Elena Tebano, Corriere della Sera 28/12/2013, 28 dicembre 2013
«VI INSEGNO A VINCERE LA PAURA DI PARLARE IN INGLESE»
Quando è andato via di casa a 16 anni per fare il musicista di strada, John Peter Sloan sognava un contratto discografico con la Sony. Ci sono volute quasi tre decadi, ma ce l’ha fatta: «Mai mi sarei aspettato, però, di riuscirci così», dice ridendo. I corsi audio e video con il suo personalissimo metodo per insegnare l’inglese, infatti, sono stati un successo enorme: «Ho venduto due milioni di dvd e 500 mila libri. Solo in Germania abbiamo fatto 200 mila copie, in Spagna 160 mila. E i miei Podcast sono al numero uno in classifica», aggiunge snocciolando risultati e numeri con orgoglio. Intanto il 44enne di Birmingham è diventato una specie di ambasciatore dell’inglese in Italia ed è spesso ospite in tv con comparsate e incursioni per fare le pulci a pronuncia e grammatica degli aspiranti poliglotti.
Il merito è soprattutto del suo metodo. La ricetta base è l’umorismo: ogni volta che fa lezione, John Peter Sloan dà spettacolo. «I miei corsi funzionano con i teenager — assicura —. E se funzionano con loro possono funzionare per tutti. Non è che la lingua deve essere noiosa. Le mie scuole a Milano e Roma sono dei piccoli teatri, dove ci si diverte». Anche la sua nuova creatura, English da zero , è pensata così: riproduce un vero e proprio corso in aula con otto studenti. «Raccoglie sei anni di feedback sui dvd precedenti ed è nato da una sfida: i ragazzi in classe non sono attori, ma alunni. Ho preso gli otto peggiori asini di Italia — racconta — e ho scommesso che li avrei portati da zero a un buon livello di inglese in 3 settimane. Siamo stati in classe mattina e sera per tutto il tempo, ne andava della mia reputation . Sono riuscito alla grande».
A questo giro Sloan si è anche inventato una strategia per evitare la grammatica. «Se devo insegnare come si costruisce una frase, non sto lì a dire “qui va il soggetto, qui il verbo, qui il predicato”. Invece associo il tipo di parole a dei colori e faccio memorizzare agli studenti il loro ordine. Se lo impari è impossibile sbagliare la grammatica: la struttura della frase è quella», spiega. L’idea è sfruttare la conoscenza implicita di come funziona la lingua e non quella formale.
Il resto è psicologia: «Il mio corso è mirato esclusivamente agli italiani, perché gli stranieri (ovvero gli stranieri per lui, ndr ) non sono tutti uguali. Devi capire chi è l’italiano». E l’italiano com’è? «Molto bloccato per la lingua. Terrorizzato dall’idea di fare una brutta figura, dalla paura di sbagliare. Dovrebbe essere il numero uno, perché è molto creativo e comunicativo, ma è tradito dal sistema». Il problema, secondo Sloan, è che iniziamo a imparare le lingue straniere troppo tardi. «Gli olandesi, che sono gli europei più bravi a parlarlo, cominciano a guardare la tv in inglese da quando sono nati. Cioè nell’imprinting phase , che arriva dagli zero ai sette anni e in cui è dimostrato che si possono imparare fino a 4 lingue. In Italia al contrario si inizia a studiare l’inglese a sette, quando quella finestra si è appena chiusa. Non è colpa degli insegnanti, dipende dal fatto che non hanno a disposizione i tools (gli strumenti, ndr ) giusti», aggiunge.
La prima cosa che Sloan dice ai suoi studenti, è che sbagliare non solo è inevitabile, ma fa bene: «Gli errori sono un dovere: si impara così». Poi a rompere il ghiaccio ci pensano le sue battute e quello che ha ribattezzato lo «showtime», situazioni e vere e proprie messe in scena comiche. «È tutto mirato a sciogliere il blocco», garantisce. Anche gli alunni vengono coinvolti: «I protagonisti sono loro». Se sono impegnati a recitare o cantare, non si concentrano sui possibili errori linguistici e «si buttano».
Non è un metodo studiato a tavolino, ma è il frutto della sua vita precedente, quella che l’ha portato in Italia nel 1990, come cantante del gruppo musicale «The Max». Per anni si è esibito sulle navi da crociera, fucina di grandi ammaliatori. «Venivo da 17 anni di palco: quando suonavo catturavo sempre le persone, le portavo sul palco. Per me era naturale non mettermi davanti a una lavagna con gli studenti seduti: dovevo coinvolgerli per forza. Mi veniva spontaneo e non avevo la minima idea di essere l’unico a farlo», dice. Sloan ha iniziato come semplice insegnante nel 2000, quando è nata sua figlia, perché voleva un lavoro che gli permettesse di starle vicino. Era amatissimo dai suoi studenti e ha scalato ogni gradino del mestiere, fino ad aprire le due scuole d’inglese, una a Roma e una a Milano, e fino all’impero dei corsi in dvd, i più venduti in Italia.
Di restare lo aveva già scelto: «Mi sono innamorato perché l’Italia è un manicomio — ride —. Io ci sto per gli italiani, non m’importa della torre che pende. Essendo inglese, emotivamente represso, ho invidiato da subito gli uomini che potevano abbracciarsi, mostrare emozioni in famiglia senza vergognarsi e sentirsi minacciati», aggiunge. Non tutto però gli piace del suo Paese adottivo, la questione della puntualità non l’ha ancora digerita: «C’è una frase che sentirai dire solo qui: “Ti ho detto che arrivo tra 5 minuti, è inutile che mi chiami ogni mezz’ora”. È una cosa da matti, impensabile fuori dall’Italia», si scalda.
Insofferenza per i ritardi e marcatissimo accento a parte, Sloan non ha niente dello stereotipo dell’inglese compassato. Tifa persino Napoli: «Quando d’estate lavoravo come cantante sulle navi, tutti gli equipaggi erano di lì: c’ero io e 200 napoletani. La loro passione per il calcio era incredibile. E poi mi sono immedesimato: anche la squadra della mia città, il Birmingham City, non è molto fortunata...».