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 2013  dicembre 19 Giovedì calendario

COSÌ PARLANO I PICCOLI RENZINI


La Stella di Pina
Pina Picierno, segreteria Pd, delega per legalità e Sud, l’8 dicembre su Twitter: «Ecco Stella. È più bella di Dudù. E pure lei vuole cambiare verso». Stella è una barboncina nera, cappottino nero bordato di fucsia e borchie d’oro. Il 10 di nuovo: «Ci vediamo a Ballare, eh!». Ancora lei, Picierno: «Prima di tutto la legge elettorale». Giusto. Stragiusto. E la legalità? Nada. Ma di coraggio deve averne. Appena nominata, è corsa da Vincenzo De Luca, sindaco di Salerno, quello plurivotato, poco subordinato, molto radicato, e perciò indagato: «Devi dimetterti subito da viceministro. Me l’ha detto Matteo». E quello, ostinato com’è, l’ha mandata a quel paese.

Zen Francesco
Francesco Nicodemo, responsabile comunicazione del Pd, magari ve lo schianterà, il cuore, fra un po’, ma per ora nel cuore dovete fargli spazio. L’esordio si è rivelato perfetto. Tutto e subito, tutto a dicembre. Egli subito infatti sminchioneggiò il Marco Travaglio sminchioneggiante di Servizio pubblico. Minaccioso gli rispose allora, sul Fatto, un bulletto alla moda: «Se Nicodemo resta al suo posto, vuol dire che il Pd di Renzi è prossimo al fascismo come concezione della libertà di stampa. E certo non lo è. Renzi vuole dimostrare di essere diverso da Massimo D’Alema o Silvio Berlusconi, bene, lo dimostri. Non però nel senso che è addirittura peggio di loro, al punto di scegliere un tifoso hooligan come bodyguard antigiornalisti». Intende rispondere a questo Andrea Scanzi?, domandarono. E quel gigante: «No, è patetico. Risponderò con il silenzio zen».

Tenace Madia
Manco 24 ore dall’incarico e Marianna Madia, neoresponsabile lavoro, ragazza esile, ma dicono tenace, se n’è beccata una sfilza da Chiara Geloni, l’amica-nemica: tu sei partita con Walter Veltroni, poi D’Alema, indi bersaniana, hai blandito i giovani turchi, capeggiasti volentieri la rivolta contro Franco Marini presidente, virasti allora su Pippo Civati affermando, con i civatiani, che il Pd romano era una mafia, ma appoggiasti quel Pd romano, finché, fresca fresca, te ne andasti dai renziani. E in segreteria. Silenzio sdegnoso. S’indignarono, al posto di Madia, 26 deputate 26: basite, siamo rimaste, le hanno scritto affettuose. Ma Geloni ha intignato: «Marianna era incinta, ci siamo incontrate, ci terrei molto a farti da madrina, le ho detto». Perdurante silenzio di là. L’onorevole Madia è persona tenace, preparata e combattente. Partita in effetti con Veltroni, poi con D’Alema, bersaniana per un po’, ma renziana di primissima fila testé, non risultano, per ora, tentazioni professionali in direzione di Maurizio Landini, Fiom. Solo che lui, Landini, ha espresso giusto ieri generose disponibilità verso Renzi. Perché il Lavoro è il Lavoro. E la Marianna, povera, sta in mezzo.

L’ubiqua Boschi
Un fenomeno, Maria Elena Boschi (Riforme istituzionali), è sembrata fin dai primi giorni. La riforma elettorale portata a Porta a porta, Ballarò, Agorà, Piazza pulita, Radio 1, Radio 2 e Radio 3, Mediaset. Quale riforma? Ah no, questo lo vedremo. Però sta battendo tv e giornali da est a ovest. Se i talk show sono in crisi, parte del merito deve andare a lei. Il suo dicembre sta volando. «La Leoparda» l’hanno battezzata, per invidia nonché per la solita misoginia. Invece è un mulo, altro che «la gonnella del renzismo». Appena nominata ha sussurrato occhieggiante ai giornali: «Sono single, ma starei anche con uno di destra». E non c’è abolizione del Senato, non esiste presidenzialismo «che possano farmi rinunciare a essere me stessa». Le hanno chiesto giusto ieri: è vero che mammà le da le dritte tutte le volte che mette piede in tv? «Ogni madre tiene alla figlia, ma dentro l’arena non c’è dritta che tenga». Lei tiene ferma la residenza a Laterina, provincia di Arezzo, sono radici, fa avanti e indietro con Roma. Nel tragitto di sicuro pensa alla Grande riforma.

State Bonaccini
16 dicembre, Stefano Bonaccini, segretario emiliano e neoresponsabile enti locali, parla: «Non sono nelle condizioni di potermi candidare a sindaco di Modena». Oh bella... «Non posso farlo per rispetto della città». Oh bella... «In una settimana nella segreteria di Renzi ho già in agenda 34 appuntamenti in tutta la Penisola». E quindi? «Non esistono persone indispensabili, capaci di cambiare il mondo da sole». Oh bella... E nemmeno «farò più il segretario regionale». Oh mamma... E come la metterà Renzi, che è sindaco, segretario nazionale, presidente in pectore del Consiglio, candidato alle europee e centrocampista della Fiorentina, con questo posapiano?

