Aldo Cazzullo, Sette 27/12/2013, 27 dicembre 2013
RICCHI E DEPRESSI
No Guardo la classifica dei Paesi più ricchi del mondo, annunciata dal solito catastrofico titolo sull’Italia impoverita e colpita al cuore. Sapete quali sono i due Paesi al mondo con la maggiore ricchezza privata procapite? Prima Francia, seconda Italia. Germania e Stati Uniti nettamente staccati, Brics non pervenuti. Qualche anno fa avevo visto la stessa graduatoria, in un altro contesto. Ricordate Sicko, il film di Michael Moore sulle ingiustizie della sanità americana? A un tratto compare la classifica sui migliori sistemi sanitari pubblici del mondo. 1 France, 2 Italy. Ricordo che, ingenuo e provinciale come sono, quando vidi quelle immagini provai un misto di orgoglio e commozione, al pensiero di quando mi sono imbattuto nella sanità italiana: fatta di disservizi e di lentezze (le liste d’attesa per gli esami urgenti sono troppo lunghe), ma anche di professionisti straordinari, capaci di lavorare 16 ore al giorno guadagnando un terzo del portavoce di un politico di seconda fila. Eppure, francesi e italiani sono i due popoli più depressi del mondo, nonostante – o forse perché – abitino due Paesi baciati dal destino (“heureux comme Dieu en France”, felice come Dio in Francia, dice un vecchio detto per indicare il massimo del benessere). In comune abbiamo anche alcuni problemi. Per esempio una burocrazia invasiva, pesante, costosa. La differenza è che lo Stato francese funziona, il nostro no. Anche a causa della diversa qualità del welfare, i francesi guidano le classifiche di natalità in Europa, noi italiani le chiudiamo (siamo il Paese al mondo che fa meno figli, e questo dovrebbe essere il primo punto in agenda di politici che parlano sempre della famiglia e per la famiglia non fanno mai nulla). Ora, un conto è la ricchezza statica, preesistente, un altro conto è la ricchezza dinamica, prodotta ogni anno. In questa altra classifica, l’Italia arranca. Non c’è dubbio che negli ultimi vent’anni il Paese si sia impoverito. L’Italia è ferma, chiusa, ripiegata su se stessa. La misura di tutte le cose non è il merito, sono le pubbliche relazioni, le amicizie, le clientele, le parentele. Siamo un Paese ingiusto, in cui la ricchezza ha divorziato dal lavoro e dalla cultura; il denaro e le opportunità non si creano, si ereditano. Ma questo accade anche perché abbiamo perso la fiducia in noi stessi e la capacità di sacrificio. Oggi abbiamo lo stesso tasso di disoccupazione del 1977. Male, anzi malissimo. Ma nel 1977 in Italia non c’erano quasi immigrati: braccianti agricoli, lavapiatti, camerieri, infermieri, operai non specializzati, badanti, colf erano italiani. Presto vedremo immigrati anche in altri settori. Alzi un braccio a New York o a Londra, e si fermano cinque taxi; a Milano e a Roma capita spesso di non trovare i taxi in stazione. Di continuo incontro ragazzi che si lamentano: «Ho mandato il curriculum a tutti i giornali, a tutte le case editrici, a tutti i produttori cinematografici, e nessuno mi ha risposto!». Poi provi a chiedere: quale giornale leggi? Qual è l’ultimo libro che hai comprato? Quale l’ultimo film visto? Nulla: giornali, libri, film sono roba per vecchi; informazioni, cultura, divertimento si trovano già sulla rete, gratis. Ma allora, benedetto ragazzo, come puoi pensare che l’industria culturale produca altro che non precari, visto che abbiamo i consumi culturali più bassi dell’Occidente? Anziché azzerare qualsiasi forma di talento, forse dovremmo apprezzare di più le cose che abbiamo, valorizzare meglio le nostre ricchezze, cogliere le grandi opportunità che ci attendono. E riformare il welfare in modo da assistere i non garantiti che perdono il lavoro o non lo trovano. Cercando però di non mancare di rispetto ai veri poveri, ai popoli che davvero non hanno di che vivere.
Sì A proposito di opportunità, a Bologna una giornata di studi ha celebrato il venticinquesimo anniversario della fondazione Marino Golinelli, industriale e collezionista d’arte. La Fondazione lavora affinché i bambini e i giovani possano crescere con un bagaglio culturale adatto a farne i futuri cittadini del domani, attraverso attività di laboratorio e di divulgazione della cultura scientifica e progetti di didattica e formazione rivolti a studenti e insegnanti. Racconta Golinelli che “l’entusiasmo e la partecipazione dei ragazzi e la loro risposta è commovente”.