Antonio Massari, Il Fatto Quotidiano 27/12/2013, 27 dicembre 2013
DENTRO IL CALCIO MARCIO CON LE TECNICHE DELL’ANTIMAFIA
Quando nelle stanze dello Sco (Servizio centrale operativo della polizia) vedi le foto appese ai muri ti chiedi: ma quella di Francesco Bazzani detto il “Civ” dove l’appenderanno mai? Qui hanno incastrato i vertici di Cosa Nostra e dei casalesi: fotogramma per fotogramma sfilano in manette criminali del calibro di Bernardo Provenzano e Michele Zagaria. E da tre anni sono costretti a occuparsi di tipi come il “Civ”. Il “Civ” è un uomo di mezza età che – secondo l’accusa – utilizzando “le sue entrature e conoscenze nell’ambito delle dirigenze, in particolare della Serie A, e dei calciatori ‘disponibili’ alla corruzione, conclude accordi che, per ogni singola partita, possono giungere a un introito a suo favore, comprensivo del denaro necessario per la corruzione, di circa 700 mila euro a incontro”. È da tre anni che lo Sco, indagando con la Procura di Cremona, sta smontando il calcio italiano. È dal 2002, invece, che il Servizio centrale operativo lavora nel settore “giochi e scommesse”. In undici anni ha ammanettato 865 persone – 341 con l’accusa di mafia – per un totale di 8.878 denunce (748 per associazione mafiosa) sequestrando beni per 28,5 milioni di euro. In grandissima parte, però, si tratta di reati collegati a videopoker e scommesse clandestine. Dal 2010 accade quello che non t’aspetti: una ventina di agenti che scandagliano le vite di Rino Gattuso, Stefano Mauri, Antonio Conte e via dicendo.
Il valore di un sussurro
Dice il presidente Figc, Giancarlo Abete: “In termini di situazioni acclarate, al momento, di fatto, si vede abbastanza poco”. Situazioni acclarate: dipende da quel che vogliamo vedere. Intanto: qui non s’indaga su un traffico di droga. Non si tratta d’intercettare un boss, pedinare il trafficante, filmare e poi sequestrare un quintale di roba. La sostanza del reato qui è volatile: è un’informazione. Con l’informazione giusta, il “Civ” può mettersi in tasca 700 mila euro. Per una sola partita di calcio. Di Serie A, s’intende. Il problema è che non puoi sequestrare un sussurro e depositarlo sulla scrivania d’un magistrato o del presidente Abete. Se qui smontano il calcio italiano con i metodi dell’antiterrorismo e dell’antimafia, il motivo in fondo è semplice: spesso gli indagati usano accorgimenti da criminalità organizzata. Analizzando migliaia di telefonate sospette, per esempio, gli agenti s’imbattono nel numero intestato a tale Samantha.
La tecnica del “citofono”
Gli investigatori controllano la scheda di Samantha e scoprono che, quella stessa scheda, è stata inserita in alcuni telefoni usati dal capitano laziale Stefano Mauri.
Non solo. Scoprono anche che la scheda di Samantha ha un picco di contatti in un periodo di tempo ristretto – a ridosso di alcune partite sospette – e, soprattutto, “vive poco”: dopo questo periodo, cioè, non viene più usata. E quindi gli sbirri concludono: Samantha non è Samantha. Infatti Samantha è Mauri.
L’intuizione investigativa viene confermata dallo stesso Mauri – che però nega di aver manipolato partite – e dal maggiore “pentito” di quest’indagine, Carlo Gervasoni, il principale accusatore del capitano laziale. In gergo questa è la tecnica del “citofono”: una scheda intestata ad altri, dedicata a poche utenze, per un numero ristretto di telefonate. E la scheda di Samantha contatta decine di volte il “Civ” a ridosso di una partita – Lazio Genoa 4-2 del maggio 2011 – “della cui manipolazione – scrive lo Sco – vi è certezza”.
Non è l’unico “citofono” in funzione con il “Civ”, che accumula 110 contatti con l’utenza della “Baci e abbracci collezioni”, utilizzata, in realtà dal laziale Cristian Brocchi. E i “contatti più significativi – annota lo Sco – si riferiscono alla partita Lazio-Juventus del 2 maggio 2011, terminata con la sconfitta casalinga della Lazio per 0-1”.
Allora i punti (investigativi) sono: perché mai, quando devono parlare con il Civ, Mauri e Brocchi, non usano il proprio telefono? Perché usano schede intestate ad altri? Perché i contatti si moltiplicano proprio a ridosso di partire sospette? Questo stesso elemento – la scoperta di utenze “dedicate” – fu un macigno nell’indagine contro le nuove Br nell’omicidio di Marco Biagi. Per il mondo del calcio, invece, siamo sempre fermi al “non c’è niente di acclarato”: l’élite del pallone ritiene di poter vivere in un’altra dimensione.
“Il Civ? Lo conosce mezza Serie A”
E infatti Rino Gattuso commenta, come se fosse una giustificazione, che per lui “il Civ” è “un amico come tanti”. Anzi: “Lo conosce mezza Serie A”. Forse non si rende conto di aver ammesso una verità sconcertante: perché mai, infatti, un anonimo signore di mezza età che, per mestiere scommette sul calcio italiano, è amico di “Ringhio” e di “mezza Serie A”? In fondo nell’anno in cui il “Civ” parla con Gattuso – siamo nel 2011 – le scommesse degli italiani sul calcio ammontano a 2,4 miliardi di euro: in Italia esistono milioni di “Civ” ma soltanto lui – e pochi altri – sono amici di Gattuso e di mezza Serie A.
Gattuso e mezzo campionato sono amici di un uomo che – secondo l’accusa – conosce i risultati delle partite in anticipo. Un uomo che a ridosso di una partita sospetta – Chievo-Milan del febbraio 2011 – entra in contatto con Gattuso 13 volte. Per questo motivo, la Procura di Cremona ha iscritto Gattuso nel registro degli indagati. L’accusa è di associazione per delinquere finalizzata alla frode sportiva e, secondo la procura, si tratta di un “atto dovuto” anche perché la posizione di Gattuso è “marginale”. In attesa di approfondire le indagini, restano quei 13 contatti tra Gattuso e il Civ, che possono portare soltanto in poche direzioni. La prima: il Civ e Gattuso, in quelle ore, entrano in contatto per parlare di tutto, tranne che di scommesse sicure o combine. La seconda: parlano di scommesse o combine. E allora i casi sono due: o è il Civ a chiedere informazioni a Gattuso, oppure è Gattuso che chiede informazioni al Civ. Poi il Civ è stato arrestato ed è un altro colpo alla credibilità del calcio italiano: venti agenti al lavoro da tre anni, rogatorie e viaggi in Ungheria, Germania, Croazia, Svizzera e Finlandia. Migliaia di telefonate al setaccio. Incroci tra tabulati, intercettazioni, celle telefoniche, viaggi aerei, documenti falsi, residenze in albergo e telepass in autostrada: tutto per ricostruire la rete che avvelena il calcio italiano. E per scoprire in diretta – senza mai riuscire a provarlo – che nel maggio 2011, a Genova, si combinava persino il derby: il Genoa voleva concedere una vittoria alla Samp. Ma al 96esimo i rossoblu vincono con un gol di Boselli. Il giorno dopo compaiono le scritte sui muri: “Solo Boselli non sapeva”.