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 2013  dicembre 28 Sabato calendario

LA RIVINCITA DEL PASSATO


Volevo dire queste cose due giorni fa, ma non potevo perché ero a Cortina e Cortina era isolata.

Niente luce elettrica, gas, riscaldamento, acqua calda, non funzionavano i cellulari, non chiamavano, non ricevevano. Computer portatile e iPad inutili. Molte cose da dire, ma impossibile dirle. Niente prelievi al bancomat, anche i bancomat sono collegati all’elettricità. Niente benzina, anche le pompe dei benzinai hanno bisogno della corrente. Quando si sparse la voce che una pompa funzionava, è partita la processione. Cortina comunque è la regina delle Dolomiti, chiaro che se c’è una chance di salvezza va lasciata alla regina. In questo momento a Cortina lavorano molti gruppi elettrogeni, alberghi e servizi pubblici riprendono a funzionare, anche la grande Cooperativa dove ogni volta che passo compro oggetti di cuoio, cinghie, borse, perché lì c’è il miglior cuoio del mondo. Cortina riprende a vivere, l’Enel punta tutto su Cortina. Quel che non dà segno di vita è il retroterra di Cortina, specialmente la Val di Zoldo. La Val di Zoldo è il paradiso delle Dolomiti, nella Val di Zoldo e nel vicino Cadore ci sono le montagne che l’Unesco ha proclamato patrimonio dell’Umanità. La valle stampa una rivistina trimestrale, che si chiama «Stile Zoldano», e sotto la testata mette orgogliosamente due righe di Sebastiano Vassalli che dicono: «La Val di Zoldo non è un luogo geografico, è un luogo dello Spirito». Penso che Vassalli, come me, si sia innamorato della zona, ci vada spesso, e l’ammiri. Ma spero per lui che non ci sia in questi giorni. Perché «luogo dello Spirito» vuol dire luminoso, celeste, aereo, ma in questi giorni sembra il buco dell’Inferno. Ci sono molte case per turisti, di recente costruzione. La voce del popolo dice che una se l’è comprata Romano Prodi, un’altra Del Vecchio, quello degli occhiali: non sappiamo se quelle voci sono verità o propaganda, sappiamo però che la zona, per sua natura bellissima, è in coda all’attenzione di chi deve ridarle luce, gas, riscaldamento. Di tutte le cose che non si possono fare, quando scattano questi blackout, le più dolorose sono due: vedere e parlare. Il cellulare ci collega a tutti, non siamo mai soli, neanche nel Sahara. Ma se il cellulare non prende, siamo soli e siamo perduti, anche a Cortina. Non poter vedere significa non poter leggere né scrivere. Si dice sempre: io starei bene in un’isola deserta, se avessi i miei libri. Ora, si dà il caso che io ho un figlio nello Zoldano, è andato là apposta per leggere e scrivere, ma non può farlo, perché la casa, come molte nella zona, è moderna, appena costruita, e ha le tapparelle che si alzano e si abbassano premendo un pulsante elettrico: da tre giorni sono chiuse, e se non arriva la corrente nessuno può alzarle. La modernità va bene per il futuro, non per il passato. La mancanza di luce e di riscaldamento è il passato che ritorna. I turisti intrappolati nella zona entrano in casa al buio, girano al buio, vanno in cerca del water al buio e si buttano a letto al buio. Queste case moderne hanno una lampada alternativa, che s’accende quando manca la corrente, ma dura poche ore. Tutti noi, rimasti o tornati in pianura, che abbiamo parenti nello Zoldano o nel Cortinese al buio, li chiamiamo sul cellulare da tre giorni, e immancabilmente da tre giorni una voce femminile risponde: «Servizio di segreteria telefonica», e registra il messaggio. Prima o poi questo disservizio finirà, i cellulari riprenderanno, e allora i nostri parenti passeranno ore a sentire in ritardo i nostri messaggi. Il mio è questo: «Stai oltrepassando la tua Linea d’Ombra», perché so che quel romanzo di Conrad gli piace molto. C’è un orso in quei boschi. Lo immagino che s’affaccia dai monti, guarda gli umani sepolti nel buio, e pensa: «Sono messi peggio di me».