Marta Ottaviani, La Stampa 28/12/2013, 28 dicembre 2013
TURCHIA, RESA DEI CONTI FRA ISLAMICI
UN PREDICATORE CONTRO ERDOGAN –
Non si ferma il caos politico in Turchia. Il premier islamico-moderato, Recep Tayyip Erdogan, sempre più debole dopo lo scandalo per corruzione che ha minato il suo esecutivo nei giorni scorsi, continua a gridare al complotto, attacca il Csm turco, stringe a sé i fedelissimi che non sono stati travolti dalle indagini. I militari, da sempre una figura centrale nella vita politica turca, hanno diramato un comunicato in cui hanno fatto capire di voler rimanere fuori dai giochi. E la piazza sembra tornare a scaldarsi. Con gli oppositori di Erdogan che ieri sera sono stati presi a «cannonate» d’acqua dalla polizia a piazza Taksim, Istanbul, dove si erano riuniti per reclamare le dimissioni del premier.
In un clima politico surreale, dove l’esercito, tradizionalmente legato ai valori laici dello Stato e autore di 4 golpe, resta in disparte e la lotta è tutta all’interno della destra islamica, gli occhi sono puntati solo su Fetullah Gülen, l’eminenza grigia per eccellenza della Mezzaluna. Un uomo senza il cui appoggio, in Turchia, non si muove neanche una foglia. Secondo molti, senza il suo aiuto, persino la marcia trionfale di Erdogan non sarebbe stata possibile.
Classe 1941, nato a Erzurum, nell’Anatolia più profonda e intransigente, Gülen è un ex imam e filosofo islamico, da anni in autoesilio negli Stati Uniti. Molti in Turchia lo venerano come un santo. Altri lo temono e lo considerano l’incarnazione della destra islamica più radicale. A Erdogan lo accomuna un obiettivo: radicalizzare il più possibile l’unico Paese veramente laico del mondo musulmano. Gülen divide il suo tempo fra lo studio e le conferenze internazionali. Malvisto dai militari, nel 1999 andò negli Usa, ufficialmente per motivi di salute, più probabilmente perché, dopo il golpe del 1997 e la deposizione di Necmettin Erbakan, capo indiscusso della destra islamica turca e padre spirituale di Recep Tayyip Erdogan, l’aria per lui si era fatta pesante. Studioso e seguace di Said Nursi, pensatore islamico inviso a Mustafa Kemal Ataturk, fondatore della Turchia laica e moderna, Gülen si è sempre definito «un credente al servizio della pace e del dialogo religioso». Ma su questo in molti hanno dei dubbi. Fra le certezze, invece, il fatto che il filosofo è ricchissimo. Editore del quotidiano «Zaman» e secondo molti anche di «Taraf», noto per la sua linea contro i militari, i suoi proventi arrivano dalle sue pubblicazioni, ma soprattutto dalle «dershane», i centri di ripetizione che preparano agli esami di Stato in Turchia e che di recente Erdogan ha fatto chiudere, e dalla rete di scuole straniere all’estero, che però a loro volta non sono accolte con favore dal Paese ospitante, come la Russia di Putin, che per non correre rischi di altre infiltrazioni radicali islamiche, ha deciso di smantellarle. Fra i Paesi in cui Gülen ha intenzione di approdare presto c’è l’Italia. Ora è il momento dello scontro fra titani, dove l’ultimo vero maestro religioso della Turchia moderna, sta tentando di disarcionare il politico più capace e ambizioso degli ultimi 30 anni, ma che ha tirato troppo la corda. In ballo non c’è solo la stabilità del Paese, ma complessi rapporti clientelari che sorreggono l’intera economia. Una torta golosa, che attira gli appetiti di entrambe le parti.