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 2013  dicembre 27 Venerdì calendario

PERCHÉ IL PRESIDENTE RUSSO HA GRAZIATO KHODORKOVSKIJ


Caro Romano, cosa sta succedendo in Russia? Come mai all’improvviso Putin ha decretato un’amnistia? Non pensa che sia un segnale all’Unione Europea?
Fosca Cassani
Mantova

Cara Signora,
Per dare una migliore risposta alla sua domanda dovrei sapere se vi siano stati accordi e impegni con il prigioniero graziato. Forse avremmo dovuto attribuire maggiore importanza alla lunga intervista che Michail Khodorkovskij ha dato a Neil Buckley del Financial Times nello scorso autunno e che il giornale ha pubblicato nella sua edizione del 26 ottobre. Nei dieci anni della sua prigionia, l’ex proprietario della Yukos ha scritto articoli e pubblicato libri, ma questa, salvo errore, è la prima occasione in cui un giornalista occidentale è stato autorizzato ad avere con lui un lungo colloquio nella colonia penale di Serezha in Carelia, una regione al confine con la Finlandia. Dopo molte domande sulle condizioni della sua prigionia, Buckley ha chiesto a Khodorkovskij che cosa avrebbe fatto dopo la sua liberazione e ha aggiunto: «Lei ha detto di non avere programmi per entrare in politica o tornare agli affari. Ma se la gente glielo chiedesse, prenderebbe in considerazione un ruolo politico?». Anche dopo le dichiarazioni fatte recentemente da Khodorkovskij a Berlino, la risposta resta molto interessante: «So quanto fortemente i poteri costituiti temano la mia liberazione ed è questa la ragione per cui non faccio programmi. Le mie priorità sono la famiglia, i genitori, gli amici. Il ritorno agli affari non mi interessa e non sono attratto da incarichi governativi, dalla caccia ai voti di un elettorato prigioniero di logiche paternalistiche, dagli intrighi politici. Sono pronto a battermi per gli interessi di persone che dipendono da sé stesse e hanno il sentimento della propria dignità. Le comprendo e mi comprendono. Sfortunatamente, per ora, i veri cittadini in Russia, non sono molti, ma aumenteranno. Per questa ragione continuerò a impegnarmi in iniziative civili».
La mia impressione , cara Signora, è che non vi sarà un partito Khodorkovskij, ma una grande fondazione simile a quella creata da George Soros quando il finanziere americano di origine ungherese decise di lasciare ad altri la quotidiana gestione della sua impresa. Putin aveva certamente letto la risposta al Financial Times ed era probabilmente giunto alla conclusione che una tale prospettiva fosse politicamente meno pericolosa dei danni che la continua detenzione di Khodorkovskij avrebbe provocato alla sua immagine durante i prossimi Giochi olimpici. Il presidente russo sa che le Olimpiadi sono state spesso un evento politico, un grande palcoscenico per chi voleva guastare la festa con le proprie rivendicazioni. È accaduto nel 1968 in Messico, quando due atleti afro-americani salutarono il pubblico dal podio con il pugno chiuso delle Pantere nere; nel 1972 a Monaco, quando la formazione palestinese Settembre nero uccise undici atleti israeliani; nel 1980, quando gli Stati Uniti disertarono le Olimpiadi di Mosca in segno di protesta per l’occupazione sovietica dell’Afghanistan; nel 1984 quando l’Urss restituì l’offesa disertando quelle di Los Angeles.
Nulla e nessuno può garantire che a Sochi, durante le prossime Olimpiadi invernali, non vi sarà qualche manifestazione di protesta. Ma la grazia a Khodorkovskij e l’amnistia votata dalla Duma con la conseguente liberazione delle Pussy Riot (le ragazze che inscenarono un ballo blasfemo nella chiesa di Cristo Salvatore) e degli attivisti di Greenpeace, processati per l’attacco a una piattaforma petrolifera nell’Artico, dovrebbero eliminare le manifestazioni più imbarazzanti. Resta piazza Maidan a Kiev, teatro di grandi manifestazioni filo-occidentali, ma Putin pensa che i 15 miliardi di dollari stanziati per il risanamento dell’economia ucraina dovrebbero evitare che l’onda della protesta arrivi sino a Sochi.