Giacomo Galeazzi, La Stampa 28/12/2013, 28 dicembre 2013
I DIPENDENTI DEL PALAZZO D’ORO “TEMIAMO DI RESTARE A SPASSO”
I primi ad accorgersi della bufera in arrivo sono stati i religiosi Sacramentini, che del «Palazzo d’oro» sono i vicini di casa e il rifugio spirituale. «Tanti vengono a confidarci la paura di perdere il posto di lavoro, crescono l’insicurezza e la diffidenza - racconta padre Giovanni Moretti, rettore della contigua chiesa di San Claudio, dove alle 8,30 per la messa o alle 17,30 per i vespri l’ex governatore di Bankitalia Antonio Fazio è una presenza quotidiana. Non è il solito «via vai» natalizio nel cuore burocratico della capitale. Gli 80mila metri quadri di corridoi e uffici tra piazza San Silvestro, via del Pozzetto e via Poli sembrano una fortezza assediata. Ai varchi poca voglia di farsi vedere e ancora meno di parlare da quando un luogo grigio e anonimo è divenuto simbolo degli sprechi di Stato. Dal ’97 qui ci sono stanze e saloni dei deputati: 30,5 milioni di soldi pubblici all’anno. Tre diverse scadenze per i contratti d’affitto dei tre palazzi Marini: dal 2016 al 2018.
Fino a due anni fa la Camera ne affittava anche un quarto. Nei lotti dello sterminato complesso si entra e si esce a capo chino, in tutta fretta. Metal detector, telecamere, vetri blindati. Agli ingressi sorvegliano i dipendenti della Camera in divisa, sicuri nelle loro granitiche certezze contrattuali. Dentro, in stridente contrasto, si agita un esercito a rischio di smobilitazione: sono i 500 lavoratori «in appalto». Addetti «chiavi in mano» che svolgono principalmente «funzioni ai piani»: in larga parte si occupano dell’anticamera dei deputati. Non collaborano direttamente con gli onorevoli (per questo ci sono già gli assistenti personali). Sono in tanti, ammettono gli stressi sindacati, ma guadagnano molto meno (in media mille e trecento euro) dei loro colleghi «garantiti» inseriti negli organici di Montecitorio. Svolgono soprattutto funzioni di uscieri. Fino ad oggi a pagare il loro stipendio è stato l’imprenditore romano Sergio Scarpellini. «Se la Camera rescinde il contratto di affitto è molto probabile che 500 famiglie finiranno davvero sul lastrico perché in tempi di crisi è pressoché impossibile trovare collocazioni alternative, quindi Scarpellini è credibile quando paventa licenziamenti», avvertono le rappresentanze sindacali.
Con il taglio ai contratti di locazione, insomma, svaniranno i «servizi» interni. Una spinta verso la mobilità per addetti ai piani, pulizie, mensa, camerieri di sala, cassieri, barman, banconisti. Lo spettro, quanto mai realistico, del «tutti a casa» semina angoscia nella «cittadella Marini» dove negli anni non si è certo lesinato sulle assunzioni. «Per fornire un servizio ottimale abbiamo adottato una logica assuntiva in esubero - ha spiegato Scarpellini -.Potremmo assicurare gli stessi servizi solo con 195 dipendenti, rispetto agli attuali 500. Abbiamo assunto tutta questa gente anche perché abbiamo un’alta percentuale di assenteismo attorno al 40%». Su questa costosa galassia-satellite di Montecitorio incombe una plumbea spirale: recessi, revoche dagli appalti, licenziamenti. Il contratto prevede che sia la società locataria a fornire tutti i servizi (manutenzione, personale, mensa, pulizie). Senza far economie su mobili, arredi, spazi di rappresentanza. Il contratto ha la durata di 9 anni, rinnovabile ad altri 9. La Camera ha speso 444 milioni in 18 anni. Alla Fortezza Bastiani della «casta» è arrivata l’austerity: non è più tempo di lussi e privilegi.