Carlo Laudisa, La Gazzetta dello Sport 27/12/2013, 27 dicembre 2013
INTERVISTA A CAPELLO
Il pioniere è di nuovo in viaggio. La prossima tappa è il Brasile, ma soprattutto lo aspetta l’appuntamento del 2018, a fare gli onori di casa con la Russia. Fabio Capello aspetta che la federazione russa a metà gennaio ufficializzi il suo rinnovo per altri 5 anni. Era il ‘96, quando lasciò all’apice il Milan degli invincibili: un atto di coraggio nel momento in cui la Serie A era al top. Nel frattempo lui non ha perso l’abitudine di vincere, il made in Italy si è affermato anche all’estero, ma in casa nostra i conti non tornano più. Il miglior ambasciatore del calcio italiano non nasconde le sue preoccupazioni, ma guarda ai nostri pregi per sperare in una via d’uscita. Di questo e di tanto altro il tecnico friulano (doppio ex) ci parla alle porte del nuovo anno, con quel Juve-Roma, in programma il 5 gennaio, che gli fa tornare le emozioni di un bel po’ di sfide-scudetto. «È troppo presto per dire che questo scontro diretto dia una svolta nella lotta scudetto. È facile prevedere una gara molto equilibrata. La Juve è in ottima forma e giocherà a ritmi altissimi ma Garcia ha dimostrato che la sua Roma sa giocare a testa alta con tutti, anche in trasferta».
In Italia la Juve si consola con il campionato.
«Conte ha una rosa importante che sa gestire al meglio. Non vedo particolari problemi per i bianconeri, nonostante la Roma stia facendo un campionato eccezionale e il Napoli è meritatamente in scia. L’unica incognita per i campioni d’Italia sarà il doppio impegno in Europa League, con finale a Torino. La Juve può puntare a questo titolo e ciò potrebbe distrarla. Perciò è presto per fare pronostici, anche se i valori in campo sono chiari».
Tra i suoi ex allievi sta facendo bene Montella.
«Vincenzo è in gamba, ha personalità. Ha fatto le giuste esperienze e ora sta raccogliendo i frutti in una società importante come la Fiorentina. A questo proposito chapeau al club viola che ha puntato per tempo sul recupero di Giuseppe Rossi, un grande acquisto anche per la Nazionale».
Nel frattempo ha reclutato Panucci nel suo staff.
«Ha voglia d’imparare e io sono contento di lui. Anche perché gli ho affidato un incarico importante: prendere il posto pian piano di Italo Galbiati, il mio più fidato collaboratore di questi anni, una persona speciale».
È l’annus horribilis del Milan con Allegri sulla graticola.
«Juve e Roma sono ai vertici perché negli ultimi anni hanno investito più di tutti e il bagaglio tecnico è competitivo. Nel caso rossonero ciò non è accaduto e io credo che Allegri abbia fatto per intero il suo dovere, non merita tante critiche. Il problema vero è il depauperamento del nostro campionato».
In che senso?
«Ai miei tempi avevamo i migliori talenti che arrivavano da tutto il mondo e anche i giovani avevano opportunità di crescere al loro fianco, rubandone i segreti. Ora mancano i punti di riferimento ed è un fenomeno pericoloso».
Portò Seedorf a Madrid, lo conosce bene: lo vede pronto per il Milan?
«Clarence ha stoffa e sono rimasto in ottimi rapporti con lui. Ricordo che sono stato io a consigliargli di andare a giocare in Brasile: aveva in testa opzioni come paesi arabi o Russia un anno fa. Evidentemente quest’esperienza gli sta facendo bene, ma prendere subito la responsabilità del Milan è un’altra cosa».
Anche lei era un debuttante quando Berlusconi la scelse nel ‘91.
«È vero solo in parte. Io ho iniziato con un’esperienza di 5 anni nelle giovanili rossonere, ho svolto altri incarichi, ma soprattutto ho avuto un importante apprendistato con Liedholm prima di raccogliere l’eredità di Sacchi».
Lei ha anche cambiato il modo di intendere questo mestiere.
«Diciamo che ho fatto delle scelte importanti. Helenio Herrera ha inventato questa professione, ma dopo di lui l’importanza dell’allenatore era scemata. Io credo d’aver dimostrato come un tecnico debba essere un punto di riferimento innanzitutto per la società. E di conseguenza per i giocatori».
E gli stipendi sono cresciuti...
«L’ingaggio del tecnico deve essere in linea con quello dei suoi migliori giocatori».
Intanto i nostri allenatori spopolano all’estero.
«Non é un caso. In altri paesi vanno di moda certi moduli, invece noi sappiamo cambiarli in corsa: siamo eclettici, ci adeguiamo alle situazioni. È una sveltezza di pensiero che permette di affrontare anche le situazioni più difficili».
Come se la passa in Russia?
«Ci siamo qualificati per il Mondiale dopo 12 anni, smentendo le paure di chi vedeva il Portogallo davanti a noi. Abbiamo fatto un buon lavoro. Certo, a questo gruppo manca l’esperienza di un Mondiale, ma l’importante sarà partire bene».
Anche perché nel 2018 le responsabilità saranno maggiori.
«Ora tutti si aspettano che Scolari faccia vincere il Brasile. In Russia capiterà la stessa cosa a me, ma è tutto nel conto: onori ed oneri».
A proposito qual è la sua griglia per il Brasile?
«I padroni di casa sono solidi in tutti i reparti, anche se l’attacco non è all’altezza degli anni migliori. Comunque i favoriti sono loro, facendo attenzione all’Argentina. Non era mai capitato che Messi stesse per tanto tempo fuori, vorrà dire che arriverà riposato a giugno. E comunque occhio anche all’Uruguay: Cavani e Suarez non ce li hanno tutti».
Quindi le europee faticheranno?
«Assolutamente no. Germania e Spagna hanno un potenziale di prim’ordine. E poi non trascurerei l’Inghilterra e l’Italia. Prandelli ha fatto un lavoro eccezionale in questi anni, anche se avrà una partenza difficile».
Appunto con la sfida agli inglesi...
«Vedremo quanti altri giovani inserirà Hodgson: sotto la mia gestione ne sono stati valorizzati tanti. Invece l’Italia è a metà di un ciclo e ha l’esperienza giusta. Attenzione, però, all’umidità di Manaus».
In genere li battiamo.
«Ripeto, l’importante è partire bene. Certo, in attacco Balotelli e Rossi sono competitivi. Ma attenzione a non gravare il milanista di eccessive responsabilità, l’Italia ha i valori e la tradizione per fare strada in queste competizioni».
E le sorprese?
«M’incuriosiscono molto la Colombia e il Belgio. I sudamericani hanno tanti talenti ed esprimono un gioco spettacolare mentre Wilmots ha una squadra di grande prospettiva. Non trascurerei però l’Olanda: ho parlato di recente con Van Gaal, è convinto di far bene».
I suoi prossimi progetti russi?
«Sono curioso di vedere come la Lega riformerà i campionati. Attualmente la Serie A è a sole 16 squadre, pare vogliano portarla a 18. Ma soprattutto con 7 stranieri in rosa solo 64 giocatori russi possono essere selezionati per la nazionale. Va fatto un importante lavoro di scouting ed è incredibile per una nazione tanto grande».
Ci tolga una curiosità: a Mosca sta volentieri?
«Ho preso casa e mi godo le bellezze di una metropoli effervescente, piena di luci in continuo cambiamento. La vita culturale è interessante e mi piace andare al Bolshoi. C’è un solo neo: un traffico impossibile».