Piero Negri, La Stampa 28/12/2013, 28 dicembre 2013
VIDEO CHOC E NUDITÀ INTEGRALI MA LA TRASGRESSIONE NON BASTA
Su che ritmo ha danzato la musica pop del 2013? Su quello di Get Lucky, il successo planetario dei Daft Punk, o sul soul sintetico, anch’esso firmato da Pharrell Williams, di cui hanno beneficiato Robin Thicke e la sua ubiqua Blurred Lines?
In negativo, la risposta è facile: sul fallimento di Lady Gaga, che ha lasciato pochissime tracce in questo 2013 e neanche una canzone da ricordare, malgrado abbia speso 25 milioni di dollari per il lancio del nuovo album
ARTPOP (tutto maiuscolo) e non si sia risparmiata video shock, make-up pesantissimi e nudità integrali.
Ciò che ci ha detto il 2013 pop è che la frontiera della trasgressione è sempre in movimento e che quando le posizioni sono consolidate può sempre arrivare una ex divetta Disney e spostare un po’ più in là il limite del già visto: dopo che Miley Cyrus ha mimato atti osceni in diretta tv, fumato (presunta) marijuana e, dominato le classifiche d’autunno di tutto il mondo, sono arrivate il suo esatto contrario (Lorde, neozelandese, diciassettenne) e una canzone, Royals, costruita su voce, leggerissima ritmica elettronica e schiocchi delle dita per spodestarla dal trono.
La rivoluzione è compiuta, il mondo della musica è globalizzato e digitalizzato, oggi le canzoni viaggiano più che mai sulle ali dell’universalità pop. Le classifiche di tutto il mondo si somigliano sempre più (anche se l’Italia, per ragioni complesse, è uno dei Paesi europei che più conserva un’individualità): le cinque più ascoltate nel mondo sul servizio di streaming online Spotify (in alto, in questa pagina) sono piaciute ovunque, anche se il rapper Macklemore e il suo socio Ryan Lewis, dominatori della prima metà dell’anno negli Usa, da noi non sono un fenomeno di massa, forse a causa dei testi, non banali e neppure semplici.
Da noi - come ovunque nel mondo - sono piaciuti Avicii, il disc jockey svedese che per uscire dalle discoteche si è affidato alla chitarra acustica di Wake Me Up, Katy Perry, facile da sottovalutare ma tutt’altro che sciocca reginetta del pop americano, e gli inossidabili Depeche Mode, che infatti occupano posizioni di tutto rispetto nella classifica di gradimento dei nostri lettori.
Ci sono sufficienti indizi, insomma, per decretare il trionfo, in questo 2013, della canzone pop, entità inafferrabile che si manifesta sotto diverse spoglie, spesso quando meno ce la si aspetta. Se il video che ha fatto di Robin Thicke una star ha mostrato tutto quanto è possibile mostrare di tre bellissime modelle su tutte le televisioni del globo (attenzione a Emily Ratajkowski, una delle tre, per lei non finirà qui) e se Miley Cyrus ha fatto parlare per le pose non proprio eleganti, le canzoni Blurred Lines e Wrecking Ball sono pop all’ennesima potenza, studiate (Wrecking Ball la firmano in cinque), prodotte, interpretate alla perfezione. E alla fine è tutto ciò che conta.
L’anno si è aperto e si è chiuso con due sorprese: nell’era della totale accessibilità, di Twitter e delle foto di Instagram, David Bowie è riuscito a tenere segreta l’esistenza del suo attesissimo disco, il primo in dieci anni, pronto da mesi, fino all’8 gennaio, giorno del suo sessantaseiesimo compleanno. E l’album che è ora in testa alle classifiche americane, Beyoncé di Beyoncé Knowles, è uscito il 13 dicembre senza annunci né anticipazioni. Certo, per riuscirci, bisogna essere Bowie e Beyoncé, ma la tendenza c’è, ed è interessante.