Elisabetta Rosaspina, Corriere della Sera 28/12/2013, 28 dicembre 2013
DIEUDONNÉ, PARIGI NON SCHERZA PIÙ «PRONTI A BANDIRE I SUOI SHOW»
DALLA NOSTRA INVIATA PARIGI — Il comico Dieudonné M’Bala M’Bala non fa ridere il ministro degli Interni francese Manuel Valls che, stanco delle battute dell’attore contro gli ebrei, sta studiando la sua messa al bando. Passo non semplice perché, per non configurarsi come un limite alla libertà di espressione, il provvedimento presuppone che siano dimostrati i rischi di turbamento dell’ordine pubblico paventati dal ministero.
Prima ancora di passare il segno, con uno spettacolo in cui evocava le camere a gas per il giornalista radiotelevisivo di «France Inter», Patrick Cohen, Dieudonné aveva già provocato notevoli grattacapi alle autorità francesi con il gesto, divenuto virale, della «quenelle», dal nome di un pasticcio di pesce tipico della cucina lionese.
Come lo stesso umorista spiega, piuttosto seriamente, in nove minuti di monologo su YouTube, il gesto si è rivelato «rivoluzionario» oltre ogni sua più rosea aspettativa. Sfoggiando una sciarpa di Hamas, che assicura essergli stata regalata personalmente dal leader dell’organizzazione, Khaled Meshaal, Dieudonné enfatizza i successi dello «tsunami della quenelle che spazzerà via le élite della menzogna».
Braccio destro e una mano destra tesi verso il basso, come un saluto nazista all’inverso, la mano sinistra aperta poggiata sulla spalla destra (o viceversa), il movimento brevettato quattro anni fa (quando si candidò alle elezioni europee) dal comico francese e assimilabile al gesto dell’ombrello, si sta trasformando in un tormentone, ma soprattutto in un emblema antisionista. E ha attivato, al di fuori del mondo virtuale, scontri e violenze reali: in particolare a Lione dove, nello scorso fine settimana, sei giovani «giustizieri» tra i 18 e i 22 anni sono stati arrestati con l’accusa di aver organizzato due spedizioni punitive contro persone della zona che avevano ripetuto «il saluto della quenelle» e caricato le immagini in Internet. La prima incursione aveva preso di mira quattro camerieri di una discoteca, riconosciuti nei siti incriminati, e in seguito licenziati.
Guai anche per un paio di dipendenti del Parc Asterix che, vestiti da Asterix e Obelix, si erano uniti al movimento della «quenelle», probabilmente più con spirito goliardico che antisemita, stando alle giustificazioni fornite dalla loro direzione. Ma la pazienza del ministro dell’Interno sembra ora arrivata al limite. Probabilmente con grande soddisfazione del regista della provocazione, i cui spettacoli non avrebbero potuto ottenere maggiore pubblicità. Anche se la città di Marsiglia ha chiesto alla prefettura di vietare l’esibizione di Dieudonné prevista per il 2 febbraio.
Il passo decisivo è allo studio del ministro Valls e del suo ufficio legale e segue di pochi giorni un intervento dello stesso presidente della Repubblica, François Hollande, contro «il sarcasmo di coloro che vorrebbero essere umoristi e non sono altro che antisemiti patentati».
A rompere gli indugi è stato Radio France che si è rivolta alla magistratura dopo aver saputo come il comico intrattiene il suo pubblico a spese di uno dei suoi giornalisti.
Con una telecamera nascosta, una troupe di France 2 ha documentato gli attacchi dell’attore a Patrick Cohen che aveva polemizzato sullo spazio concesso a Dieudonné in alcuni talk show: «Vedete, se il vento gira, non sono sicuro che lui abbia il tempo di fare le valige — ha avvisato il comico —. Ma, vedete, quando sento parlare Patrick Coen, mi dico: vedi, le camere a gas,… che peccato!».
Peccato anche che la battuta abbia fatto scoppiare a ridere la sala.
Anche nelle sale dei tribunali, da cui Dieudonné è già stato processato per battute razziste, il suo pubblico non l’abbandona e le sanzioni (l’ultima di 28 mila euro, il mese scorso) per diffamazione, ingiurie, incitazioni all’odio, contenute in una canzone diffusa in Internet, non sembrano preoccuparlo:«Vogliono censurarlo» protesta il suo avvocato. Ma Valls non intende ripensarci: la creazione artistica, dice, finisce dove iniziano i problemi di ordine pubblico.