D. FUG., La Stampa 27/12/2013, 27 dicembre 2013
NEL SANTUARIO DI SHIVA CHE VEGLIAVA SULL’IMPERO
Per conquistare questo luogo assolutamente magico, fino a pochissimi anni fa – prima che venisse costruita una strada – bisognava arrampicarsi su una ripida scala di tremila gradini, lungo una falesia bucherellata da grotte di eremiti.
Siamo di fronte a una delle costruzioni più spettacolari dell’architettura khmer di tutti i tempi, entrata nella lista del patrimonio Unesco nel 2008. Piazzato sulla catena montagnosa del Dangrêc, alla frontiera tra la Cambogia e la Thailandia, il tempio di Preh Vihear è da sempre causa di conflitto fra i due Paesi, che ne rivendicano entrambi la sovranità. Una disputa alla quale la Corte internazionale di giustizia dell’Aia ha posto fine lo scorso 11 novembre, assegnando definitivamente il monumento alla Cambogia.
Con una vista a strapiombo sulla pianura, il santuario rappresenta il dio indù Shiva sdraiato con la testa verso Angkor e il corpo allungato lungo il pendio in direzione opposta, per unire idealmente il Sud della Cambogia (con il suo grande lago Tonlé Sap, il più pescoso del mondo), e il Nord (con i suoi altopiani). La leggenda vuole che, sull’area di quello che era un semplice eremitaggio, nel IX secolo il principe Indrâyadha, figlio del re Jayavaram II, installasse una parte dell’immenso linga (simbolo fallico di Shiva) proveniente dal famoso tempio di Vat Pohu, oggi in Laos.
Tra il 1080 e il 1150, lo straordinario fascino del paesaggio spinse vari sovrani a ingrandire e abbellire il tempio, il cui prestigio spirituale crebbe fino a farlo diventare il passaggio obbligato di tutti i re khmer, che qui venivano e continuano a venire in pellegrinaggio per invocare gli antenati e la divinità sacra delle «cime», garanti della perennità dell’Impero. Oggi chi arriva al tempio, superando una serie di santuari dalle decorazioni e sculture delicatissime, uniti fra loro da scale e viali un po’ dissestati, e incappando in qualche raro militare che ancora presidia la zona, non può non percepire la forte spiritualità che ancora regna in questo luogo, dove si respira la sensazione di trovarsi in cima al mondo.
[D. FUG.]