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 2013  dicembre 28 Sabato calendario

IL FMI SMASCHERA IL «TASSA E SPENDI»: 1 EURO DI IMPOSTE ERODE IL 3% DI PIL


«Le tasse che danneggiano di meno la crescita sono quelle sulla proprietà, come l’Imu, mentre le tasse che, se abbassate, favoriscono di più la ripresa e l’occupazione sono quelle sul lavoro», Pier Carlo Padoan, oggi vicedirettore generale dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), e prossimamente presidente dell’Istat, è un economista che ha scalato tutti i gradini della carriera internazionale: dalla Banca Mondiale alla Commissione europea e fino alla Banca centrale europea. Ora si appresta a tornare in Italia con un ruolo fondamentale nelle scelte strategiche del governo. Fornire statistiche, serie storiche e analisi di previsione algoverno è proprio uno dei compiti principali dell’Istituto nazionale di statistica. E la tesi di Padoan sulle “tasse buone”che colpiscono il patrimonio immobiliare, rischia di orientare non poco le scelte analitiche dell’Istat e quindi dell’esecutivo in materia di politica economica e fiscale.
Il problema in Italia non è promuovere quella o questa tassazione, quanto tentare di eliminarne qualcuna purché sia. La realtà è che la teoria si fa sui libri e nelle aule universitarie, mentre in pratica poi è più facile aumentare un’imposta (o le accise, tanto per cambiare), che cercare di ridurle. Così come lo sbandierato esperimento sul taglio del cuneo fiscale sul lavoro, si è rivelato un micidiale boomerang per il governo alle prese con la legge di Stabilità. Si pensava di dare una “scossa” alla crescita e alla ripresa con altisonanti annunci di riduzione del costo del lavoro e aumento delle buste paga. Si è trasformato in un uragano di lamentele riuscendo a mettere incredibilmente d’accordo sindacati e imprenditori. C’è poco o nulla che resta per le imprese e per i dipendenti. Una manciata di euro o poco più per chi guadagna meno di 30mila euro (lordi), l’anno.
Certa è invece la grandinata di micro tasse (locali, regionali, nazionali), che contraggono ulteriormente la già limitata disponibilità delle famiglie, precipitano il Paese in una depressione economica ancora più ampia e spengono qualsiasi barlume di ipotetica ripresa.
Eppure Padoan e compagnia dovrebbero aver letto e studiato l’occasional paper del Fondo monetario internazionale (“Growth Forecast Errors and Fiscal Multipliers”). Un dotto mea culpa del capo economista del Fondo Olivier Blanchard, che insieme a Daniel Leigh, nel gennaio scorso, spiegò come mai ad un aumento della tassazione in periodo di crisi corrispondesse un aumento dell’indebitamento del debito. Nelle 43 pagine dello studio del Fmi, in sostanza, si spiegava che ogni euro di aumento della tassazione riduce la crescita economica di tre euro. Una tesi oggi tanto sbandierata (teoricamente), quanto poco seguita dai governi. Un’analisi impietosa di un errore madornale di approccio. Giusto qualche settimana fa l’ex membro italiano del board della Bce, Lorenzo Bini Smaghi, oggi presidente di Snam Rete Gas, spiegava: «La recente crisi dell’Eurozona ha dimostrato che le misure di austerità sono controproducenti: provocano effetti recessivi che, almeno nel breve periodo», spiegava per il sito Lavoce. info, «tendono a far crescere il debito pubblico, in rapporto al Pil. È una tesi confermata dall’analisi econometrica che mostra come gli aggiustamenti di bilancio siano stati più recessivi del previsto, con moltiplicatori fiscali superiori dell’unità». La conclusione a cui arriva Bini Smaghi è che «i politici europei non sono stupidi perché perseguono l’austerità, ma perseguono l’austerità perché sono stupidi, o detto in modo più diplomatico, hanno una visione ristretta, hanno ignorato le altre alternative a disposizione e alla fine si sono ritrovati con una sola opzione, l’austerità. In altre parole, hanno attuato l’austerità perché non erano rimaste altre scelte». E l’ipertassazione, invece delle riforme vere, sembra appunto ricadere nel novero delle scelte stupide.