Paolo Conti, Corriere della Sera 28/12/2013, 28 dicembre 2013
«PERCHÉ OGGI IN ITALIA FA SCANDALO UN MATRIMONIO CHE DURA 50 ANNI»
«Pupi Avati ci mostrerà lo scandalo di un matrimonio che dura mezzo secolo e resiste alle difficoltà. E lo proporrà a una platea televisiva dominata da una cultura diffusa sempre più individualista... Giuseppe De Rita giustamente parla di una “Egolatria” che si afferma ogni giorno di più. Lo psicanalista Massimo Recalcati sostiene, altrettanto giustamente, che nella contemporaneità siamo rapidamente passati dalla centralità teologica di Dio a quella morale e psicologica dell’Io».
L’arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente del Consiglio Pontificio per la Famiglia, ha esaminato con attenzione tutto il materiale preparatorio della serie televisiva in sei puntate «Un matrimonio» di Pupi Avati, prodotta da Rai Fiction con Antonio Avati, che partirà domani, domenica 29 dicembre, su Raiuno in prima serata. Storia di una coppia che si incontra e si sposa nel Dopoguerra e approda ai nostri tempi in mezzo a difficoltà, momenti felici, incomprensioni che portano a una separazione. Ma poi i due ritrovano le ragioni per tornare insieme. E quindi le storie dei figli, dei nipoti. Sullo sfondo scorre la Storia italiana contemporanea con immagini reali (c’è il visibile sostegno delle Teche Rai, straordinaria miniera della nostra memoria collettiva).
Un film di seicento minuti (che Avati si rifiuta di chiamare fiction perché gli sembra «rinunciatario») con ben 259 diversi personaggi in campo. Un affresco italiano, insomma, descritto attraverso un’istituzione che un tempo era il fondamento della società italiana e ora appare in gravissima crisi: il matrimonio.
Monsignor Paglia parla di «scandalo». E non ha torto. Secondo i dati definitivi del Censimento 2011, il Censis calcola che ormai una famiglia media è composta da 2,4 individui contro la media di 3.3 del Censimento 1971. Il 31.2% delle famiglie registrate all’anagrafe è composto da individui singoli e solo il 5.7% da famiglie numerose (con cinque o più componenti).
Ma qui Paglia si ribella: «Le famiglie composte da padre, madre e figli non sono minoritarie. I figli vanno a vivere da soli, registrandosi come famiglia. Poi ci sono le separazioni. I divorzi. Le vedovanze. Tutte nominalmente “famiglie di singoli”. Ma la famiglia come unità affettiva resta la più preziosa risorsa italiana. Dico solo che tanti giovani senza lavoro, o che improvvisamente lo perdono, sarebbero già finiti letteralmente per strada se non avessero le famiglie d’origine. Tanti padri e madri che lavorano non saprebbero come allevare i figli se non ci fossero i nonni. Tanti separati e divorziati, maschi e femmine, conoscerebbero la marginalità sociale se non ci fossero le famiglie...». E qui il presidente del Consiglio Pontificio per la Famiglia aggiunge un altro dato: «Questo nucleo così poco considerato dalla società di oggi in realtà si occupa stabilmente delle parti più deboli della società stessa. Appunto i bambini, gli anziani e i malati. Senza la famiglia, certi problemi assumerebbero i connotati e le dimensioni di una tragedia collettiva, antropologica ed economica»
Ma il matrimonio, monsignor Paglia, è oggettivamente in crisi. Basta analizzare le cifre... «Tutto sembra voler dimenticare la famiglia nata da un matrimonio. Il mondo del lavoro, per esempio, che ignora i tempi e i ritmi necessari per allevare figli. La stessa politica, che non vara le misure adatte. Eppure la famiglia resiste a tutto questo, è anzi ancora maggioritaria come sentimento diffuso, e andrebbe riposta al centro dell’economia, della cultura, appunto della politica e del mondo produttivo».
E perché, visto che è così evidentemente logorata? «In Italia, cito il volume “La famiglia risorsa della società” a cura di Pierpaolo Donati edito da Il Mulino, il 75% dei giovani sogna un matrimonio e spera di sposarsi con una persona con la quale restare per tutta la vita. Ma questo desiderio intimo e profondo viene ricacciato indietro dalla cultura dominata dall’io. Tutto questo porta a un ripiegamento su se stessi. Alla difficoltà, per esempio, di assimilare una vera abitudine all’accoglienza. Se si vive da soli, se ci si ferma a un solo figlio, è difficile condividere ciò che si ha, così come comprendere l’altro da sé. Così si può capire il perché di Lampedusa... Non citerò un intellettuale cristiano ma Cicerone: “Familia est principium urbis et quasi seminarium rei publicae”, la famiglia è la base della società ed è quasi un allenamento alla gestione della cosa pubblica».
Infine, Paglia annuncia una novità: «Ora il matrimonio, sia religioso che laico, viene visto come un punto di arrivo, quando i singoli individui sono economicamente pronti e maturi. In realtà il matrimonio è una partenza in comune. Ho chiesto a papa Francesco, che ha volentieri accettato, di incontrare il 14 febbraio 2014 i fidanzati. Proprio per ricordare che l’unione non ci indebolisce ma, anzi, ci rafforza...».
Don Paglia conclude con una battuta e un gioco di parole: «Si parla molto delle famiglie de facto . Ma sarebbe bene che venisse sostenuta anche la famiglia fondata sul matrimonio de jure. Perché è quella che, de facto , sostiene la società...»