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 2013  dicembre 27 Venerdì calendario

UN ANNO DI SPUER MARIO

Nella buona e nella cattiva sorte. La formula matrimoniale racchiude alla perfezione il legame fra Balotelli e il Milan. Un rapporto intenso, mai banale, a volte complicato, comunque ricco di sorprese. Nel bene e, appunto, nel male. Mario sta concludendo il primo anno in rossonero. Dodici mesi ad altissimo tasso emozionale iniziati con un «cercherò di diventare grande assieme al Milan» (30 gennaio all’arrivo a Malpensa) e conclusi con «buon Natale e buon anno a tutti, anche all’arbitro» (22 dicembre, tweet subito dopo il derby). Due momenti emblematici. Due stati d’animo opposti. In mezzo, un anno in cui il Milan, e con lui Balotelli, ha smarrito la strada e rischiato di perdersi sul serio. E allora andiamo a ripercorrerli, questi primi dodici mesi in rossonero del Balo. Un anno di Mario.

I gol Il fil rouge di tutto, ovviamente (e per fortuna) ruota intorno ai gol. Con questa base: nel 2013 Mario è stato il giocatore più prolifico del campionato. Diciotto reti – 12 nello scorso torneo, 6 in quello attuale –, una in più di Palacio, due in più di Cavani (che però ha lasciato la Serie A in estate), Cerci e Di Natale. Significa costanza, ed è una parola che occorrerebbe ricordare quando bastano un paio di partite a secco per accusarlo di indolenza (in realtà c’è anche questa, ma è un atteggiamento mentale lungo le partite più che errori veri e propri sotto porta). L’impatto di Mario nel Milan è stato alla nitroglicerina: quattro gol nelle prime tre partite (Udinese, Cagliari, Parma), sesto rossonero di sempre a esordire con una doppietta, meglio di lui soltanto Bierhoff (in rete nelle prima quattro gare). Al termine dello scorso campionato, concluso a quota 12 in 13 partite, le statistiche raccontavano che al Milan ha fatto meglio soltanto Nordahl (16 gol in 15 partite). Dodici reti che hanno spinto il Milan, attraverso la lunga rincorsa, fino al playoff di Champions. «Senza Mario ora non starei salendo su un aereo per Barcellona», ricordava Galliani un mese e mezzo fa. Oltre a quelli in campionato, ci sono poi anche i gol in Champions: uno nel playoff e due nel girone.

Pubblico e privato Mario però non è soltanto gol. Attorno gli ruota un macrocosmo in cui può succedere di tutto. E dove qualsiasi cosa è amplificata a dismisura. E’ uno dei motivi per cui lui si ritrova spesso a chiedere, quasi a scongiurare, di non occuparsi più di lui fuori dal campo. Cose come «smettetela di parlare, vivete e lasciatemi vivere». Il problema è che lui fa poco per passare inosservato, soprattutto da quando si è iscritto a Twitter. Un boom di follower (oltre un milione e 600 mila), più di 700 tweet, un’eco virtuale che Mario usa per far arrivare il suo pensiero urbi et orbi (come quello sull’arbitraggio del derby). Un modo per dichiarare amore a Fanny (a proposito, parrebbe che siano tornati insieme), lamentarsi di un articolo o postare un autoscatto con le lenti a contatto azzurre. Un anno vissuto «alla Mario» è un anno pieno. C’è la pagina buia del razzismo, le polemiche in Nazionale, il Time che gli dedica la copertina e lo inserisce fra i cento personaggi più influenti del pianeta, la causa con Raffaella Fico, le creste variopinte e il tentativo di diventare un ragazzo normale.

Balotellate E poi ci sono le balotellate. Alcune più leggere, come il litigio con vigili urbani e carabinieri a Linate, oppure il dito indice usato per zittire i tifosi avversari (a Cagliari, nel primo derby, ad Amsterdam), o ancora il cazziatone del capotreno che lo aveva pizzicato a fumare in bagno. Altre più pesanti, come la sceneggiata a settembre al termine dell’ultimo Milan-Napoli, quando ha inseguito l’arbitro a torso nudo, minacciandolo di morte. Qualcosa per cui il Milan si era trovato in forte imbarazzo, tanto da rinunciare al possibile ricorso. Il conto da pagare era stato di tre giornate. Qualcosa di simile era successo anche durante la scorsa stagione, a Firenze, quando erano volati un paio di «cazzo guardi» verso l’arbitro di porta. Tre giornate pure quella volta, poi ridotte a due. Follie che fanno a pugni con il suo più grande desiderio, espresso poche settimane fa in un’intervista: «Voglio dimostrare di essere l’attaccante numero uno al mondo». Per riuscirsi, occorre ripartire dal 2014. Da vivere ancora «alla Mario», ma con qualche cautela in più.