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 2013  dicembre 27 Venerdì calendario

ADDIO SOLDI E BMW, IL «TROTA» LAVORA IN UNA FATTORIA (QUANDO GLI VA)


MILANO Sono i desaparecidos di casa Bossi, famigli dell’ex potente della Lega rovinosamente entrati in un malinconico con d’ombra dopo l’estromissione del capostipite dai vertici della Lega, e loro stessi protagonisti di quegli scandali che hanno contribuito non poco alla rovina del movimento. Dove sono finiti i quattro figli dell’Umberto? Che fine ha fatto la Manuela, seconda moglie e vestale della Lega?
Forse vale la pena di cominciare proprio da lei, la signora Marrone, nata a Milano 58 anni fa da madre lombarda e padre siciliano, inseparabile compagna di Bossi dal 1982, quando i due si conobbero a una fatale festa di Carnevale, per poi sposarsi dodici anni dopo in Comune, officiante l’allora sindaco leghista Marco Formentini. La Manuela non era solo la first lady: con Umberto lei la Lega l’ha proprio fondata, tenendola a battesimo nel suo monolocale di 40 metri quadrati a Varese.
Schiva e riservata, ha sempre difeso con le unghie e con i denti un principio in fondo semplice: la Lega è roba di Umberto e della famiglia, e nessuno può pretendere di prendersela. Neppure in caso di malattia del fondatore, e infatti fu lei, quando nel 2004 Bossi fu colpito dall’ictus, a tenere lontani i pretendenti e a spingere perché il trono andasse un giorno al suo primogenito Renzo. È andata come è andata, e adesso la Marrone continua a dirigere (e anche con indubbie qualità) la «sua» scuola Bosina di Varese, uno dei rigagnoli in cui è finito il fiume dei finanziamenti di Stato alla Lega.
Ma son tempi grami, i soldi non girano come prima. Non arrivano (quasi) più dalla legge Mancia, quella che consentiva ai parlamentari di sostenere in solido attività svolte da enti collaterali ai partito: e la scuola Bosina, dove si insegnano le tradizioni locali e perfino il dialetto, sicuramente lo è, o quanto meno tale veniva considerata tale da deputati e senatori del Carroccio che utilizzavano la Mancia per far contenta la Manuela, e di conseguenza l’Umberto. Altra brutta notizia, per l’ex regina del Carroccio: i 300 mila euro che ogni anno vanno alla scuola Bosina direttamente dalle casse di partito dall’anno prossimo verranno cancellati.
Poi ci sono i figli, a cominciare da Renzo, classe 1988, che proprio il padre - con battuta fulminante - degradò da Delfino designato a trota. Usava la Lega come un bancomat, e con i quattrini di partito si comportava macchinone e lauree false in Albania: quando è esploso il patatrac - primavera del 2012 - ha dovuto pure dimettersi da consigliere regionale. Non bulleggia più nei locali milanesi alla moda, non si fa più vedere in giro alla guida della sua Audi: con il fratello Roberto Libertà, 22 anni, gestisce una fattoria a Brenta, nel Varesotto, un casale intestato alla madre. Ma lì il Trota ci va poco, l’azienda «Tera nostra» (così si chiama, una sola t) è cosa soprattutto di Robertino. L’unico, tra i quattro figli, a fare ancora politica nella Lega. Il 7 dicembre, giorno delle primarie verdi, ha raggiunto la sede di Varese e ha infilato nell’urna la scheda con una croce sul nome del babbo. Nessuna traccia dell’ultimo figlio della coppia Bossi-Marrone: Eridano Sirio.
Poi c’è il grande: Riccardo, 34 anni, che l’Umberto ha avuto dalla prima moglie Gigliola Guidali. Anche lui chiedeva soldi al padre, e tanti, per pagarsi vizi e fidanzate. Tutto finito. Gli piacevano i rally, ma dopo aver sfasciato una Bmw al circuito di Monza, il patron della sua scuderia l’ha mollato. La moglie Maruska Abate lo ha lasciato, la fidanzata Rosy Dilettuso di recente è stata avvistata in piazzale Loreto, a Milano, a una manifestazione di forconi. E Riccardo vaga spaesato: qualche giorno fa l’han visto alla mensa di via Bellerio, dove era andato a trovare il padre. Così cadono gli dei: quelli minori, s’intende.