a.gr., la Repubblica 27/12/2013, 27 dicembre 2013
IL TESORO RIDISCUTA CON BRUXELLES LE SCADENZE SULLA RICAPITALIZZAZIONE
[Marco Vitale]
Sull’aumento Mps c’è un osservatore esperto e indipendente che rifiuta sia la linea “rapida” di Profumo e Viola sia il posticipo chiesto dalla fondazione locale. Marco Vitale, economista d’impresa, chiama invece in causa il Tesoro, che prestati 4 miliardi alla più antica banca del mondo oggi «non ha la forza politica di riformulare gli accordi con l’Ue mettendone in discussione i diktat, come già fatto da britannici e francesi su temi bancari».
Ma azzerare il tavolo della crisi non è una posizione accademica mentre soci e management fanno la conta dei giorni?
«Le scadenze con la Commissione si possono rimodulare, per gestire il dossier con scala e interessi nazionali, dato che la profonda crisi di Mps è una vera catastrofe per l’intero paese».
Come giudica gli eventi che hanno portato al bivio la banca?
«Ci sono tre ragioni principali: una perversa concezione della funzione bancaria, di cui Mps è stata vittima realizzando acquisizioni a valori folli; poi un’amministrazione pubblica di carattere partitico disastrosa, che ha cavalcato quell’ondata di follia; infine la manifesta inadeguatezza della vigilanza di Banca d’Italia, a dispetto della sua grande competenza».
Fatti i danni, cosa dovrebbe fare ora il management?
«Conosco e stimo sia Alessandro Profumo che Fabrizio Viola. Costituiscono un management sano e capace, ma gli indirizzi di fondo della banca non dovrebbero competergli. E sono contrarissimo a quest’idea di ricapitalizzare con modalità forzate, nei tempi e nella composizione, perché porterebbe il Monte, come già altre aziende italiane, sotto il controllo di grandi banche estere».
È per il campanilismo bancario?
«Non si tratta di campanilismo né di nazionalismi male intesi: ma di evitare che il mondo delle grandi banche estere - un sistema criminaloide, lo stesso che ha alimentato la visione bancaria perversa di cui Mps è stata vittima ora si annetta per intero e a sconto un istituto che per 600 anni ha fatto molto bene».
Che fare quindi?
«Siamo vicini al disastro e se ne esce solo con una linea chiara e limpida: il Tesoro deve sottoscrivere l’aumento che serve, come fatto già dagli inglesi con le loro banche. Si vedrà con il tempo e senza l’assillo di scadenze brevissime come sistemare l’assetto di Mps. Oggi bisogna uscire dalla dicotomia “aumento subito o a maggio”, e avere forza e dignità per fare quel che ha fatto Londra dicendo: le nostre banche ce le sistemiamo noi. Ma questo lo deve dire il governo».
Ma il governo tace: teme gli effetti del bilancio di Mps da 200 miliardi sui conti pubblici...
«Il rischio c’è, ma va affrontato: la gestione politica non deve essere dominata dalla paura. Se i diktat europei sono presi con spirito servile e vile, si finiscono per alimentare i populismi antieuro».
(a.gr.)