Francesco Specchia, Libero 28/12/2013, 28 dicembre 2013
DIECI GRASSI COMANDAMENTI TRA FANTASIA E REALTÀ DELLA TV
È un po’ come discettare su una reliquia, sulla lingua del santo dei palinsesti. Essendo il professor Aldo Grasso del Corriere della sera col suo sussiego da colonnello asburgico nonostante qualche scivolone il nume tutelare della critica tv in Italia; ed essendo che i suoi impavidi «dieci desideri per la televisione del 2004» sul settimanale Oggi tra i più cliccati, procediamo per gioco, per vezzo duchampiano all’analisi delle analisi del critico.
1) Grasso desidera che «la tv parli meno di se stessa», che la smetta di autonutrirsi, in una spirale psicomaniaco-depressiva, del sangue della cronaca e delle lacrime delle vedove. Giusto. Ma, il desiderio è già in via di realizzazione: dopo le abbuffate di Yara e Sara, i programmi di prime time ad essi dedicati non brillano e quelli pomeridiani sono scomparsi.
2) Grasso vorrebbe «meno talk show d’approfondimento» ché sono solo passerelle per politici e narcisi. Teoricamente è vero. Ma finchè il rapporto qualità-prezzo regge (i talk costano meno, e nella crisi si spalmano soprattutto sul prime time) e finché reggono gli ascolti (Ballarò è sul 14%) sarà difficile. Semmai, meglio cambiare gli ospiti ed evitare la rissa. Non è un caso che i talk politici mattinieridi La7, Rai o Skygarbati e spesso con ospiti competenti che non accavallano le voci, aumentano la share.
3) Grasso non vede l’ora di «vedere una fiction italiana senza eroi, santi, navigatori». Ma, purtroppo questo è il paese degli eroi, dei santi e dei navigatori. La cui esaltazione spesso rimane il rimedio contro l’assuefazione alla mancanza d’etica e alla corruzione. E, a parte il fatto che a fronte di un Adriano Olivetti c’è sempre Una grande famiglia, l’agiografia in tva piccole dosi si configura comunque, per lo spettatore medio, insufflata di speranza e forma di psicoterapia. Accadeva lo stesso con i film di Capra, Sturges e Hawks nella Grande Depressione Usa. A quei tempi Mad Men non sarebbe mai andato in onda...
4) Grasso sogna che «in Italia si faccia qualcosa di simile a Downton Abbey». E grazie tante. Parliamo della serie inglese migliore d’ogni tempo. Sceneggiatura cristallina, scenografia sontuosa, cast perfetto. Però, diamine, ogni puntata, 48 minuti, costa 1 milione di sterline. Un milione. Se negli anni 70 avessero dato un budget del genere a Mario Bava sarebbe diventato Quentin Tarantino...
5) Grasso si domanda: «Verrà mai un giorno in cui la Rai, il Servizio pubblico farà un varietà bello come X-Factor? Tornerà Fiorello?». Ma, veramente, X-Factor ha esordito, appunto, sulla Raidue del tanto vituperato Antonio Marano. Ed era avvincente quanto l’odierno fenomeno su Sky (oltre a fare, nei tempi d’oro, più ascolto). Dovremmo smetterla di affermare che se una stessa cosa fa la Rai è da pirla, e se va su Sky è da fighi, e lo dice uno che alla Rai non lesina critiche. Su Fiorello: certo che tornerà, dipende dal contratto...
6) Grasso attacca i telecronisti del calcio che si parlano addosso e spera «nel silenzio». Ha ragione. Specie da quando hanno come appendice molesta il «commentatore». Ma voglio vederla una telecronaca senza telecronista. Anni fa c’erano i Gialappi che sdramatizzavano le partite; ma la loro satira andava bene per i primi due match d’un campionato. Dal terzo in poi tornavi su Bruno Pizzul...
7) Grasso si spertica: «Lunga vita a Milena Gabanelli. L’inchiesta è l’unico antidoto alla chiacchiera dei talk». E ha ragionissima. L’abbiamo sempre scritto. Viva Milena che scrive per il Corriere della sera e viva le inchieste (purché accurate...)
8) Grasso si augura: «sarebbe bello si cominciasse a discutere di tv di qualità, da non confodersi con la tv intelligente». E qua mi sfugge il concetto. È più «tv di qualità», per dire, Masterpiece da Grasso massacrato; o Plastik-Ultrabellezza terribile passerella sulla chirurgia estetica a base di silicone e botulino osannato da Grasso che plaudiva al «prof. Marco Klinger che ha rivelato un’insospettabile padronanza del mezzo» (e tutti ad arrovellarci: chi cavolo è il il prof. Klinger?).
9) Grasso scrive: «Vorrei che i palinsesti non venissero fatti dai Lucio Presta o dai Beppe Caschetto». Anch’io. E vorrei che i giornalisti non avessero Presta o Caschetto come agenti.
10) Grasso non vorrebbe «vedere un Matteo Renzi in un programma di Bruno Vespa». Che significa? Renzi può andare da Fazio, o che non può proprio andare in tv? Ma se non può andare in tv Renzi sarebbe davvero Renzi ? (Citerei Kennedy nel dibattito alla Cbs nel 60, se l’argomento non venisse usato da Renzi come arma impropria...).