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 2013  dicembre 28 Sabato calendario

ROMA IN APNEA, L’ITALIA AFFOGA: SONO QUASI 500 LE CITTÀ GIÀ FALLITE


Il governo salva Roma, ma ammazza l’Italia. Nel Millepro­roghe non c’è scritto, ma il prin­cipio per cui ogni volta che un Comune va gambe all’aria c’è sempre Pantalone che scuce de­nari è ormai legge. Nulla a che vedere con l’America e la serie­tà yankee: negli States chi sba­glia paga e i cocci sono suoi. Co­me a Detroit, la capitale di uno dei più importanti distretti in­dustriali del mondo.
Famosa per le sue au­tomobili e, adesso, per il suo fallimento: chi la governava è riu­scito nell’impresa di accumulare debiti per 18 miliardi di dol­lari. Accertata la ban­carotta, perché da quelle parti così si fa, il giudice federale ha nominato un curato­re fallimentare, auto­rizzandolo ad avvaler­si dell’undicesimo ti­tolo del Chapter 9, la legge che regola la ri­strutturazione del de­bito per le municipali­tà. E lui, il curatore, Ke­vin Orr, s’è presenta­to m­ostrando il suo bi­glietto da visita: «Non sono un politico. Ec­co perché il mio obiet­tivo sarà quello di ri­pianare il debito fa­cendo pagare chi può farlo e che, troppo spesso, in questa città si è sentito tutelato proprio dalla politi­ca ».
L’avesse detto nel Belpaese, sarebbe sta­to linciato vivo. Dal 1989 al maggio scor­so, ha segnalato ad agosto la Corte dei Conti nella sua rela­zione sulla gestione degli enti locali, sono stati 479 i Comuni che hanno dichiarato il dissesto finanziario, incapaci di assicura­re le funzioni e i servizi indi­spensabili e sommersi dalle pendenze: 138 in Calabria, 123 in Campania, 45 nel Lazio, solo 4 al Nord (Alessandria, Barni, Riomaggiore, Castiglion Fio­rentino). E qualcuno ci ha pre­so gusto, ripetendo l’esperien­za con un dissesto bis: così a Santa Venerina, nel Catanese, dove il default dichiarato nel 1994 è stato replicato nel 2013, ed a Rionero Sannitico (alle por­te di Isernia), Lauro, Arpaia, Ca­sal di Principe, Casapesenna, Roccamonfina (cinquina cam­pana), Lungro, Paola, Guarda­valle, Scilla e Soriano (queste ul­time calabresi). Fino al 2001 per tutti ha pagato per lo più lo Stato. Lo stesso che negli anni ha imposto tagli ai trasferimen­ti e nuovi tributi locali, moltipli­cando i fallimenti. Poi Roma s’è messa da parte. Meglio, di lato. Ma giusto un po’.Perché in più occasioni,co­me ha ricordato la Corte dei Conti, «il legislatore statale è in­tervenuto prorogando prece­denti termini ed estendendo il sostegno straordinario a molti dissesti», e perché in alcuni ca­si, ad esempio in Sicilia, è stata la Regione a coprire i buchi, «con l’erogazione di contributi straordinari».
Tuttavia, poiché con la decla­ratori­a di dissesto qualche gua­io ora lo si passa, ed all’incandi­dabilità si aggiunge per gli am­ministratori il rischio di essere inseguiti coi forconi dai cittadi­ni- contribuenti imbufaliti per i nuovi salassi da sopportare per ripianare il deficit, sempre più di frequente ci si ferma un pas­so prima, aderendo alla proce­dura di riequilibrio finanziario pluriennale.
In altri termini, si accetta un controllo più penetrante sui bi­lanci e sulla programmazione finanziaria da parte della Com­missione per la finanza (un or­ganismo istituito presso il Mini­stero dell’in­terno) in cam­bio dell’acces­so al fondo di rotazione sov­venzionato, manco a dir­lo, da Roma pagona.
E la moda prende pie­de: nel 2012 sono state 47 le domande di accesso al­la procedura di riequilibrio (9 delle quali respinte). Ne hanno benefi­ciato Napoli, Catania, Mes­sina, Reggio Calabria, Co­senza e Fog­gia ma anche, dall’altra par­te dello Stiva­le, Campione d’Italia e la li­vornese Por­to Azzurro e, nel mezzo, Chieti, Villala­go e Pacentro (nell’Aquila­no). E con lo­ro diverse pro­vince: Cata­nia, Potenza e Chieti. Tutte insie­me s’aspetta­no p­iù di mez­zo miliardo di euro, la metà dei quali richiesti da Napoli. Pantalone non ha ancora detto sì, ma difficilmente potrà dire no: se pure la Corte europea dei diritti umani (lo scorso set­tembre) ha sentenziato che lo Stato è tenuto a garantire il pa­gamento dei debiti contratti dai Comuni in rosso,non c’è al­ternativa. Gli italiani, fessi e contenti, continueranno a pa­gare. Ed a guardare l’America col binocolo.