Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  dicembre 27 Venerdì calendario

DOMINIK IL DURO «SFIORO IL LIMITE PER L’ORO OLIMPICO»


Dover dire di no anche alla discesa di Bormio, complice la botta al polpaccio rimediata nelle prove della Val Gardena, gli è costato. Ma Dominik Paris ha capito che era necessario farlo: «Non posso rischiare di compromettere i Giochi olimpici». Quello che non distrugge, rafforza. Da Wengen in poi, allora, aspettiamoci un Domme-Dominik risoluto come quello che ha aperto la stagione trionfando a Lake Louise e come quello che nell’anno che si chiude ha vinto a Kitz ed è giunto secondo al Mondiale. Intanto, lo abbiamo incontrato nella sua terra, dove fa il pieno di energie da scaricare in gara e dove i ritmi esistenziali calzano alla perfezione su un ragazzone dal carattere deciso, ma dall’animo sensibile.
Molti, dalle sue parti, preferiscono essere definiti sudtirolesi e non altoatesini.
«Io sono a mio agio con entrambe le definizioni. Pensate che quando sono entrato in nazionale, capivo poco l’italiano: ho dovuto impararlo e mi ha aiutato Marsaglia».
Ci parli di Armin Zöggeler.
«Vive qui vicino, a Foiana, e abbiamo lo stesso manager. Ogni tanto ci incontriamo al campo sportivo e parliamo: è più timido di me! Visto quanto ha vinto, è bello e giusto che porti lui la bandiera».
Si ricorda il primo giorno sugli sci?
«No, me l’ha raccontato papà. Invece, rammento quando sciavo da piccolo. Ero fatto per la velocità: andavo giù a capofitto fino a quando non cadevo».
Poveri genitori...
«Peggio andava alla mamma, che, a 25 anni, imparò a sciare assieme a me. Lei si fermava a parlare, io la mollavo e ripartivo a manetta. La sentivo urlare...».
Cose degne di un Ghedina...
«Anch’io, come Kristian, ho provato a saltare dal trampolino con gli sci normali. E mi sono cimentato a mia volta nella spaccata. Ghedo ha fatto pure una capriola? Quella no: inseguo il limite, ma non lo supero mai».
Ama le sue montagne: i viaggi pesano?
«Un po’ sì: inventerei il teletrasporto».
Ci racconta quella volta in cui suo padre la spedì a lavorare in una malga?
«Non mi ha mandato lui; ci sono andato io, per scelta: 100 giorni, in estate, a sgobbare. L’avevo già fatto altre due volte. Mi stavo rammollendo, dovevo mettere a fuoco il mio futuro. Nella mente tambureggiava la frase di papà: il muratore puoi sempre farlo».
Bilancio dell’esperienza?
«Dalla malga tornai in forma. Vinsi in Coppa Europa, presi fiducia, andai a Lake Louise in Coppa del mondo: quattro secondi beccati in prova, out in gara... Pensai di non essere nel posto giusto, ma per fortuna mi concessi un appello».
Le aspettative della gente pesano?
«No, fanno piacere».
Come la mettiamo con la popolarità?
«Mi piace, ma non fatemi fare il modello o i reality. Sono solo per lo sci e per far capire ai giovani che sport è salute».
Con le donne, Paris è un «monello» come Christof Innerhofer?
«Se ho la fidanzata, sono fedele».
Altrimenti, omaccione o non omaccione, la fidanzata la picchia.
«Mai successo: sono bravo».
Progetti per Sochi 2014?
«Ai Giochi sogno di arrivare primo: è un pensiero sempre più forte».
Paris ha il «paracadute», nel caso i risultati non arrivino?
«Se sbaglio, per 10 minuti mi incazzo con me stesso. Poi volto pagina: è la mia forza».
Esiste il momento della paura?
«Nel mio caso no, sono sempre duro e deciso. Ma due anni fa a Kitz, quando si fece male Grugger, era difficile andare al limite».
Se non avesse fatto il discesista...
«... avrei fatto il cuoco. Mamma mi ha insegnato a far da mangiare, la mia specialità sono i maccheroni ai quattro formaggi».
Innerhofer patisce la sua esplosione?
«Credo di no. È molto bello stare in un gruppo forte e ampio: toglie pressione».
In estate ha perso un fratello e sappiamo che il tema è delicato. Le chiediamo solo se la disgrazia le ha insegnato qualcosa.
«Mi ha spiegato che si deve sempre andare avanti. A volte, però, il ricordo torna e qualche ragionamento lo faccio».
Dominik Paris ama la musica heavy metal. Ma adora anche gli scherzi.
«È vero. Raccontarne uno? No, dai...».
Accordato. Con il patto, però, che a Sochi ne combini uno enorme alla concorrenza.
Flavio Vanetti