Fabio Capolla, Il Tempo 27/12/2013, 27 dicembre 2013
LE PROVINCE VOGLIONO SOLDI PRIMA DI MORIRE
All’inizio fu la Provincia di Teramo, a seguire a ruota arrivarono quelle di Treviso, Venezia, Padova e Savona. Visti i risultati positivi dopo poco si aggregò anche la Provincia di Torino. Il momento della verità ci sarà tra pochi giorni, dopo le feste, quando la Cassazione dovrà dare il suo parere definitivo sulla richiesta di risarcimento di 15 milioni di euro, crediti immediatamente esigibili che la Provincia vanta dal 1996. Crediti vantati per trasferimenti dallo Stato che non sono mai arrivati nelle casse dell’ente abruzzese.
«Vince Davide contro Golia», aveva dichiarato il presidente della Provincia di Teramo Valter Catarra dopo che era stato accolto dal Tribunale di Roma il ricorso per decreto ingiuntivo presentato contro il Ministero dell’Interno e il Ministero delle Finanze per un importo di 15 milioni di euro: i crediti vantati dall’ente per trasferimenti mai arrivati. Soldi con un fine ben preciso, quello di pagare tutte quelle imprese che avevano svolto lavori per l’amministrazione e che da anni attendevano di ricevere il mandato per presentarsi all’incasso in banca.
«Vince Davide contro Golia», aveva affermato a caldo il presidente Valter Catarra che esultando per la vittoria forse non si era neanche accorto di avere in mano una sentenza che potenzialmente potrebbe mandare in default l’intero Paese.
«Situazione improbabile se non impossibile», fanno sapere i giuristi. Di fatto il Ministero aveva un fondo apposito per pagare queste somme. Fondo che nel tempo si è esaurito e che quindi adesso non potrebbe soddisfare tutti quegli altri enti che, alla luce di queste ipotesi potrebbero a loro volta presentare il ricorso. In attesa della sentenza della Corte di Cassazione impossibile fare ipotesi, avanzare conti della spesa. Ma l’attesa diventa spasmodica, alla faccia di chi afferma che le Province sono già un ricordo. Enti inutili, ma ci sono imprese che attendono quei soldi e Catarra si dice sicuro di poter riavviare lavori. «Sono soldi di cassa con i quali potremo pagare le imprese, far riaprire i cantieri fermi perché l’ente non poteva pagare le ditte. Sono soldi che andranno al territorio per tutto il pregresso che si è accumulato». La strada scelta dall’avvocato della Provincia di Teramo a carte scoperte sembra quasi banale. I 15 milioni di euro del decreto ingiuntivo riguardano, infatti, somme impegnate nei precedenti bilanci per investimenti di varia natura, somme, quindi, coperte da assegnazioni dello Stato per trasferimenti dovuti ma mai arrivati nelle casse dell’ente. È bastato quindi seguire un suggerimento dell’Upi e farsi certificare il debito dallo stesso Ministero delle Finanze dopo una reiscrizione dei residui perenti». Questa operazione ha sottolineato l’avvocato Antonio Zecchino «ha reso più solida la nostra azione e sicuramente rende più complesso un eventuale appello da parte del Ministero».
Cresce l’attesa e per Catarra si p venuta a creare una situazione politica che avrebbe messo in luce l’importanza della Provincia sul territorio. «Questa sentenza è la dimostrazione che gli enti locali sono titolari di diritti che vengono continuamente calpestati dallo Stato centrale», aveva dichiarato subito dopo la sentenza del tribunale. Tutti gli altri discorsi rimangono appesi a un filo. La Provincia di Teramo, così come quelle di Treviso, Venezia, Padova e Savona grazie ai soldi di quel decreto ingiuntivo erano convinti di poter evitare il default. L’inventiva dello staff di Catarra non si era limitato a questo ricorso. Per rimpinguare le casse provinciali la Provincia di Teramo ha avuto a favore sentenze del Tribunale che decretano che la società Autostrade per l’Italia Spa deve pagare alla Provincia il canone Cosap e gli interessi di mora per le annualità non corrisposte. Le tre nuove sentenze, pronunciate da un diverso giudicante, seguono la prima che aveva fatto da “apripista”, dando ragione all’Avvocatura dell’Ente, contro il ricorso con il quale la società Autostrade si opponeva al pagamento, e stabilendo che la società è tenuta a versare il canone all’Ente per l’occupazione dello spazio aereo sovrastante le strade provinciali determinata dai pontoni autostradali. Nella sentenze si ribadisce che la società, pur risultando concessionaria della gestione dell’esercizio delle autostrade, non ha diritto all’esenzione prevista «per le occupazioni effettuate dallo Stato», in quanto società privata che ha quale proprio interesse il conseguimento di un corrispettivo (il pedaggio autostradale, appunto), al quale corrispondono il rischio di impresa e i relativi costi di gestione.
Chiudono le Province e forse per lo Stato è un bene cancellare proprio quella di Teramo che va alla scoperta di qualsiasi cavillo per riportare soldi in cassa e a lungo andare potrebbe fare da esempio per il travaso di soldi da quelle centrali.
Fabio Capolla