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 2013  dicembre 28 Sabato calendario

L’UFFICIALE ITALIANO CHE INVENTÒ LA GUERRA AEREA


Due italiani erano presenti nella lista dei dieci classici del pensiero militare più letti all’Accademia di West Point, secondo quanto rivelò nel settembre 2012 la rivista Foreign Policy. Ovviamente uno dei due era Niccolò Machiavelli con il suo Dell’arte della guerra, però solo al numero sette: precedendo L’influenza del potere marittimo nella storia 1660-1763 di Alfred Thayer Mahan, l’Arte della guerra di Sun Tzu e La guerra del Peloponneso di Tucidite. Più importante di lui per i militari americani è invece un personaggio che probabilmente all’italiano della strada risulterà non solo sconosciuto, ma di cui non riuscirà neanche a comprendere che si tratta di un connazionale, per via del cognome savoiardo ereditato da un padre ufficiale che nel 1860 aveva scelto di restare al servizio di Vittorio Emanuele II: Giulio Douhet. A West Point, il suo Dominio dell’aria, scritto nel 1921, è addirittura al numero quattro di questa classifica: dietro solo Della guerra di Carl Von Clausewitz, Alcuni principi di strategia marittima di Julian Stafford Corbett e Storia dell’arte della guerra nel quadro della storia politica di Hans Delbrück, ma davanti agli Studi sulla battaglia di Ardant Du Picq e all’Arte della guerra di Antoine-Henri Jomini.
Su questo italiano dal cognome francese, che in Italia conoscono solo gli specialisti e che gli Stati Uniti invece venerano, è ora uscito un libro di Eric Lehmann (insegnante al Liceo francese di Torino e studioso di storia aeronautica e militare): La guerra dell’aria. Giulio Douhet, stratega impolitico (Il Mulino, pp. 226, euro 20), che utilizza fonti di archivio finora mai esplorate. E dalla lettura si ricava che in fondo il complesso di circostanze da cui siamo partiti è altamente simbolico. Du Picq e Jomini erano infatti proprio i teorici che andando allora per la maggiore ispirarono all’italiano Cadorna e ai suoi colleghi comandanti degli altri eserciti della Grande Guerra quella strategia dell’assalto frontale che nell’epoca della mitragliatrice e del filo spinato portò a tremendi bagni di sangue. Ufficiale di artiglieria assegnato nel 1912 al battaglione aviatori appena costituito nel Regio Esercito e divenutone poi comandante pur non avendo mai personalmente preso il brevetto di pilota, Douhet fu disgustato da quel massacro, che nei suoi scritti arriva a descrivere in modo non troppo dissimile da certi classici dell’antimilitarismo tipo Un anno sull’altopiano di Emilio Lussu. Ma proprio per superare Du Picq e Jomini e tornare alla guerra manovrata di Clausewitz ebbe l’idea di considerare l’aviazione da bombardamento come un nuovo tipo di artiglieria dalla gittata illimitata, che avrebbe potuto forzare la linea delle trincee portando la distruzione al cuore del dispositivo bellico del nemico, disorganizzandone i centri decisionali e produttivi e terrorizzandone la popolazione fino a spingerla a chiedere la resa.
Altrettanto simbolicamente, però, la disattenzione degli italiani di oggi per lui è analoga a quella che ebbero i suoi superiori. Lehmann riconosce che la colpa era anche del suo carattere pestifero, e non senza una punta di monomania. Con piglio da grafomane Douhet cercò dunque di convincere della bontà delle sue idee con un diluvio di memoriali, studi, proteste, perfino romanzi, finché un deputato non smarrì un suo scritto di dura critica a Cadorna che fu ritrovato e lo portò tra 1916 e 1917 alla condanna di un anno di fortezza per propalazione di notizie riservate e denigrazione dell’azione delle autorità militari. Paradossalmente, dopo Caporetto la disgrazia di Cadorna portò alla sua riabilitazione, e fu nominato al Commissariato all’Aeronautica. Ma poi finì di nuovo esautorato, per le sue critiche a tutto e a tutti. Direttore dopo la fine della guerra di un giornale, fu in compenso nel primo governo Mussolini nominato Commissario all’Aviazione, con rango di sottosegretario. Ma la sua nomina non fu mai controfirmata, ancora per i veti degli alti comandi su di lui. Morto 61enne nel 1930, Giulio Douhet va anche ricordato perché fu colui che ebbe l’idea del Milite Ignoto. Ma anche su quella finì per litigare con tutti quando lo misero all’Altare della Patria, e non al Pantheon come aveva proposto.
Appunto: gli unici a prenderlo sul serio furono gli americani, i cui comandi avevano conosciuto i suoi scritti perché anche loro durante la Grande Guerra ne erano stati alluvionati. Lo mitizzarono talmente da creare addirittura la leggenda che sarebbe stato lui in persona a guidare su un aereo il primo bombardamento della Storia, durante la guerra di Libia. È stato proprio applicando le sue dottrine se i bombardieri americani hanno spianato Europa e Giappone durante la Seconda guerra mondiale, e poi Vietnam, Iraq e Serbia. Anche l’ultima moda dei droni è figlia dell’idea di Douhet che una guerra si può vincere anche solo dall’aria...