L’europea Mogherini
Mica poteva sottrarsi, neoresponsabile Europa e affari internazionali, dal dare indicazioni chiare e sconvolgenti e fresche. Il 15 dicembre, infatti, le ha date. E cioè. Primo, le cose giuste sull’ Europa le ha già dette tutte Giorgio Napolitano. Secondo, le politiche europee hanno mostrato grandi limiti. Terzo, bisogna puntare su un’Europa più solidale. Quarto, ecco perché le elezioni saranno importanti e, quinto, ciò che più conta insieme all’uscita dalla crisi economica, decisivo risulterà trovare un punto di vista europeo sulle crisi del Mediterraneo, del Medio Oriente e dell’Africa. Non è tipo da mandarle a dire, l’onorevole Federica Mogherini. Ricorda in qualcosa il senatore Renasto Schifani.

Di Lotti e di governo
Luca Lotti ha organizzato l’assemblea di Milano, ha suggerito a Renzi il do ut des con Beppe Grillo, consigliato, smussato, messo a punto il programmino da «imporre», il termine piace da morire, a Enrico Letta, è andato a pranzo e a cena, due volte, con importanti funzionari dell’ambasciata americana a Roma, si sbatte, incontra, mette in cascina il fieno che trova, dorme poco, che altro deve fare ’sto povero ragazzo?

Crisafulli per (il) Faraone
Al fresco responsabile renziano della scuola è piombata tra capo e collo la tegola lanciata dal grillino Riccardo Nuti: «Davide Faraone ha avuto a che vedere con la mafia, si dimetta subito». Occasione, per il Mirello Crisafulli infangato e accusato di uguali misfatti, fra gli altri, proprio dagli «amici» renziani, per togliersi dalla scarpa, più che un sasso, il massiccio delle Dolomiti: «So bene come ci si sente quando si finisce al centro di un linciaggio mediatico che deriva da accuse generiche che si concludono con un nulla di fatto, ma vengono strumentalizzati dall’inquisitore di turno». E «a Davide dico: resisti, uscirai a testa alta, il tempo è galantuomo e ci darà ragione». E Davide resiste. E ne uscirà a testa alta. Solo che la sua testa, impegnata com’è in una simile uscita, capirete bene quali difficoltà possa trovare nell’entrata verso i più gravosi compiti di segreteria.

Guerini e Braga, magnifica saga
Sono portavoce del segretario e responsabile per l’ambiente. Vale a dire, due guai. Uno sul fronte della focalizzazione delle idee, l’altro su quel magnifico disastro che è l’orografia nazionale. L’esordio di Lorenzo Guerini meritava un film. «L’abolizione del finanziamento pubblico dei partiti comunicato dal presidente del Consiglio va nella direzione da noi auspicata. Possiamo giustamente parlare di un positivo effetto Renzi sull’esecutivo». Fischi e pernacchi nel giorno successivo. Proposte di modifiche, scambi di figurine con Grillo, non piglio i soldi se tu pigli il voto, un disastro. Nel frattempo Chiara Braga twittava: prevenire i disastri è meglio che ripararli, agire prima è meglio che dopo, trovare i soldi è meglio che non trovarli». Roba alla portata di tutti.

Taddei economista civato-renziano
Stava di là, l’hanno chiamato di qua. Civati è contento, Renzi di più. «Quanto alle critiche, è vero» ha confessato Filippo Taddei al Sole 24ore «ho sollevato alcuni rilievi, ma ho anche scritto che molto del programma di Yoram Gutgeld (il consigliere economico di Renzi, ndr) è condivisibile. Però è vero che mancava l’ambizione necessaria a cambiare il Paese». Cioè era fatto coi piedi. Nel suo cantuccio, Gutgeld per ora tace. Il professor Taddei chiede un solo favore: «Non chiamatemi giovane, ho 37 anni, in qualunque altro paese sarei grande da tempo». Vero. Poi conferma di voler tagliare l’Irpef, segare il cuneo fiscale, decapitare la spesa pubblica, parificare la condizione tra garantiti e disoccupati e reintrodurre magari l’Imu. Con gli alfanidi lì.

Alessia Morani e la patata bollente
Manco il tempo di nominarla al sacro ruolo, e l’onorevole avvocato Alessia Morani, ex bersaniana, ha fatto capire che la patata della giustizia è tutt’altro che bollente, proprio volendo tiepida. Amnistia e indulto per le carceri strapiene? Scordarseli, «come disse Sandro Pertini alla sua mamma». Discutere l’obbligatorietà dell’azione penale? Scemenze. Separazione delle carriere per i magistrati? Non se ne parla. Intercettazioni a schiovere? E che è? Mica vorremo mettere i bavagli... Ma i magistrati lo dicono e ridicono da anni: è già così. Prevedesi dotta disputa sul sesso degli angeli. La corporazione sospira.

L’infrastruttura di Debora
Il Paese ha bisogno come il pane di infrastrutture. Ci penserà Debora Serracchiani. Nella segreteria del Pd le hanno dato questa delega. Appena l’ha saputo, Serracchiani ha rilasciato un’intervista ad Avvenire dove si diffonde su: scioglimento delle correnti, rottamandi messi da parte, intesa alla tedesca col governo, abolizione del Senato, legge elettorale e alleanza con Nichi Vendola. Manco un ponte, nemmeno un sottopasso. Per quelli ci sarà tempo.