamposti. Te­meva che Wellington gli sfuggis­se. L’inglese, invece, era là, sve­glio anche lui. Aveva sorseggia­to un tè zuccherato all’alba, e aspettava le mosse. Guardava spesso il suo orologio,ancora re­golato sull’ora di Greenwich: sa­peva che in guerra contano le lancette,l’attimo giusto per l’at­tacco. Tra i despoti, Hitler non era mattiniero. Si svegliava alle 10. Ma aveva cenato all’una, e ceduto al sonno alle 6. La notte era tutta per i suoi fantasmi. Alessandro Magno detestava il sonno: «Mi ricorda che sono mortale», diceva.